FRASCATI. Una prima analisi del voto
Che in tutta Italia abbia vinto l’astensionismo alle amministrative è fuori di dubbio. Nello stesso tempo occorre considerare che non regge più quel legame (più clientelare che ideologico) che poteva allineare i candidati locali agli ordini di questo o quel politico di ‘riferimento’ nazionale. Gli ‘ordini’ dall’alto insomma sembra che convincano sempre meno.
Ora quel che appare del tutto evidente è che l’astensionismo si è esteso dal piano politico nazionale a quello locale. Il che comporta un monito per tutti quelli che ancora vogliono far politica seriamente. Infatti questo astensionismo è più grave perché stavolta riguarda la ‘base’. Infatti, pur sottraendo quella solita frangia di persone che normalmente non si reca alle urne perché indifferente a tutto (eccetto che ai propri interessi), il forte astensionismo anche di quanti normalmente vi si recavano indica, più che una disaffezione alla politica, l’evidente difficoltà e contrarietà a votare candidati-sindaco e loro supporter perché non considerati portatori di vere e disinteressate competenze amministrative, tanto più considerando che oggi i problemi sono complessi e non li risolve certo il sorriso più o meno straripante dai manifesti elettorali o gli spot da Mulino Bianco come, “… e ora una città felice”!
Evidentemente, e a Frascati in modo particolare, la gente che non ha votato (senza considerare le schede bianche e nulle) per lo più non si è fidata dei candidati. Dal 73% dei votanti di soli due anni fa (2014) si è passati a meno del 60% del 2017).
Personalmente ho espresso più volte anche il parere che moltiplicare le ‘liste di appoggio’ al candidato sindaco sta a significare più che una condivisione di programmi, un ‘distinguo’ che presuppone da una parte che non ci sia proprio tutta questa sintonia col candidato e soprattutto che ciascuna lista aspira ad avere un proprio (o più) consiglieri in Comune; e quindi si ricade nuovamente nelle diatribe sulla divisione di potere che non a favore di una condivisione di responsabilità! Ma su questi aspetti mi permetto di rinviare a quanto pubblicato proprio su Il Mamilio del 5 settembre 2016.
Molti – i più al di fuori delle candidature nelle competizioni elettorali – da tempo vanno ‘predicando’ (inascoltati) che la politica può essere rigenerata dal basso, con i cittadini che ridiscutono sui problemi concreti della propria Città o Paese ma legando questa riflessione ad una costante informazione e formazione socio-politica e – io aggiungo – anche etica, quindi scegliendo canditati-amministratori competenti e disinteressati.
Certo questo è un cammino tutto in salita, che ha bisogno di tempi medi e lunghi, senza farsi prendere dall’ansia dei risultati immediati. D’altronde i ‘partiti’ praticamente non esistono più perché trasformati in comitati elettorali coi pochi ‘addetti’ al seguito o all’appoggio del personaggio da votare e scarsamente (ma è meglio dire: quasi mai) dediti a fare analisi, dibattere problemi, e suggerire soluzioni, quando non siano diventati cassa di risonanza del sindaco di turno. E siccome i partiti sono giustamente nella nostra carta costituzionale, questi vanno riportati alla loro originaria funzione (anche se sono ‘nuovi’).
D’altronde anche l’associazionismo locale (di qualsiasi tipo) sembra dissolto o perlomeno scarsamente visibile e comunque non in grado di fare formazione integrale (non integralistica!), e anch’esso – dove c’è – va rivitalizzato, sostenuto e reso capace di costruire e assimilare una cultura della partecipazione, del rispetto, della corresponsabilità. Nella stessa chiesa locale, che speriamo capisca che da un lato si vive in un tempo di secolarizzazione che tuttavia non va demonizzata e dall’altro che i vari sia pur piccoli ma nuovi segni della stessa ‘religiosità’ vanno sostenuti oltre il devozionismo e il ritualismo giuridicistico. Gli stessi (scarsi) luoghi di formazione e incontro (più che di confronto) messi in atto in questi anni, non suscitano interesse perché asettici e dottrinali e limitanti il pluralismo delle esperienze e lo sviluppo di una responsabilità condivisa.
In quanto ad altre esperienze locali associative pseudo-culturali di pochi anni addietro, sono nate e scomparse in un batter d’occhio (forse perché non più strumentalmente finanziate!?).
Tornando alle amministrative frascatane, dalla comparazione dei dati col 2014, nonostante il suo mancato exploit i Cinquestelle, sono l’unica aggregazione che abbia guadagnato (per voto di protesta o meno) altri 500 voti rispetto alla precedente tornata. In quanto alle altre coalizioni, pur non essendo possibile fare paragoni precisi con le precedenti amministrative perché le aggregazioni non coincidono, si possono però fare alcuni rilievi: ad esempio, la coalizione pagnozziana che pure ha assemblato componenti di tutto l’arco…costituzionale rispetto a quell’area che si presentò nel 2014, guadagna meno di 300 voti! Mentre il PD (che in precedenza aveva appoggiato Spalletta e ora Pagnozzi) perde veramente molto. L’area di Mastrosanti retrocede di un centinaio di voti rispetto alle precedenti elezioni. Chi vincerà al ballottaggio? Come si dice per i conclavi, ‘chi entra papa ne esce cardinale’. Cioè chi è dato per favorito in genere finisce per non emergere. Il risultato sarà probabilmente condizionato dall’indirizzo che prenderanno i voti cinquestellati, più che quelli di Fiasco. E non è nemmeno escluso che al ballottaggio possano partecipare meno elettori come in genere si prevede… Forse potrebbe avere ragione anche Mastrosanti quando afferma che il divario non è incolmabile. E’ già avvenuto nel 1994 quando Molinari (centrosinistra) sotto di 500 voti rispetto alla Ricottini (centrodestra) vinse al ballottaggio con un buon margine. Fu la giunta che ancora oggi si ricorda per aver pareggiato (anzi con qualche margine in positivo) il bilancio comunale. Da allora…
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