Figurine – Gino Girolimoni
Sbattere il mostro in prima pagina è prassi consolidata per stornare la cosiddetta ‘pubblica opinione’ da problemi ben più urgenti e pressanti e convogliarla verso una vera e propria psicosi di massa, dagli esiti imprevedibili. È ciò che avvenne nella vicenda del ‘mediatore di cause’ romano Gino Girolimoni, che nel 1927 venne arrestato con l’accusa di aver rapito e ucciso almeno cinque bambine.
Tutto iniziò il 4 giugno del ’24, quando in Via del Gonfalone, a Trastevere, scomparve una bimba di quattro anni. Il suo corpo verrà ritrovato il giorno dopo nei pressi della Basilica di San Paolo. I giornali dell’italietta fascista ci sguazzarono ben bene, fornendo ricostruzioni fantasiose sull’aspetto del maniaco e indugiando con «suina abbondanza di particolari», scrisse La Voce Repubblicana, sulle macabre modalità dell’omicidio. Contro Girolimoni furono costruite delle prove irrefutabili e imbastito un imponente linciaggio morale, ma dopo un anno di galera fu assolto e riconosciuto innocente.
Al fascismo, che aveva sul groppone l’assassinio di Giacomo Matteotti, di Giovanni Amendola e di Piero Gobetti, non serviva uno psicolabile in quanto tale, ma il capro che giustificasse un ennesimo giro di vite contro gli oppositori, con conseguente ritorno all’ordine e alla serenità perduta. Girolimoni, per tutta la vita ‘il mostro di Roma’, morirà nel 1961 a 72 anni: un tempo abbastanza lungo per capire che razza di mostro, vero, avesse nidificato a Palazzo Venezia.
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