Fuori casa – (liberamente ispirato ad un racconto di T. Francis)
Come ogni mattina la sveglia di Gianni suonò alle sette e quindici. Come ogni mattina Gianni si alzò lentamente. O meglio, come sempre, attese qualche secondo e si rianimò secondo il rituale consueto. Possedeva una di quelle sveglie digitali che dopo il primo avviso, se non si interviene sull’interruttore, ricordano ad intervalli di cinque minuti che forse sarebbe meglio salutare il sole ormai alto.
Gianni attendeva sempre il secondo suono della sveglia, raramente il terzo, ma non si alzava mai al primo ringhio della giornata. Dopo essersi alzato cominciava a sgranchirsi prima una gamba per volta, poi la schiena ed il bacino, infine, all’unisono, tutte e due le articolazioni superiori. Concluso il rituale, come ogni mattina, quella mattina accese l’interruttore della sua macchina da caffè espresso in comodato d’uso, bevve un bicchiere d’acqua, andò a fare pipì, accese la radio nel momento esatto in cui iniziava il giornale radio (del quale perdeva per disattenzione la gran parte delle notizie), introdusse la cialda nella macchina del caffè, lasciò scorrere il liquido nero fino a che le tazzine non fossero piene a metà, zuccherò con un cucchiaino scarso la sua e con uno pieno quella di Luigina, bevve il suo caffè caldo ed attese che si freddasse quello di Luigina. In estate accelerava la pratica allungando il caffè con un goccio di latte freddo, in inverno Luigina preferiva un caffè assoluto a “temperatura ambiente”. Quel giorno avvertì una certa acidità di stomaco ed una istintiva repulsione fisica per la tazzina colma di caffè. Tuttavia l’abitudine fu più forte e decise di consumare ugualmente la sua abituale colazione. Portò il caffè alla moglie ancora addormentata, rimase passivo tre minuti sotto il getto della doccia, si lavò con metodica lentezza e si vestì. Come ogni mattina Gianni aprì la persiana della stanza da letto, dopo essersi annodato scrupolosamente la cravatta. Come ogni mattina cercò il giornale sui gradini dell’androne. Quella mattina non lo trovò.
Al posto del quotidiano c’erano, seduti, spalle al portone, del tutto immobili, un uomo, una donna e tre bambini. Il quotidiano giaceva in parte sotto i loro deretani, in parte era spiegazzato, uso coperta, sopra le loro ginocchia. Dalla scena Gianni focalizzò solo la diaspora delle pagine del suo quotidiano, uscì, cercò la pagina sportiva tra il mucchio di carte e la portò via. Gianni era un uomo che badava al sodo e sapeva quello che voleva. Come ogni giorno Gianni lavorò duro agli ordini dei suoi troppi capi. Poi,come ogni lunedì si fermò al bar dello sport per commentare le partite della domenica, per questo motivo aveva voluto la pagina sportiva.
Al suo ritorno l’uomo e la donna erano seduti ancora sui gradini di casa. I bambini dormivano immobili, ciascuno su un gradino. I gradini erano cinque in tutto, la famiglia ne occupava quattro. Gianni e Luigina cenarono e non si dissero una parola. Quel silenzio di Luigina era un imperativo misto al rimprovero per non aver ancora provveduto. Gianni sapeva che lo attendeva un lavoro da uomo e uscì per a cacciare gli intrusi. I due non risposero alle sue rimostranze ed allora Luigina disse: ” Forse sentono freddo”. Quella frase, forse, era un rimprovero perché Gianni non aveva avuto compassione. Gianni prese un vecchio plaid e lo porse all’uomo. Si sentì molto buono. Come ogni sera andarono a dormire e come ogni lunedì fecero l’amore per circa venticinque minuti, quel lunedì forse non superarono i venti.
Passò, come sempre, tutta la settimana, ma l’uomo e la donna rimasero sulle scale. Erano immobili, i bambini a volte piagnucolavano, ma il loro piagnisteo somigliava ad una strana litania, non aveva pretese, era, piuttosto, un sussurrare il disagio della loro condizione. Il resto del tempo restavano come statue vicino all’uomo e la donna o così sembrava a Gianni e Luigina, in realtà, magari in loro assenza, la strana famiglia dovrà pur muoversi! La domenica la squadra di Gianni perse la partita ed il lunedì la pagina sportiva era tutta bagnata dalla pioggia. Gianni perse la pazienza e chiamò la polizia. La polizia disse: “Non possiamo farci nulla, se non danno fastidio e se non sono entrati con la forza”. Li portarono, però, in questura e li identificarono. Alla polizia non piacciono quelli che provocano problemi e la famiglia seduta sopra i gradini cominciava ad esser fastidiosa per l’ordine pubblico del quartiere. La gente si avvicinava e passava ore a contemplare la scena immobile. Qualche donna pietosa si avvicinava con delle vettovaglie che i quattro accettavano senza battere ciglio. Qualche giovanotto indirizzava loro urla di scherno e di insulto, ma neanche questo scuoteva il gruppo familiare. Qualche assistente sociale e due preti provarono ad interessarsi alla sorte dei due bambini, ma le pratiche burocratiche e le carte bollate finirono con fiaccarne l’iniziativa.
