Frazione Colle di Fuori
Colle di Fuori è importante, almeno per chi si occupa di storia, per i nomi di Duilio Cambellotti, Giovanni Cena, Alessandro Marcucci, Pietro Pericoli e Sibilla Aleramo, intellettuali del primo Novecento che, coscienti della miseria e della povertà dei contadini dell’Agro romano e delle Paludi Pontine, unirono le loro competenze e le loro passioni per aiutare gli ultimi nella scala sociale, costruendo scuole, asili d’infanzia, abitazioni. Insomma in quel periodo cento anni fa, anni sicuramente non facili da vivere, c’era un senso di solidarietà, di comunanza anche da parte degli intellettuali. Cena, letterato, diceva che la letteratura “umanitaria” doveva diventare azione; anzi letteratura e azione dovevano fondersi in quella che definiva «vita integrata».
Tra le varie scuole che quegli intellettuali costruirono ci fu anche quella a Colle di Fuori; anzi fu la prima scuola in muratura a essere qui edificata. L’edificio, oggi biblioteca comunale, fu progettato da Marcucci e Cambellotti dipinse sei splendide tavole oggi conservate nel Museo della Didattica della Terza Università di Roma (nella biblioteca sono esposte le riproduzioni fotografiche). Gli scrittori Giovanni Cena e Sibilla Aleramo crearono un sistema didattico adatto per i contadini, il Sillabario per le scuole dell’Opera contro l’analfabetismo. Anche le famiglie del territorio contribuirono alla realizzazione della scuola con lavoro e donazioni, secondo le possibilità.
La “scuoletta”, come viene affettuosamente chiamata, negli anni Settanta diventa una scuola privata per l’infanzia e nei primi anni del nuovo millennio viene restaurata, rispettando le caratteristiche architettoniche originarie, e destinata a biblioteca comunale. È circondata da un giardinetto, recentemente ripulito dagli studenti della scuola media. I ragazzi, guidati da un agronomo, hanno seguito un percorso di “scienze applicate”: hanno trascorso diverse ore nei boschi a scoprire la vegetazione autoctona e fare una ricerca storica sulle piante e le caratteristiche del terreno. Gli stessi ragazzi, che con l’Associazione Lares et Urbs avevano seguito un percorso più teorico su “diritti e partecipazione”, hanno trovato ovvio unire i due percorsi formativi, piantando l’Albero della Costituzione, un ciliegio locale, nel giardino della “scuoletta”.
Alla festa, perché tale è stata, hanno partecipato le classi delle elementari e delle medie coinvolte nei progetti. La storia si ripete un secolo dopo, seppur con diverse motivazioni. Oggi c’è necessità di far comprendere cosa sia il “bene comune”, dalla Terra alla Costituzione, come curarlo e mantenerlo. Ma, come un secolo fa, bisogna comprendere che le parole solidarietà, amicizia, volontariato, vita integrata, non sono concetti inutili, obsoleti, come qualcuno vorrebbe che fossero.
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