Focicchia, il quadro ritrovato
Un artista esperto come Franco Carfagna afferma che si tratta di una buona opera, uno spatolato deciso ed espressivamente efficace, a firma Petrozzi. Questa tela si trova in un ufficio del nostro Municipio ed è stata oggetto, nei mesi scorsi, di una laboriosa ricerca. Tutto è iniziato qualche tempo fa quando il signor Riccardo Iamotti, nipote dell’artista Angelo Petrozzi (nato nel 1915 e scomparso nel 1982), decise di recuperare le opere dello zio, fratello di sua madre, al quale era molto legato affettivamente. Una piacente figura alta e longilinea, dai capelli scuri e dallo sguardo volitivo, con un accenno di sorriso sotto i baffi sottili: tale l’immagine di Angelo Petrozzi immortalato davanti ad una tela che straordinariamente sembra essere molto simile al quadro “Focicchia”, datato nel retro 1964. Romano, la passione per la pittura lo porterà per diversi anni a gestire una galleria d’arte nei pressi di Via Margutta, dove espone anche i suoi quadri: paesaggi, maschere carnevalesche, tetti di Roma, scorci di Parigi, vasi di fiori, paesaggi siciliani … Rispetto ad altri suoi contemporanei Angelo Petrozzi, pur valente, non riuscirà a sfondare nel campo artistico; ma si sa, anche qui, come in tutte le cose, a volte ci vuole fortuna. Ritiratosi a Ladispoli Petrozzi scoprirà di percepire un’energia che gli consente di localizzare sotto il terreno pozzi d’acqua e questa dote gli regalerà notevoli soddisfazioni personali. Tra le prime opere dello zio ritrovate e fatte restaurare dal signor Iamotti, un piccolo busto di terracotta, una sorta di autoritratto dell’artista che il signor Riccardo tiene nella sua casa e dal quale egli coglie positive indicazioni nella vita di tutti i giorni. Tra queste, e anche qui ci si lascia alle spalle il mondo razionale, un’inspiegabile intuizione a recarsi un giorno in una certa bancarella a Porta Portese, dove, spulciando tra le varie mercanzie, il signor Riccardo ha trovato e acquistato un’artistica mattonella dipinta dallo zio. A seguito di numerosi annunci diramati via internet, sempre miranti a recuperare opere dello zio, il signor Iamotti riceve un giorno una telefonata di un’anziana signora, la quale, pur non avendo alcun legame di parentela, porta lo stesso cognome del pittore scomparso: una voce decisa e convinta che lo invita ad andare a Rocca di Papa perché là, dice, esiste un quadro di questo artista. Precisa di averlo notato proprio per la coincidenza del cognome. Il Signor Riccardo contatta telefonicamente il nostro Comune ed immediatamente incontra una cortese disponibilità, una volta spiegato il motivo della chiamata. Valerio Ciaccia, si attiva: viene coinvolto nella ricerca, oltre al personale comunale, anche il Maestro Carfagna; si recano insieme oltre che nei diversi uffici, anche nell’archivio, ma tutto questo impegno si rivela infruttuoso e il quadro non viene trovato. Il signor Iamotti pur se deluso, pare rassegnato, ma un’altra circostanza incredibile lo porta a riaprire il discorso: a seguito di un sogno, nel quale lo zio lo invita ad andare nella Biblioteca d’arte “La Quadriennale” di Roma, trova una brochure di una sua mostra, nella quale è inserito un piccolo biglietto, una sorta di curriculum vitae: in esso, di suo pugno, l’artista ha scritto che nel 1964 ha vinto il primo premio Massimo D’Azeglio a Rocca di Papa – Roma. Contattato di nuovo il Comune, si riprende la ricerca, si scartabellano fascicoli nella speranza di trovare una qualche documentazione su questo Premio Massimo D’Azeglio che il Maestro Carfagna ipotizza possa essersi svolto ai Campi D’Annibale o forse in “Pro-Rocca” (dove attualmente c’è Piazza Claudio Villa), forse organizzato da Marcello Caracci, Trento Anellucci e Carlo De Angelis che in quel periodo, ricorda, erano molto attivi nel campo culturale-artistico. Nulla emerge dal punto di vista della documentazione scritta. Intanto a qualcuno viene in mente che gli uffici dell’Anagrafe erano stati esclusi in precedenza dalla ricerca; e proprio là viene individuato il quadro, in un ufficio dove però il pubblico difficilmente ha accesso. E qui un altro interrogativo: come ha fatto la signora Petrozzi a vederlo? Ipotizza Franco Carfagna che probabilmente in precedenza l’opera doveva trovarsi in un altro ufficio. Al momento del ritrovamento, con comprensibile entusiasmo i ricercatori contattano il signor Iamotti invitandolo a venire a Rocca di Papa. Indescrivibile, riferisce il signor Riccardo l’incontenibile emozione quando si è trovato ad osservare il dipinto. In quel momento la decisione di acquistarlo, se possibile, soprattutto per un fatto profondamente sentimentale. Attualmente la richiesta inviata non ha ancora ricevuto risposta, ma il signor Riccardo non demorde e continua ad attendere, confermando la sua disponibilità a versare un’adeguata cifra, utile magari anche per sovvenzionare altre interessanti manifestazioni artistiche e a fornire in cambio una copia identica, ben incorniciata, del quadro stesso. È innamorato di Rocca di Papa il signor Iamotti: un amore che vorrebbe si concretizzasse anche nella realizzazione di questo suo sogno che sta vivendo a occhi aperti e che spera possa trasformarsi ben presto in realtà.
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