Forum dei Popoli Indigeni
“Sono felice di annunciare che gli Stati Uniti hanno deciso di riesaminare la loro posizione” sulla dichiarazione dell’Onu che protegge i diritti dei 370 milioni di indigeni nel mondo, alla quale si erano opposti ai tempi della sua adozione nel 2007. Lo ha dichiarato l’ambasciatore Usa all’Onu Susan Rice davanti al IX summit dei popoli nativi svoltosi per due settimane alla fine di aprile, al Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite. Anche la Nuova Zelanda dopo una resistenza durata quasi tre anni ha ufficialmente riconosciuto la Dichiarazione sui Diritti dei popoli indigeni dell’ONU; “questo paese riconosce i diritti delle donne, i diritti dei lavoratori, i diritti dei cani; è fantastico che oggi si sia finalmente convinto a riconoscere anche i diritti dei popoli indigeni”, così ha dichiarato ai giornalisti Hone Harawira, menbro maori del parlamento neo zelandese. Ricordiamo che la Dichiarazione sui Diritti dei popoli indigeni dell’ONU che non è legalmente vincolante, riconosce ai popoli indigeni e tribali il diritto di decidere del proprio futuro, della propria identità e di dare o negare il consenso a progetti che li coinvolgono. Ad oggi, i paesi che l’hanno ratificata sono solo venti. Survival (unica organizzazione mondiale a sostenere i popoli tribali di ogni continente attraverso campagne di mobilitazione dell’opinione pubblica), sta conducendo una campagna perché tutti i paesi ratifichino la Convenzione 169 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) unico strumento legislativo internazionale di protezione dei diritti dei popoli indigeni. Ratificandola, gli stati si impegnano a garantire in modo efficace l’integrità fisica e spirituale dei popoli indigeni e a lottare contro ogni forma di discriminazione nei loro confronti. In un mondo industrializzato, urbanizzato e globalizzato “è necessario promuovere la comprensione e il rispetto della cultura indigena, valori e principi di interi popoli vanno preservati”: ha sottolineato l’arcivescovo Celestino Migliore, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, intervenendo al Forum annuale. Monsignor Migliore ha anche evidenziato che la crisi finanziaria globale ha duramente colpito i nativi, ponendo in primo piano l’urgenza di “un miglioramento globale delle loro condizioni di vita”. Secondo il rappresentante vaticano, è giunto il momento di andare oltre il rispetto delle culture indigeni e locali e guardare allo “sviluppo integrale, che comporta il benessere di tutto l’uomo e di tutta la comunità”. Uno sviluppo che significa lotta alla povertà, stili di vita sostenibili ma che al di là dell’aspetto economico deve, “sempre rispettare la visione tradizionale indigena di sviluppo che comprende anche una vita in simbiosi con la natura e una profonda coscienza religiosa (…) valori, che contribuiscono all’arricchimento umano e spirituale delle popolazioni”. (misna -survival)
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