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FRASCATI. Tra storia e politica: la pesante eredità degli anni ‘90

Febbraio 26
14:46 2021

    Non fu facile ricostruire – sia pur a grandi linee – la storia socio-politica di Frascati che condussi a termine con il mio Guarda Frascati. Una storia (ed. ‘Controluce’, Monte Compatri 2000), ma oggi sarebbe quasi impossibile proseguire e ricostruire tutti quei passaggi, quei meccanismi, quelle vicende oltremodo ingarbugliate ma anche costruite ad arte per fini non certo o, per essere benevoli, non sempre orientati al bene comune. In questi venti anni circa che ci separano da quella pubblicazione, si cercherà almeno sinteticamente di soffermarci su alcuni aspetti che hanno influito nel bene o nel male – lascio ai lettori il giudizio – la vita socio-politica frascatana e non solo questa. In questo periodo ventennale, tra le varie comparsate e figure di basso profilo, si può dire che abbiano imperato solo due o tre personaggi in particolare.

   Fu con Lavagnini infatti – in seguito eletto senatore ma ‘partito col trampolino’ della presidenza della USL di Frascati – ad iniziare quella sorta di controllo e dominio sulla politica tuscolana, proseguita in seguito col suo pupillo-erede Astorre. L’elettorato frascatano – è noto per chi ha un po’ di memoria storica – fu nel corso del tempo praticamente messo di fronte ad un bivio da cui per anni non poté sottrarsi: o votare per il senatore o per la destra. Nelle elezioni politiche del 1994 con una nuova legge elettorale, i Frascatani, pur di non dare il consenso al senatore (PPI-Patto per l’Italia), preferirono votare per Antonino Cuffaro che non era per niente conosciuto e rappresentava un po’ la sinistra estrema: Rifondazione Comunista! Il Cuffaro fu eletto subito, mentre Lavagnini fu solo ‘ripescato’, con i resti dei voti! Era il lontano 1994. L’anno dopo, 1995, Astorre veniva eletto nel consiglio provinciale (quando ancora c’erano le province). E’ in questi anni che inizia la ragnatela politica tessuta dai due.

   E’ noto come Frascati dal dopoguerra in poi, fu sempre amministrata da sindaci democristiani o comunque, dagli anni ’60, di centro-sinistra, ovviamente con buoni o meno eccelsi risultati e solo per un quinquennio ci fu la parentesi di una amministrazione PCI-PSI, ma gli elettori non le rinnovarono la fiducia. Solo sfuggendo con qualche acrobazia dalla rete lavagniniana riuscì Molinari a candidarsi ed essere eletto sindaco proprio dal 1994 al 1999. 

    Successivamente più che amministrazioni di centro-sinistra, Frascati ebbe la ventura di essere in mano ad un personaggio che fin da bambino aveva mangiato pane e PCI, poi PD, e la sua fu una sorta di progressiva occupazione del potere, avendo man mano collocato i propri uomini (e donne) nei principali gangli rappresentativi, soprattutto in enti comunali e sovracomunali  e con molta discrezione clientelare che,  ovviamente, a puntuale scadenza elettorale gli assicuravano maggioranze non scalfibili. E tale potere si constatò ancora allorché al suo posto di Sindaco, subentrò Di Tommaso. Aveva voglia a dire quest’ultimo che non dipendeva da Posa, ma intorno a lui era ancora il suo predecessore che continuava a tessere la ragnatela.

    Passata l’onda lunga del PD ‘posiano’, le faide interne arrivarono persino a candidare nelle ultime elezioni esponenti l’un contro l’altro armati dello stesso partito, coi risultati che ben si conoscono, finché non si intromise in quest’area pseudo sinistrorsa, l’erede politico di Lavagnini, anche questi (Astorre) vissuto praticamente solo di politica, il quale, da esperto prestigiatore fece uscire dal cilindro non il classico coniglio, ma tal Spalletta il quale, di ‘famiglia’ lungamente berlusconiana, fu fatto passare come ‘renziano doc’!    

    Nonostante qualche mugugno e la presentazione di candidati alternativi per l’area di centro-sinistra, l’outsider riuscì  comunque a spuntarla grazie al suo mentore, ma la sua esperienza fu talmente scialba e contrastata dai suoi stessi consiglieri, che dopo un solo anno, fu fatto dimettere anche dal suo ‘scopritore’, dando il via libera ad un commissario prefettizio che non lasciò proprio un bel ricordo della sua ‘ordinaria’ amministrazione (dalle voci ricorrenti, pare che il nome fosse stato suggerito da un parlamentare PD, poi anche ministro).

    Così dopo questa parentesi non felice, ecco la nuova tornata elettorale del 2017. Non erano molto chiare per il cittadino le componenti che sostenevano i principali candidati sindaci, tanto più che era da poco sorto il Movimento Cinquestelle (con un suo candidato, anzi una ‘sua’ candidata) mentre i più quotati (si fa per dire) candidati sindaci (Pagnozzi e Mastrosanti) venivano sostenuti soprattutto da liste civiche di confusa collocazione (si stava superando anche il concetto di destra-sinistra, pur permanendo frange di destra (d’antica origine) e di sinistra (da residuale scissione di partiti nazionali).