Quel lunedì, comunque, i quattro sparirono e rimasero tutta la giornata presso la polizia. Quel lunedì, per Gianni, niente bar dello sport, non aveva letto il giornale. Quel lunedì Gianni si sentì molto cattivo. Quel lunedì Gianni e Luigina non riuscirono a fare l’amore. La mattina dopo Gianni si affacciò e vide che gli intrusi erano tornati. Provò un leggero sollievo ed uscendo di casa portò loro un thermos con latte e caffè. Aggiunse anche un pacchetto di merendine per bambini, che si era sorpreso a comprare il sabato. Tutti i sabati Gianni accompagnava Luigina per la spesa al supermercato e le aveva detto: “Compriamo le merendine per i bambini delle scale”. Lei aveva annuito ed aveva risposto: “Nel pacchetto c’è anche una bella sorpresa”.
Passarono tanti lunedì, la squadra di Gianni ancora una volta non vinse il campionato e l’uomo e la donna rimasero con la loro famiglia sui gradini di casa. Un giorno, in estate, Luigina disse: “Forse sentiranno caldo e andranno via”. Disse “andranno via” perché Gianni non portasse loro dell’acqua, come quando disse “sentiranno freddo” e lui portò loro un plaid. Lei non desiderò allora che Gianni portasse loro un plaid, aveva solamente constatato che forse avevano freddo. Comunque rimasero ancora. Un giorno in inverno Luigina disse: “Forse con questo freddo andranno via”. Gianni non portò loro un nuovo plaid ma la famiglia delle scale si era fatta una coperta di giornali e nessuno si mosse a causa del freddo. Gianni, all’insaputa di Luigina, offriva loro cibo e coperte. Luigina, all’insaputa di Gianni, dava loro dei soldi perché, in loro assenza, provvedessero alle immediate necessità dei ragazzi. Luigina, senza farne parola, prese l’abitudine di non chiudere la porta di casa quando usciva. “Tanto”, si disse, “se ci sono loro fuori non entra nessuno, magari se vogliono entrare in nostra assenza…”. Ma la famiglia non entrò mai dentro casa. Almeno così parve a Luigina. La notte Gianni lasciava aperta la porta di casa, senza dir niente a Luigina: “tanto”, si disse, “se entrano per ripararsi dal freddo, noi, dal piano di sopra, non li sentiremo”. Ma la famiglia passò tutte le notti all’aperto. Almeno così parve a Gianni.
Un lunedì Gianni era stato umiliato al bar dello sport perché non aveva letto la cronaca della partita ed aveva tirato ad indovinare. Disse che il migliore in campo era stato Rossetti e Rossetti non aveva giocato. La sera non fece l’amore e la mattina disse: “Aspettiamo che muoiano”. Si sentì molto cinico.
Uscì da casa soprapensiero, non diede nulla alla famiglia seduta sui gradini di casa ed imprecando attraversò la strada. Fu travolto da un autobus, il numero 85. Luigina assistette alla scena e morì di crepacuore. Non avevano parenti ed amici. Quando uscirono i feretri dalla casa, gli intrusi si alzarono e fecero il segno della croce. Poi si rimisero seduti. Il Sindaco requisì la casa e la mise all’asta. I cittadini protestarono, venne la televisione ed anche fuori dalla città tutti conobbero la storia della famiglia seduta sui gradini. Il Sindaco fu costretto ad assegnare l’alloggio alla famiglia degli scalini. Il sabato portò a termine la pratica e consegnò le chiavi all’uomo. La donna sorrise ed i bambini si esibirono in una specie d’inchino. La domenica si sentì buono ed andò anche in Chiesa.
Il lunedì, come tutti i lunedì, si affacciò dalla finestra della sua villetta e vide che il mondo era più bello. Pensò all’egoismo di Gianni e Luigina. Si compiacque del suo gesto. Poi, come ogni mattina, si voltò verso l’ingresso del suo giardino ordinato. Sperava che fosse fiorita la pianta di camelie. Quella mattina vide un uomo ed una donna seduti sui gradini dell’androne. Sui gradini più in basso tre bambini dormivano.
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