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Gerald Maurice Edelman (parte 1)

Gerald Maurice Edelman (parte 1)
Settembre 01
02:00 2008

Medico e biologo, d’origine americana (01/07/1929), il suo nome è indissolubilmente legato alla “TSGN”, “Theory of Neuronal Group Selection” o “Teoria della Selezione dei Gruppi Neuronali”, più comunemente nota come “Darwinismo Neurale” o “Neural Edelmanism”. Arrivò a formulare la suddetta solo nella seconda parte della sua carriera scientifica quando pensò di trasportare i risultati ottenuti nelle sue ricerche sul sistema immunitario allo studio del cervello: sua ambizione, infatti, era quella di costruire un modello delle strutture e dei processi che si hanno nel cervello umano e che sono la base delle nostre capacità cognitive. L’essenziale domanda di partenza è, perciò, una: come lavora la mente? Per dovere di cronaca va ricordato che gli scienziati si stanno interrogando su ciò solo da “poco” tempo: la divisione che Cartesio aveva elaborato tra “res extensa” e “res cogitans” ha condizionato fortemente ciò che si riteneva studiabile tramite la scienza e ciò che, in teoria, doveva rimanere “feudo” della filosofia o al massimo della psicologia; egli, come dice lo stesso Edelman, “aveva eliminato la mente dalla natura”. Come tiene a precisare Edelman stesso, prima di affrontare qualsivoglia tipo di analisi teorica, è opportuno sottolineare due dati di fatto che non devono mai venir persi di vista:
1. il cervello è incarnato e il corpo è inserito nell’ambiente (perciò avremo segnali dal corpo al cervello e dal cervello al corpo: il cervello regola le funzioni biologiche fondamentali degli organi del nostro corpo, oltre a controllare i movimenti e le azioni che guidano i nostri sensi);
2. il nostro corpo è immerso e situato in un ambiente particolare, che lo influenza e da cui è influenzato. Questo insieme di interazioni definisce la nostra econicchia. La nostra specie si è evoluta, insieme al cervello, in una sequenza di tali econicchie.
Da questo emerge, pertanto, che la triade da ricordare sempre è: cervello + corpo + econicchia.
Edelman non fa mistero dell’avversario contro il quale intende duellare: egli dice chiaramente che la computazione è un gravissimo errore, una illusione oltremodo inutile che si è perpetrata anche troppo a lungo. La riduzione della mente ad un computer è insostenibile in quanto questo funziona utilizzando la logica e l’aritmetica e seguendo cicli rapidissimi scanditi, come da un orologio, mentre il cervello non agisce secondo queste regole; per funzionare, inoltre, il computer deve ricevere segnali (imput) non ambigui, ma i segnali che giungono al cervello dagli organi di senso non sono organizzati in questo modo, il mondo non è “uno spezzone di nastro codificato”; i dettagli, poi, dell’organizzazione cerebrale sono estremamente variabili, anche grazie e in conseguenza delle impronte lasciate dalle diverse esperienze individuali; in conseguenza di tutto ciò, perciò, non avremo mai due cervelli identici, neanche nel caso di due gemelli monozigotici.
Eliminata l’ingombrante computazione dal campo d’indagine Edelman rivolge il suo sguardo alla “Teoria dell’Evoluzione” di Charles Darwin: “se la selezione naturale vale per tutti i viventi sempre e comunque allora sotto il suo controllo deve essere, per forza, anche lo sviluppo del nostro cervello, quindi, della nostra mente e, pertanto, anche della nostra coscienza”: questo è quanto egli intende dimostrare.
L’idea base di Darwin è che la selezione naturale agisce sulla variazione: essa non è solo rumore “noise”, ma, di fatto, fornisce il substrato per la selezione e la possibile sopravvivenza. È importante notare che mutazione e selezione, prese singolarmente, non possono produrre un’evoluzione significativa; l’evoluzione è, quindi, il risultato dell’azione della selezione naturale sulla variabilità genetica creata dalle mutazioni casuali, ovvero indipendenti dalle caratteristiche ambientali. Secondo la proposta di Darwin, pertanto, le categorie di caratteri o di specie possono emergere per selezione da una popolazione di varianti, ossia individui con differenti tratti distintivi. In base alla sua idea di selezione naturale, le conseguenze della competizione nell’ambito di una specie e tra specie diverse sono la sopravvivenza e la riproduzione degli individui mediamente più adatti degli altri e, quindi, la sopravvivenza dei loro discendenti e, come sappiamo oggi, dei loro geni. La selezione naturale è, perciò, riproduzione differenziale.
L’evoluzione di cui teorizza Darwin, però, si realizza in milioni di anni ed è evoluzione di tipo filogenetico; Edelman, dal canto suo, ha dimostrato che esiste un sistema selettivo che agisce nell’arco della vita di un singolo individuo e questo è il sistema immunitario.
