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Novembre 17
15:56 2014

18-Tagli-alle-speseNella politica italiana c’è grande fermento. Destra, sinistra, opposizione, minoranze, maggioranze, interne ai partiti e nei movimenti: tutti discutono, hanno la ricetta per risolvere la crisi e i problemi degli italiani, rilanciare occupazione e consumi. Una domanda sorge spontanea: ma i Governi succedutisi negli ultimi dieci anni da chi erano guidati?

Una crisi dalle radici profonde, negata, sottovalutata, la cui espressione dominante era: ci vuole ottimismo. L’ottimismo ritempra lo spirito; le tasche restano vuote; la negazione trova consensi; il non lavoro trova la realtà. Un comune denominatore attraversa i vari Governi e i sistemi sociali: l’analisi dei motivi della fuga delle industrie. Il coraggio di metter fine ai privilegi e l’inopportuno peso della politica nella produttività sociale (nomine e posti politici).
Nel rispetto della Costituzione, e salvo cambiare le regole, la politica ha il ruolo fondamentale di legiferare e porre gli indirizzi sociali. All’esterno del Palazzo i politici devono essere semplici cittadini, i partiti semplici associazioni politiche, e non controllori del sistema sociale. Le nomine professionali devono essere in grado, a bilancio finale, di portare 1+1 = 2 (Ok), non 1+1 = 1 (Ko).
Altro nodo, la retribuzione dei politici, tanto nazionali che regionali, eletti a qualche rappresentanza. Il calcolo dei loro stipendi è molto complesso, composto di varie voci, mentre le detrazioni appartengono meglio al campo dei privilegi. Un operaio che si reca al lavoro lo fa con i mezzi propri o con mezzi pubblici a sue spese; il politico no. La presenza di un operaio è continuativa, salvo malattie o infortuni; per un parlamentare è sufficiente la presenza al 30% delle sedute in cui si vota per non subire decurtazioni economiche, mentre per il resto può procedere al suo lavoro professionale ordinario (con un’altra retribuzione). L’eventuale trasferta di un operaio non ha nulla a che vedere con le ‘missioni’ politiche, sia nel trattamento che nella retribuzione. Risultato: un operaio è retribuito per il lavoro che svolge; il politico eletto utilizza i privilegi (da lui stesso definiti) per ottenere vantaggi economici. Forse qui si potrebbero effettuare dei tagli: ma chiaramente non con un voto parlamentare.
A fine ottobre, al momento della rinuncia di Violante alla candidatura a Giudice della Consulta erano arrivate a 20 le sedute inutili e inconcludenti. Una condizione in cui i partiti sono intenti a difendere uno stato di parte, disinteressandosi completamente degli interessi dei cittadini. Una vergogna nazionale e internazionale.

Le strane spese delle Regioni
Si fa un gran parlare di tagli nazionali, regionali, comunali. Dalle auto blu alle missioni (spesso di sola rappresentanza), alle scorte di ex-Premier, Presidenti e Ministri, o attuali Ministri e dirigenti: costi sociali che impegnano mezzi e personale sottratto ad altri incarichi.
Per Regioni e Comuni molte sono le strade del risparmio. Le partecipate delle Amministrazioni sono una giungla che alle casse pubbliche costa carissima: nel 2012 il Ministero dell’Economia ha censito una perdita di 1,2 miliardi. Dalle attuali 8000, le partecipate si possono ridurre a circa 1000 (dati del Commissario alla spending review), con un risparmio di 2-3 miliardi.
Le Regioni ci costano ogni anno più di 82 miliardi. Prime della classe: la Sicilia, con 14 miliardi, seguita a ruota dal Lazio con 11 e la Campania con 10. In Lombardia 75 mila euro sono stati spesi per «l’osservazione degli scoiattoli». Il Veneto ha impiegato un altro bel po’ di soldi per un gemellaggio con le isole Fiji, cioè una bella trasferta per i consiglieri.
E ci sono poi vecchie situazioni, come le 21 sedi regionali a Bruxelles e oltre 178 rappresentanze per il mondo, quali il Piemonte in Nicaragua, il Veneto in India e in Vietnam. Strano che da tutti questi bilanci non si trovino 4 miliardi per evitare di alleggerire le tasche dei cittadini. Molto più facile minacciare l’aumento della tassazione per le scuole o per la sanità. E non parliamo dei soldi dilapidati dai Consiglieri per rappresentanza o per lo sviluppo del territorio ove si viene eletti. C’è un punto non definitivamente risolto, bensì solo limato: la rappresentanza dei Consiglieri (così come dei parlamentari). Nel Lazio si è passati da 70 a 50; ma anche 40 potrebbero risultare troppi. Come avviene in tutte le regioni. I politici hanno preso possesso dello Stato, delegandosi privilegi e diritti, e ponendosi un gradino sopra i cittadini. Ma l’Italia può ripartire: è sufficiente scendere dal gradino.

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