Notizie in Controluce

 Ultime Notizie

Fino all’ultimo respiro

Fino all’ultimo respiro
Ottobre 16
10:38 2013

fino allultimo respiroFino all’ultimo respiro di Jean-Luc Godard si presenta subito, dalle prime inquadrature, come un’opera raffinata, con carrellate fluide e articolate e un bianco e nero a forte contrasto: le prime avvolgono Jean-Paul Belmondo intessendolo nei suoi movimenti, e ne fanno l’antieroe dionisiaco di questo film francese del 1960. Il bianco e nero costituisce una scelta ‘mitica’, sia perché si riallaccia alla storia del cinema precedente, sia perché esso meno assomiglia al colore che l’occhio dello spettatore percepisce nella propria quotidianità. Il forte contrasto modella le figure, attribuendogli uno spessore e una consistenza scultorei, segnati a limine da due invisibili estremi: il buio pesto e la luce accecante.
Il film che inizia con un taglio da crime story in realtà ci mette poco ad assumere i connotati del mito modernizzato di Eros e Thanatos a matrice socio-politica. Che Jean Seberg interpreti l’antieroina americana e Belmondo l’antieroe francese sta lì a significare che oltre al tema muliebre è anche il tema dell’identità culturale ad esser trattato.

Ce lo ricorda lo scrittore Parvulesco (Jean-Pierre Melville), intervistato da Seberg e altri, che risponde a domande su relazioni d’amore, interculturali, di ceto e sul rapporto tra l’esistenza e l’immortalità (tema, questo, che riguarda l’uomo in genere, ma anche, qui, l’artista e il destino ripetitivo del personaggio tragico). La funzione di Parvulesco nel film è quella tipica del coro nel teatro greco, come quando afferma: «Se una bella donna sta con un uomo ricco si può dire automaticamente che lei è perbene e lui è uno sporcaccione.» Una battuta sibillina che prelude alla chiusa del film, la quale presenta una situazione capovolta del rapporto uomo-donna rispetto alla soluzione avanzata dallo scrittore.
Fino all’ultimo respiro, col suo fresco sapore di film fatto per la strada, mette a fuoco la singolarità dei personaggi, tenuti a un pizzico di distanza, osservati, quasi sbucciati dalla macchina da presa, ma senza che se ne scopri, se non nel finale, il nocciolo psichico, sebbene l’intimità a cui Godard ci fa accedere è da subito decisamente affascinante. Per Godard, qui e altrove, lo iato tra l’essere e l’apparire è essenziale, secondo un approccio etico che più lo accosta ad Aristotele che non a Platone, ma che è forse meglio ricercarlo altrove: nella concezione buddhista, in Spinosa e nell’esistenzialismo marxista.
Il titolo significa molte cose, a cominciare dall’ultimo spiro del protagonista: esso rimanda al modo serrato di raccontare, ai patemi deliziosi tenuti su un’alta superficie di leggerezza e ironia, e al rapido scivolamento dell’antieroe verso il suo destino tragico. C’è qui indubbiamente un metalinguaggio del cinema, non ancora però ai livelli del successivo Questa è la mia vita, come giustamente osservava Gilles Deleuze in Cinema 2. Di là dagli straordinari meriti di Godard, l’interpretazione di Belmondo e Seberg è superlativa e resterà a lungo negli annali della cinematografia internazionale.

Condividi

Articoli Simili

0 Commenti

Non ci sono commenti

Non ci sono commenti, vuoi farlo tu?

Scrivi un commento

Scrivi un commento

1995 Ricordiamo la terza “Sagra della ciambella e del vino” a Monte Compatri (video trasmesso da tva40)

MONOLITE e “Frammenti di visioni”

Categorie

Calendario – Articoli pubblicati nel giorno…

Luglio 2024
L M M G V S D
1234567
891011121314
15161718192021
22232425262728
293031  

Presentazione del libro “Noi nel tempo”

Gocce di emozioni. Parole, musica e immagini

Edizioni Controluce

I libri delle “Edizioni Controluce”