Figurine – Pietro Acciarito
Non si capisce per quali imperscrutabili processi mentali un Re, nella fattispecie Umberto I di Savoia, potesse essere omaggiato dal popolino con l’appellativo di buono visto che fu coinvolto nello scandalo della Banca Romana, nella disastrosa avventura coloniale italiana e responsabile delle sanguinose repressioni in Lunigiana, in Sicilia e a Milano che contraddistinsero la grave crisi politica di fine secolo.
Fatto sta che a tentare di pareggiare i conti con il baffuto sovrano ci pensarono almeno in tre. Dopo Giovanni Passannante nel 1878, il secondo attentatore in ordine di apparizione fu un piccolo fabbro di Artena, Pietro Acciarito, con simpatie vagamente anarchiche. Narrano le cronache che se ne andasse per il paese con il suo abbecedario, disquisendo a voce alta di uguaglianza e di libertà e sbraitando contro i ricchi e i loro zecchini d’oro. Il suo appuntamento con la Storia lo ebbe il 22 aprile 1897 alle Capannelle dove il sire con i mustacchi, appassionato di sport e di ippica, si era recato per assistere alle corse. Acciarito, travestitosi da fantino per non dare nell’occhio, fu lesto ad avvicinarsi alla carrozza reale ma, nella fretta, riuscì solo a scalfirne lo sportello destro ed un fanale. Acciuffato da due svegli caramba, morirà in manicomio nel 1943. A far tornare i famosi conti provvederà Gaetano Bresci il 29 luglio 1900. Ma questa è un’altra storia.
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