Francesco Salvador e “Il dono dell’alba”
Il dono dell’alba (Guido Miano Editore, Milano 2024) è una raccolta di poesie non scandita in sezioni che risulta alla lettura magmatica per la densità metaforica dei componimenti che pur essendo autonomi tra loro, per l’unitarietà contenutistica e formale possono in toto essere letti come un continuum di versi come se fossero collegati da un filo rosso invisibile.
Qui l’ordine del discorso è sotteso ad emozioni debordanti che crea il poeta. emozioni comunque sempre controllate a livello stilistico e formale e per l’opera esaminata in questa sede si potrebbe arrivare alla definizione di poemetto.
Il male di vivere di montaliana memoria e vissuto intensamente dal poeta sembra essere il protagonista di questi versi.
E se nel titolo del volume si parla di un dono di luce è sottinteso che per una caratteristica dei versi presi in considerazione bisogna riferirsi anche ad un altro tipo di dono che è quello del turbamento che serpeggia ridondante nei versi di Francesco Salvador.
Tuttavia, come evidenzia anche Enzo Concardi nell’acuta prefazione ricca di acribia, Salvador non sta assolutamente a piangersi addosso affranto da una vita che dà scacco ma reagisce conscio che la condizione umana può riservare anche tantissime gioie e che la vita stessa è degna di essere vissuta.
Già il titolo della raccolta evidenzia che la vaga luminosità dell’alba è un dono in se stesso e ci fa intendere che nella coscienza letteraria dell’autore può realizzarsi anche la felicità forse come in momenti perfetti di sartriana provenienza.
Il poeta sa che è proprio la pratica della poesia quello che può salvarlo a prescindere da una visione trascendente dell’esistere.
E la stessa alba è luce e può divenire rigenerante e portatrice di un approccio nuovo alle cose nel confrontarsi con la realtà in tutte le sue sfaccettature e tutti i suoi settori.
In altre parole se la vita non è facile per nessuno, nonostante il pessimismo di fondo, si può varcare anche nel transito terreno la soglia della speranza.
E se Francesco affronta i temi del male, e della morte e del dolore lo fa lucidamente per esorcizzarli e poi trovare serenità.
E non a caso si ritrovano componimenti che sembrano un inno all’ottimismo che non potrebbero esserci se il poeta non avesse toccato nella sua ansia il fondo come attraverso una sintesi di sentimenti per una risalita fino ad una salvifica superficie con animo sereno e senza sforzo.
Molto bella densa e suggestiva la poesia che apre la raccolta intitolata Una mano sulle pietre componimento che ha un marcato carattere programmatico.
Nella suddetta poesia la psiche e il corpo del poeta stesso. dell’io – poetante. sembrano sintonizzarsi sulla stessa lunghezza d’onda per un magico e affascinante accadimento che trae l’incipit proprio nel toccare con una mano le pietre come nell’incipit della composizione.
“Mi è di conforto/ posare una mano sulle pietre/ della città visitata nei giorni di festa/ più degli occhi ora è forte/ l’istinto di trattenere/ quelle forme nella mente/ come chi sente la vita andare/ e stringe la mano/ dell’ospite nella casa fredda/ e non vuole lasciare la presa/ cercando così di truffare il tempo…”.
Come scrive giustamente Concardi nella prefazione «la poesia di Francesco Salvador va visitata come se contenesse un mosaico d’occasioni che la vita presenta ma che si risolvono spesso in illusioni e poi delusioni, lasciando un fondo amaro per mancanza di prospettive a lunga scadenza».
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