“Gentilissimo”, di Maurizio Benvenuti
Ironico, brillante, a tratti pungente, ma efficace e garbato. Un’amicizia da coltivare in ogni caso, visto che, oltretutto, “le amiche di” sua “moglie sono tutte libere e belle”. Talvolta, a dire il vero, anche un po’ puntiglioso, sino ad assumere i panni del rompiscatole di turno, ma Benvenuti sa ben destreggiarsi e distinguersi, sia per livello intellettuale che per capacità di scrittura, dimostrando di essere in grado di non lasciare ombre velleitarie di un essenziale letterario. Libro composto di una sessantina di rapporti epistolari con autorità scanditi per paragrafi, con un voluto intervento surreale nel testo che innesca spirali narrative per assurgere al comico e, come specifica lo stesso autore nel finale, questo incedere sembrerebbe oltremodo sortire effetti più consistenti rispetto ad un paludoso stile burocrate senza via di scampo. Una sezione a sé va a costituirsi nell’integrazione di un dettagliato lavoro cronologico sulla Terra del Fuoco, che pone particolare attenzione alla navigazione e le circostanze storiche, incluso in una missiva. Un’altra, la più specialistica, è quella che tratta della cartografia di Peters attraverso una dura e puntuale critica. Nell’insieme, più che un “libro comico”, così come viene definito nella postfazione, si percepisce un filo conduttore che spesso si regge sulla paronomasia tra toponimi e innesti del tessuto narrativo in un’ironia con amari risvolti, soprattutto in chiusura. Qui, attraverso licheni, si lascia addirittura intravedere un paesaggio post-apocalittico nella rinascita di forme primigenie dall’odierno inferno sedimentato ovunque, dal momento che, a detta dell’autore, non si ha neppure il coraggio di chiamarlo per nome (emblematico il caso del suo stravolgimento in Onferno). Quella che Benvenuti evidenzia è un’ineluttabile decadenza strutturata, una tangibile “impressione di assedio con la quale si vive” osservata con acutezza e persino competenza sociologica. Armato di carta e calamaio in quanto ad intenzioni, parrebbe uomo d’altri tempi, arguto e competente nello svelare tutte le incongruenze della toponomastica locale e da lì prender spunto per parlare d’altro, talvolta lontano, ma comunque reso pertinente; innumerevoli i casi elencati, singolare, nel suo dualismo, quello di una via “Unità d’Italia” e dell’ “Indipendenza Siciliana” nello stesso comune. Uno zibaldone ricco di aneddoti, citazioni e sintetici ma efficaci promemoria con tanto di resoconti in continui excursus a tutto campo. Tra i tanti si apprende che la conquista della Libia viene finanziata dal Banco di Roma, che la Coca-Cola è figlia del proibizionismo in quanto versione analcolica del Vin Mariani e perbacco, direbbe ancora Totò, “anche Bacco è morto in croce e poi è risorto”. Ricorrono evidenze malcelate (“di questi tempi la gente vive normalmente sotto l’effetto di psicofarmaci”) ed altre sulla confezione (“lo stato italiano vende morte: ‘il fumo uccide’ “). Hemingway compare in un aneddoto che lo vede inferire contro le iene attraverso pallottole dum dum che ne fanno fuoriuscire le budella. Altrove ravvisa quei perbenismi progressisti che, intervenendo sulla parola “negro”, hanno sì additato il colore della pelle nella variante “nero”. Un breve omaggio alla grande My funny Valentine di Chet Baker intervalla una sferzata ai ciclisti della domenica tutto punto attrezzati. Benvenuti è uno zelante che nulla trascura su questa terra contraddistinta dalla fertilità, madre e protagonista delle umane vicende che, attraverso più remoti culti, come quello di Ishtar o Iside, ha visto poi evolversi il culto mariano nel cristianesimo. Finisce per lambire persino la cabala con la matriarca Lilith, prima donna di Adamo. Ama, soprattutto, quanto fa e lo conduce con passione, fintanto da puntualizzare che “per l’uomo la carta geografica è come il corpo di una donna da penetrare con lo sguardo”.
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