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Fisici o attori?

Dicembre 18
02:00 2007

Foto di scenaChe la scienza abbia legami con l’arte e la poesia non è certamente cosa nuova. Karl Weierstrasse, uno dei grandi matematici dell’Ottocento, affermava che “un matematico che non è anche un poeta non è un buon matematico” e Luigi Pirandello, polemizzando nel 1908 con Benedetto Croce, scriveva nel suo saggio Arte e Scienza: “Ogni opera di scienza è scienza e arte, come ogni opera d’arte è arte e scienza”. Chi conosce profondamente la storia della scienza, sa bene che molti scienziati, e in particolare i matematici, hanno manifestato temperamento d’artista, con ‘stranezze’, atteggiamenti e abitudini, da non fare invidia al più eccentrico pittore, musicista, poeta o scrittore. Tanto per fare un esempio, Janos Bolyai, matematico ungherese passato alla storia come uno dei creatori delle geometrie non-euclidee, dopo averli provocati, sfidò a duello tredici ufficiali suonando, tra un avversario e l’altro, il violino; in vecchiaia si fece stampare l’avviso della propria morte colla data in bianco e per testamento chiese di piantare sulla sua tomba un melo, in memoria di Eva, Paride e Newton[1]. Renato Caccioppoli, geniale matematico morto suicida nel secolo scorso e immortalato nel film di Mario Martone Morte di un matematico napoletano, passava le notti suonando il pianoforte e frequentando i locali notturni di Napoli, e poi, al mattino, andava direttamente a far lezione all’università in abito da sera, avvolto nel suo leggendario impermeabile bianco, e un po’ logoro. Anche nella didattica della scienza un pizzico d’estro artistico non guasta e serve a vivacizzare l’argomento e catturare l’attenzione dei giovani, stabilendo un legame emotivo fra un campo solitamente considerato ostico nel suo rigore e particolare linguaggio e il mondo, più comune e per tutti comprensibile, delle emozioni, dell’immaginazione, del quotidiano. Fin qui nulla di nuovo e inedito. Originale e innovativa è, invece, l’iniziativa, presa coraggiosamente da un gruppo di fisici italiani, di portare sulle scene teatrali la fisica. Marina Carpineti, Marco Giliberti e Nicola Ludwig del Dipartimento di Fisica di Milano, dimostrano in prima persona, dai palcoscenici teatrali, come dei fisici possono dissolvere, sotto le luci dei riflettori, l’ostilità verso la fisica, assai diffusa nel passaggio dalla scuola primaria a quella secondaria, trasformandola in curiosità, sostituendo, contemporaneamente, la figura, a volte arcigna, dell’insegnante “ex cathedra” con quella più umana e reale del fisico, dello scienziato che si misura in prima persona con il mistero della Natura, il cui fascino diventa la molla fondamentale della domanda di conoscenza. Simulando un laboratorio fisico virtuale molto simile ad uno reale, il gruppo di fisici milanesi ha presentato, sotto forma di un originale spettacolo, trentadue esperimenti di fisica sull’interazione fra luce e materia, esaltando gli aspetti più curiosi e stupefacenti. Un ottimo metodo per stimolare curiosità e interesse per la fisica e calarla in una dimensione più umana e vicina alla realtà del mondo di chi produce scienza e non semplicemente la ‘racconta’. Il primo esordio di Carpineti, Giliberti e Ludwig si è avuto nello spettacolo teatrale Facciamo luce sulla materia , ideato per i bambini delle Scuole Elementari, rappresentato poi al Festival della Scienza di Genova nel 2004, e successivamente in numerose altre occasioni, con versioni anche in inglese e francese. Quest’anno, al Festival della Scienza di Genova, gli stessi fisici-attori, sotto la regia di Sara Ghioldi e Antonio Rota, hanno messo in scena un nuovo spettacolo, Tracce. Lo spettacolo della fisica, dove ancora l’esperimento fisico è sotto i riflettori del palcoscenico, ma questa volta con l’intento di sollecitare, da parte di un pubblico più adulto, la riflessione sul ruolo della scienza nel mondo contemporaneo.

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[1] Cesare Lombroso, L’uomo di genio, Fratelli Bocca, 1894, p.102.

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