FLAVIO LUCIBELLO
Nel lavoro di libraio e giornalista, si ha talvolta il piacere e la fortuna di incontrare scrittori che sanno narrare. E raccontare bene. Per questo, ospite di Controluce, Flavio Lucibello, ottima penna che ringrazio per la sua squisita disponibilità.
Chi è Flavio Lucibello?
È una domanda che mi pongo da qualche anno… A parte gli scherzi, Flavio ha più vite parallele.
Una tecnologica, che ha fatto con discreto successo nel mondo della ricerca, lavorando per più di quarant’anni in un ente pubblico di ricerca e fondando nel frattempo il Consorzio di Ricerca Hypatia e la Fondazione Edoardo Amaldi. La seconda da naturalista ed escursionista appassionato, che lo porta ad amare la natura, la montagna e il mare in barca a vela, condividendo queste esperienze con gli animali che la popolano, dai lupi ai capodogli, dai cervi alle stenelle striate. La terza dedicata all’arte della scrittura e della musica. Si è diplomato al conservatorio in chitarra classica, ha suonato per anni musica celtica e ha sempre amato scrivere. La sua professoressa di lettere all’istituto tecnico non si faceva capace che volesse iscriversi a ingegneria e non a lettere e filosofia. Per corromperlo gli regalò “Storia della Filosofia Occidentale” di Bertrand Russel, ma la “pagnotta” ha avuto il sopravvento. Ottimista al limite dell’ingenuità, ha sessantasette anni, ma non se li sente, e ha sempre nel cassetto un progetto da realizzare.
Quanti libri al suo attivo? Ce ne vuole parlare? Letti, personalmente, con grande e piacevole attenzione…
Ho scritto e pubblicato cinque libri. Il primo libro che ho scritto e pubblicato è stato “Diario di uno che ci aveva creduto”. Un insieme di racconti che sequenzialmente descrivono uno spaccato della storia d’Italia, dalla Seconda Guerra Mondiale agli anni del Covid, rappresentata narrando le vite di persone realmente esistite. Come primo libro, paga lo scotto dell’inesperienza e mi piacerebbe riscriverlo. È stata comunque l’occasione per andare nelle scuole a parlare di quei fatti che non troveranno mai nei libri di storia.
Poi ho “incontrato” Vladimiro in “Il suo nome era Vladimiro-alla ricerca del lupo cerviero”. Un biologo, esperto di fauna selvatica, che vive nella e per la natura, un personaggio che ha una grande carica umana e un passato tumultuoso con cui fare i conti. Sempre su di lui e su Giulio, un suo giovane discepolo, ho scritto “La belva più feroce”. In thriller ambientale, collocato in Trentino-Alto Adige che, precorrendo i tempi, racconta del conflitto tra l’uomo e gli animali selvatici. Considerando quello che è accaduto negli ultimi anni con orsi e lupi in quelle regioni sono stato una facile Cassandra.
La scrittura è per me un grande rifugio e i miei libri sono il frutto di quello che vivo in quel momento. L’amore per la musica e quello che accadeva e che continua accadere in Medio Oriente, mi hanno portato a scrivere “Quei semplici, preziosi attimi di normalità”. Un libro strutturato su due racconti incentrati sulla musica come strumento contro l’orrore della guerra e dell’oppressione. La scintilla per scriverlo mi è scoccata vedendo la foto di un ragazzo di Gaza che, recuperato il suo sassofono dalle rovine della sua casa, cercava di nuovo di farlo suonare.
La violinista ebrea, austriaca, protagonista del primo racconto userà il suo violino come zattera per sopravvivere agli orrori della guerra e dell’Olocausto.
Questo libro mi è costato molte notti insonni perché per scriverlo ho dovuto leggere decine di articoli e di pubblicazioni sulla vita nei lager. Se i protagonisti sono di fantasia, tutti fatti
descritti sono realmente accaduti.
Dopo tanta angoscia avevo bisogno di ridere e far sorridere anche sulle nostre disgrazie così ho iniziato a scrivere la saga di “Verbello e Belsole, solo storie di paese”. Attraverso le vicende tragicomiche della conflittualità tra due paesi immaginari del nostro Appennino, ho raccontato le vicende quotidiane della nostra disgraziatissima Patria: corruzione, superficialità, strumentalizzazione politica, egoismo, pressapochismo etc… Descritti in modo leggero, al pari di una satira di costume, superata spesso e purtroppo dalla realtà. Fedele al motto anarchico: Una risata vi seppellirà.
Il suo sito, wwww.illupocerviero.it, un’isola di silenzio, pace…
Uso il mio sito per raccontare me stesso e parlare con gli altri. La rubrica “Messaggio in una bottiglia” serve proprio a questo. Delle provocazioni sui temi più svariati, dall’introspezione a problematiche sociali del momento, ma tutto come un sereno confronto tra anime che hanno voglia di condividere emozioni e opinioni. Da “Lo specchio” a “Il presepe dei non credenti”, racconti brevi, riflessioni, messe la perché qualcuno provi un’emozione a leggerle e risponda al messaggio nella bottiglia.
Perché Lucibello scrittore? E cos’è per Lei la scrittura?
Due domande che trovano un’unica risposta: la scrittura è la mia ancora di salvezza. È ciò che mi consente di evadere per ore dalla vita quotidiana, che da molti anni è diventata spesso troppo frustrante. Quando scrivo, non sono più nel mio studio: sono nelle montagne d’Abruzzo con Vladimiro, seduto in mezzo all’orchestra a Vienna con Anna, o a Dresda durante il bombardamento insieme a Victor. Durante il Covid, scrivere mi ha permesso di riflettere, di trovare un equilibrio e di superare indenne l’isolamento.