Nel singolo individuo il sistema immunologico evolve casualmente durante l’embriogenesi in modo da produrre uno spettro di risposta estremamente ampio.
Questo complesso sistema somatico è in grado di distinguere il cosiddetto “sé immunologico” dagli invasori virali e/o batterici che potrebbero andare a ledere il funzionamento dell’organismo stesso: quando, perciò, un elemento estraneo riesce a introdursi entra in contatto con i linfociti (una particolare popolazione di cellule) ognuno caratterizzato da uno specifico anticorpo sulla sua superficie; accade, quindi, che possa esserci corrispondenza tra l’antigene e l’anticorpo, anche se questa conformità potrebbe non essere perfetta, ma solo parziale, il linfocita portatore di quello anticorpo sarà portato a dividersi con una maggiore frequenza rispetto agli altri, ne deriva che il loro numero sarà superiore e tenderà ad aumentare fino alla totale “sconfitta del nemico”.
Quale lezione possiamo trarre dagli esempi relativi all’evoluzione e all’immunologia? In primo luogo, è chiaro che deve esistere un “GOD” o “Generator of Diversity”; inoltre, l’ambiente deve presentare delle difficoltà mettendo una specie di fronte alla competizione (evoluzione) ed un corpo di fronte a molecole estranee (immunità); in terzo luogo, ci deve essere un’amplificazione o riproduzione differenziale delle varianti che sono più adatte (nell’evoluzione) o che hanno forma adatta (come quando l’anticorpo si lega all’antigene). Nel “Darwinismo Neurale”, quindi, Edelman teorizza che anche il nostro cervello, come il sistema immunitario, sia un sistema non solo adattativo, ma anche selettivo. La TSGN si fonda su tre affermazioni principali:
1. L’esistenza di una selezione nello sviluppo;
2. L’esistenza di una selezione esperienziale;
3. L’esistenza di un “mapping rientrante” o più semplicemente “rientro”.
Lo sviluppo del cervello non avviene in termini di istruzioni preesistenti e l’unità fondamentale del sistema non è il singolo neurone, ma i gruppi di neuroni; questi possono esser costituiti da un numero variabile di cellule che va da alcune centinaia a molti milioni: una delle forze principali che guidano la selezione nello sviluppo è data dal fatto che “neuroni che scaricano insieme si cablano insieme”. Questo processo non ha luogo solo nella fase embrionale, ma anche in quella post-natale, portando alla formazione delle caratteristiche neuroanatomiche di una certa specie. La competizione dei gruppi di neuroni è di tipo topobiologico (Topobiology), cioè l’estinzione o il rafforzamento dei gruppi stessi dipende dal luogo in cui vengono a trovarsi. Già alla nascita, quindi, i nostri cervelli sono tutti diversi, a livello di sinapsi, di connessioni e di circuiti neuronali; questo repertorio di circuiti anatomici riceve, poi, segnali provocati dal comportamento, dall’esperienza, dal contesto e, perciò, subentra la selezione esperienziale che si realizza mediante cambiamenti della forza delle sinapsi già esistenti nell’anatomia cerebrale: alcune si rafforzano e altre s’indeboliscono, a seconda del grado effettivo d’utilizzo, alcuni gruppi di neuroni, perciò, muoiono altri sopravvivono e diventano sempre più forti. Tutto ciò, però, ancora non basta: “il cervello dell’individuo adulto parla, soprattutto, a se stesso” e ciò non sarebbe possibile senza il rientro, cioè la segnalazione incessante da una certa regione cerebrale o mappa ad un’altra e, poi, di nuovo alla prima lungo fibre massicciamente parallele, gli assoni, che sono onnipresenti nei cervelli superiori. Le vie di segnalazione rientranti cambiano costantemente di pari passo con il pensiero. L’effetto finale di questo “traffico rientrante” è la scarica sincronizzata di gruppi neuronali in particolari circuiti. E’ così che si ottiene la coordinazione nel tempo e nello spazio.
Affinché l’adattamento possa avere successo, deve esistere una qualche “propensione” che regola il risultato della selezione nello sviluppo e della selezione esperienziale coordinate dal rientro ed, in effetti, c’è: essa viene ereditata in forma di “sistemi di valore” specie-specifici, presenti nel cervello, per effetto della selezione naturale. Ciascuno di questi sistemi di valore, in certe particolari circostanze, rilascia un tipo particolare di neurotrasmettitore o di neuromodulatore; alcuni esempi possono essere: la noradrenalina, la dopamina, la serotonina e l’acetilcolina. La combinazione delle attività dei sistemi di valore, insieme ai cambiamenti sinaptici selettivi in reti specifiche di gruppi neuronali, governa il comportamento. La selezione nell’ambito di queste reti determina le categorie del comportamento di un singolo animale; i sistemi di valore forniscono le propensioni e le ricompense.

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