Fondazione Finanza Etica: terzo Rapporto sulla Finanza Etica e Sostenibile in Europa
(Serena Grizi) Roma – Venerdì 28 febbraio Banca Etica ha presentato il terzo Rapporto sulla Finanza Etica e Sostenibile in Europa a cura della Fondazione Finanza Etica, e lo studio su previdenza integrativa e finanza, in conferenza presso il centro Astalli alla presenza d’un pubblico di addetti ai lavori e giornalisti.
Alla presentazione sono intervenuti il vice-Presidente di Banca Etica Andrea Baranes, e il Segretario Generale CGIL Maurizio Landini. È poi seguita una tavola rotonda con Andrea Messina, Direttore Generale Banca Etica e Salvatore Casabona Responsabile previdenza complementare CGIL, moderatrice Patrizia Pallara Radio Articolo1.
Il clima che infonde l’incontro è positivo in quanto il rapporto sottolinea come il risparmio presso gli Istituti etici è in buona salute così come il ritorno dei crediti aperti ai progetti che, nel caso della finanza etica, si aprono verso investimenti che non abbiano nulla a che fare con petrolio e suoi derivati, armi e quanto altro rappresenti l’economia ‘destruens’, privilegiando invece progetti sociali e solidali ai quali si richiede in ogni caso una solida base imprenditoriale. Sottolineata anche la crescita europea oltre a molte esperienze positive nel mondo che hanno fatto della finanza etica in punto di riferimento contro lo sfruttamento senza ritorno sociale e solidale e la sperequazione
L’intervento del segretario Landini, in particolare, in poco meno di cinquanta minuti ha ‘ridisegnato’ le possibilità di una società che intelligentemente attenta al risparmio ed agli investimenti, si apre alla soddisfazione delle problematiche primarie che la interessano quali il lavoro, la previdenza per tutti, la salute. Le parole, pur nella non facile situazione vissuta nella settimana non ancora trascorsa tra perdite in termini di vite umane e contraccolpi economici da allarme covid-2019, presente anche qui sotto forma di alcune defezioni alla conferenza, sono sembrate un balsamo ai presenti, o meglio: seppur in una platea consapevole che dopo la crisi dei mutui subprime del 2007 a garanzia dei derivati sfociata nelle cronache della finanza ‘tossica’ (un nome per tutti: Lheman Brothers), e la risalita di ‘titoli tossici’ nel periodo attuale quasi agli stessi livelli di allora, molti cittadini hanno compreso la necessità d’uno spostamento delle loro rimesse in istituzioni che favoriscano la piccola e media impresa, l’impresa sociale con ritorni sulle comunità in cui opera e sulle reali esigenze di queste; in cui non si induca nella speculazione e nel mero puntare su titoli di borsa da parte di piccoli risparmiatori allettati da facili guadagni, i quali rischiano solo di perdere i risparmi d’una vita.
Il lavoro da fare è ancora molto poiché la previdenza integrativa, invece, mostra evoluzioni meno positive del credito etico. « Un ruolo cruciale per la crescita della finanza etica e degli effetti benefici di cui ha dimostrato di essere pienamente capace potrebbero averlo i fondi pensione. Le ingenti risorse finanziarie gestite dai fondi della previdenza complementare in Italia potrebbero essere uno strumento formidabile per sostenere lo sviluppo dell’economia reale e per alimentare un durevole patto intergenerazionale. Ma oggi questo non avviene: di 100 euro gestiti dalla previdenza complementare, solo 24 restano nel nostro territorio e solo 3 vanno a finanziare imprese e attività produttive. Questo approccio sta soffocando quello che avrebbe dovuto essere il circuito virtuoso che, tramite la previdenza integrativa, potrebbe favorire gli investimenti e con essi lo sviluppo del tessuto produttivo del paese, creando occupazione che a sua volta produce risparmio per alimentare nuovi investimenti. E’ quanto emerge da uno studio di Banca Etica, illustrato dal direttore generale, Alessandro Messina»
Lasciare un mondo del lavoro più sano e sempre meno strangolato dalle contingenze economiche (stipendi bassi, delocalizzazione delle produzioni, difficoltà a mantenere lo stato sociale) promuovendo invece la formazione continua, il benessere diffuso, la partecipazione ai bisogni della società civile, un altro obiettivo ambizioso ma non impossibile da raggiungere.
Il richiamo, doveroso, è ad una maggiore responsabilità personale e consapevolezza, quindi, che occorrerà un rovesciamento delle prospettive di produzione e consumo. Oggi questi temi sono usciti dai sogni considerati utopici delle sinistre e delle associazioni di stampo cattolico molto vicine ai problemi reali di chi ha meno, per diventare l’orizzonte (solo lo slogan purtroppo in qualche caso) d’ogni istituto bancario che si rispetti: pur nelle evidenti differenze nella trattazione del tema della finanza etica da un gruppo bancario all’altro ogni istituto aspira ad una ‘sostenibilità’ che sia essa intesa come quella d’una società più attenta ai temi dell’ecologia e quindi più distante dall’utilizzo delle fonti fossili, o più attenta ad una ripartizione più giusta della ricchezza e dei saperi dalla quale il panorama italiano e mondiale si presenta ancora lontano con punte e fenomeni, però, di grande interesse.
Una storia fra le altre dal terzo Rapporto: La finanza etica e sostenibile
«Retribuzioni dei manager: ENI si arrende alla Fondazione Finanza Etica
Su pressione della Fondazione Finanza Etica il CdA dell’Eni nel 2015 ha abolito i bonus discrezionali straordinari per i top manager e ha introdotto criteri ESG più severi
Cambiare la politica di remunerazione dell’Eni, la major italiana dell’energia. È stato uno degli obiettivi della Fondazione Finanza Etica, la rete degli azionisti critici di Banca Popolare Etica. La campagna è iniziata nel 2012 con un intervento all’assemblea annuale della corporation41. Nel 2011 il presidente dell’Eni Roberto Poli e l’amministratore delegato Paolo Scaroni avevano ricevuto un bonus straordinario da 1 milione di euro a testa ma questa scelta non era stata motivata. «Perché un milione di euro e non 950.000 euro o 1,2 milioni di euro?», chiede la Fondazione. «Perché poi attribuire un compenso di fine carica all’amministratore delegato Scaroni già confermato per un ulteriore mandato?».
Nel 2013 Eni introduce parametri sociali, ambientali e di governance (ESG) per la remunerazione variabile di lungo termine Ma i criteri scelti (la presenza della società negli indici azionari etici FTSE4 Good e Dow Jones Sustainability Index), secondo la Fondazione, «sono generici e arbitrari». Gli azionisti critici chiedono quindi di adottare criteri più specifici, consultando i portatori di interesse della società. L’obiettivo viene raggiunto nel 2015 quando Eni abolisce i bonus discrezionali straordinari e introduce criteri ESG più severi: i manager riceveranno una quota variabile della propria retribuzione (il 25% contro il 10% precedentemente in vigore) solo se l’azienda riuscirà a ridurre le emissioni di CO2 e gli infortuni sul lavoro. “Voteremo per la prima volta a favore della relazione sulla remunerazione” afferma la Fondazione durante l’assemblea 2015. “Siamo contenti che Eni abbia colto la nostra proposta di eliminare ogni BONUS DISCREZIONALE, come quelli attribuiti nel 2011 all’allora CEO, Paolo Scaroni, e al Presidente, Roberto Poli, per un milione di euro a testa. Allora avevamo criticato Eni per questa scelta. Eni dopo tre anni ci ha ascoltato e di questo siamo contenti”.»
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