     Il notevole risultato ottenuto dall’aspirante sindaco Pagnozzi pur non avendo raggiunto la maggioranza di voti per essere eletto al primo turno, poteva comunque far pensare che avrebbe facilmente vinto al ballottaggio, ma come pochi avevano previsto (cf. V.M., Notizie in Controluce del 16 giugno 2017) complici anche i voti dei Cinquestelle, il risultato fu completamente ribaltato dando la vittoria a Mastrosanti uno di quelli che era già fuoriuscito dal PD sbattendo la porta (e con un passato di assessore al bilancio).

    Nel frattempo, sia Posa per la sua parte, sia Astorre per la propria, continuavano a occupare coi propri fidi, altri luoghi di potere alcuni meno conosciuti dai più, altri più evidenti, tanto che Astorre, passando dagli incarichi in regione, poi in parlamento come senatore, quindi anche come segretario regionale del PD dal 2018, si può dire che abbia in mano ‘tutto’ il potere elettorale nel Lazio e soprattutto nei Castelli, sicché non difficilmente si potrà sfuggire da candidature per il Comune di Frascati che non siano da lui proposte e sostenute.

    Si può aggiungere un piccolo particolare: come mai quel riferimento ‘renziano’ di cui sopra? Anzitutto una breve parentesi sul Governo Draghi; se è vero che Draghi è stato suggerito anche da Renzi, non dimentichiamo che Renzi è legato ad alcune banche, e quindi Draghi potrebbe essere ‘utile’, anche se la persona in sé è al di sopra dei piccoli giochi di potere (si v. V.M., Renzi e il renzismo, ‘Notizie in Controluce’, marzo 2014). Detto questo, non molti sanno che Astorre nella sua (breve?) esperienza di lavoro fu nel Centro studi di Capitalia e nel 2013 fu eletto nella Commissione parlamentare di vigilanza sulla Cassa Depositi e Prestiti. Naturalmente tutto il curriculum politico astorriano denota un itinerario di tutto rispetto, con una sola pecca: che lo spazio per figure politiche alternative non ci saranno mai se non in via…’ereditaria’ o calate dall’alto. E l’altro particolare non di poco conto è quello che a Frascati dal 2014 al 2017 il PD ha perso ben 700 voti dell’elettorato! Il che la dice lunga su come la pensano i frascatani. E la prospettiva per le prossime elezioni si prospetta non certo rosea; ma che importa, se il PD presenterà un suo candidato astorriano, anche se potrà contare su pochi voti, ci penseranno sempre le varie listerelle ‘civiche’ come specchietto per le allodole, a sostenere il candidato (o la candidata), per poi sparire nell’oblio.  Nel frattempo anche l’ex sindaco Spalletta presenta “l’auspicio di ricostruire una credibilità e una dignità politica degna della storia della nostra città” (cf. ‘Il Mamilio’ del 20 febbraio 2021). Il che, detto da un antico forzitalico, poi presentatosi come ‘renziano’ e quindi tornato all’ovile di provenienza come attuale coordinatore di Forza Italia…costituisce certamente una ‘coerente’ garanzia per il futuro!

(Intanto en passant si vorrebbe sapere anche come è finita quella lunga e accesa querelle tra l’attuale senatore Dessì e l’ex sindaco Spalletta allorché Frascati per mesi fu tappezzata di innumerevoli e feroci manifesti dell’uno contro l’altro per una vicenda di fondi a sostegno dell’ex sindaco. Ma, come suo dirsi, “passata la festa, gabbato lu santo”!).

   Per questo a Frascati, vista la pochezza di alcuni ‘partiti’ ancora esistenti, le parole al vento di certi politicanti voltagabbana, nonché l’evanescenza dei Cinquestelle (mentre la ‘destra’ non ha mai dimostrato di potersi guadagnare la fiducia dei cittadini) occorre che per le prossime elezioni si presenti una vera ampia lista civica composta da esponenti qualificati, competenti, coerenti e capaci di non pensare ai propri interessi, con l’esclusione dei soliti nomi che bazzicano da troppo tempo i meandri comunali e il sottobosco amministrativo  – compreso tutto quel parentame che si tramanda di padre in figlio nipoti ed affini – e nello stesso tempo cercare di preparare qualche volto  nuovo anche in regione e parlamento affinché anche in questi luoghi inizi a soffiare un po’ d’aria nuova (tanto più che i collegi elettorali si sono ampliati). E’ ovvio che una lista civica siffatta, oltre che confidare in un substrato di contenuti e idee chiare e condivise, nonché su concrete linee di lavoro e obiettivi (anche lungimiranti, ma non faraonici), non dovrà ritirarsi subito dopo le elezioni, bensì dovrà continuare ad essere riferimento dibattimentale e partecipativo per la comunità cittadina, perché non risulti il solito comitato elettorale che, una volta raggiunti o meno i risultati auspicati, sparisce dall’orizzonte o si limiti al solo ‘sostegno’ per gli eventuali eletti, bensì si ponga sempre in modo dialettico con essi e con la popolazione.

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