Francesco Permunian, torna in autunno con “Elogio dell’aberrazione”
Elogio dell’aberrazione di Francesco Permunian, Ponte alle Grazie.
L’autore torna in autunno come i frutti buoni d’una stagione che promette profumi e colori prima del gelo invernale, gli stessi che ritroviamo sulla bella copertina scelta per il volume che mostra il Ritratto del vescovo Bernardo de’ Rossi opera di Lorenzo Lotto del 1505. Riguardo il titolo, l’autore non ha abituato i suoi lettori a niente di meno e come racconta la seconda di copertina:
«Tito Maria Imperiale, meglio noto come el sior Titìn per via della bassa statura, vicecapocronista e firma illustre dell’«Eco del Garda», si apre ai lettori rivelando le proprie ossessioni private, a cominciare dalle perversioni condivise con la moglie che l’ha da poco abbandonato. Nel farlo, svergogna il mondo provinciale che lo circonda: un mondo di egoismo e vacuità, noia e dissipazione, in cui tutti nascondono una depravazione e l’unica smorfia etica è un moralismo ipocrita; in cui c’è chi gira un sequel del Salò di Pasolini nei luoghi reali della Repubblica Sociale e chi, nostalgico, insegna agli eredi motivetti del Ventennio. Francesco Permunian ci trascina di nuovo nel suo teatrino dell’assurdo affollato da marionette farneticanti. L’aberrazione e la turpitudine diventano in questo Elogio neutre manifestazioni di una società priva di rotta, in cui non pare concepibile trovare un indirizzo né un senso che sorpassino l’istante. Nelle grottesche avventure dei protagonisti, riportate da un narratore non sempre affidabile, alla satira esplicita e asperrima si uniscono un’ironia più sottile e un’amarezza di fondo: Elogio dell’aberrazione è un pugno in faccia che si prende ridendo.»
Scrittori e critici importanti hanno letto e recensito Francesco Permunian e si può ben dire che dopo Giorni di collera e di annientamento, Ponte alle Grazie 2021, questo nuovo libro sia davvero atteso. Pur nell’eleganza e mitezza del suo apparire lo scrittore mostra sempre grande convinzione e coerenza di giudizio nelle molte interviste rintracciabili su altrettante riviste librarie, quotidiani e periodici sui quali appaiono.
Scriveva di lui il critico Angelo Guglielmi, recentemente scomparso: «Lui è il più bravo. Ha battuto i colleghi cattivi della vicina regione, i Piovene e i Parise. Loro si muovono tentennanti fra tradizione e protesta, lui d’un balzo salta al centro della scena europea».
E scriveva di lui Andrea Camilleri: «Il dono principale di questo ironico, spesso caustico, narratore consiste, a mio parere, nel perfetto dosaggio dello spazio narrativo dedicato a ogni singolo evento o personaggio. […] L’altro dono è quello di una scrittura estremamente elegante e di frequente tensione poetica, una scrittura che, come ha scritto Ermanno Paccagnini, riesce a colorare la realtà ‘anche di stralunata, comica, persino lirica follia’»
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