Sono un “ragazzo del ’77”. All’epoca avevo vent’anni, facevo parte del Movimento Studentesco a La Sapienza, collaboravo con le prime radio private, ero politicamente e socialmente impegnato.
Credevo fermamente che stessimo costruendo un futuro migliore. Vivevamo quei momenti con intensità assoluta, sentendo sulla nostra pelle anche gli avvenimenti drammatici che accadevano lontano da noi: il colpo di stato in Cile, la dittatura in Argentina, l’orrore della tortura, la stagione delle bombe. Il nostro personale era politico. Lottavamo contro l’ingiustizia, cercando coerenza anche nelle nostre vite private: rispetto per l’altro sesso, critica alla famiglia patriarcale, la convinzione che la conoscenza fosse la chiave per l’emancipazione e per una società più giusta.
Evidentemente, vista la situazione attuale, abbiamo fallito. I valori di equità sociale, di rispetto per la natura e per l’essere umano vengono quotidianamente calpestati da una società che ha come unico fine il profitto. Ma il “Flavio Scrittore” dice: «Va bene, avete vinto. La lotta era impari, non ci rendevamo conto di quanto fossero grandi le forze contro di noi. Tuttavia, le nostre idee, la nostra etica, continuerò a raccontarle nei miei libri, perché – come disse Salvador Allende – ‘Al grano che abbiamo seminato non si potrà mai impedire di germogliare.’»
Temi intensi, i suoi, che riflettono un dolore storico che sempre si ripropone, l’amore che sempre muove il mondo, la risata e l’ironia da sempre armi degli Dei… Ce ne vuole parlare?
Certamente, i temi che esploro nei miei libri nascono da un desiderio profondo di comprendere e raccontare la complessità dell’esperienza umana. Il dolore storico, ad esempio, non è solo un’eco del passato, ma una lente attraverso cui osservare come certi schemi si ripetano nella società e nelle vite delle persone. È un tema che invita alla riflessione, ma anche alla ricerca di soluzioni per spezzare questi cicli.
L’amore, invece, è il filo conduttore che lega tutto, il motore primo delle azioni umane, sia nel bene che nel male. Nei miei scritti, cerco di esplorarlo in tutte le sue forme, dall’amore romantico a quello fraterno, fino all’amore per sé stessi, che spesso è il più difficile da comprendere.
Infine, la risata e l’ironia sono strumenti essenziali per sopravvivere a questo viaggio complesso che chiamiamo vita. Sono una forma di resistenza, un modo per affrontare le difficoltà senza perdere la speranza e il contatto con la parte più leggera e giocosa della nostra anima. Credo fermamente che siano armi divine, capaci di disarmare anche le situazioni più cupe.
Progetti in cantiere? O nel prossimo futuro?
Sto lavorando da mesi a due racconti. Il primo, molto attuale, è sull’amore virtuale al tempo del web. Un uomo non più giovane, in un momento critico della sua vita, dopo una separazione dolorosa, conosce una donna su un social, con la quale inizia un rapporto inizialmente di amicizia, ma che in breve si trasforma in qualcosa di diverso che si potrebbe scambiare per “amore”. Ma ogni tentativo di accorciare le distanze e di incontrare la sconosciuta fallisce e lui inizia a domandarsi chi ci sia realmente dall’altra parte del collegamento web. È in una fase della sua vita in cui è emotivamente molto fragile. Tutte le sue convinzioni vacillano e la paura di innamorarsi di un fantasma o di un prodotto dell’Intelligenza Artificiale comincia a farsi strada. Come finisce ovviamente non glielo racconto, ma ci sarà un colpo di scena inaspettato.
L’altro è il terzo che ha Vladimiro come protagonista, che conclude la trilogia. Il viale del tramonto di Vladimiro, che non accetta comunque d’invecchiare, sarà l’occasione per riflessioni sul senso di quello che facciamo e sul nostro investimento emotivo nel rapporto con gli altri. Ovviamente, lupi, aquile e cervi ci accompagneranno nel viaggio.
Per concludere, la Famiglia, la Natura, il suo Lavoro quanto hanno influito sulla sua scrittura?
La famiglia ha influito moltissimo, le mie figlie e mia moglie sono state uno stimolo enorme e un incentivo a scrivere, una fa la ricercatrice l’altra la musicista, le dice qualcosa? L’osservazione delle loro vicende personali è stata di grande aiuto nella comprensione e nella costruzione di alcuni personaggi. L’amore che descrivo nei miei racconti è quello che ho respirato dentro casa mia.
La natura è la mia amante segreta, io vivo bene solo quando sto all’aperto. Quando sono da solo, in cima a una montagna, in un bosco o in riva al mare, mi sento di far parte di quel mondo, di respirare l’armonia che lo regola. Ha presente “Walden ovvero vita nei boschi” di Henry Thoreau o “E in mezzo scorre il fiume” di Norman MacLean, quella natura affascinante ma indifferente, immensa che ci potrebbe travolgere in ogni momento, ma della quale, nostro malgrado, facciamo parte.
L’unica cosa che ho conservato del mio lavoro, in quest’altra sfera della mia vita, è l’amore per la conoscenza e il valore assoluto di questa per qualsiasi progetto di società futura. Il fascino del sapere e la consapevolezza della nostra ignoranza. Più leggi, più studi, più ti accorgi della limitatezza del tuo sapere, una montagna infinita da scalare, della quale non riesci neanche a intravedere la cima.
Grazie mille
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