Festival del Cinema di Monte Compatri. Cronaca della terza serata
Ieri sera, 10 luglio 2017, si è conclusa la prima edizione del Festival del Cinema di Monte Compatri con la proiezione del film Estate Romana del regista Matteo Garrone (Gomorra, Reality, Il Racconto dei Racconti).
Nel corso delle tre giornate in cui si è svolta questa prima rassegna, il pubblico ha potuto visionare tre modi differenti d’intendere e concepire il cinema.
Con la prima serata, svoltasi l’8 luglio, attraverso la performance musicale della pianista Arianna Granieri, si sono fatte rivivere le gesta dei grandi attori del cinema muto, da Buster Keaton a Charlie Chaplin, passando per le avanguardie artistiche del primo novecento, soffermandoci in particolar modo sul surrealismo cinematografico dove Luis Buñuel e Salvador Dalí ne sono stati i massimi esponenti.
Nella serata successiva, il 9 luglio, il regista Lorenzo Corvino è venuto a presentare il suo film di esordio alla regia: Wax. We are the X che gli ha permesso di ottenere la Nomination come Miglior Regista Esordiente al David di Donatello 2017. Il film è stato identificato dalla critica come un manifesto generazionale per le nuove generazioni. Un film trasversale ed innovativo, coadiuvato dal supporto tecnico degli smartphone come strumento di ripresa video.
Nell’ultima serata invece ci si è soffermati su un cinema più riflessivo e più d’essai rispetto alla cinematografia contemporanea, attraverso la proiezione del film Estate Romana, un film necessario realizzato con un impianto semidocumentaristico. Un film di transizione sia per il regista che a breve avrebbe girato la sua prima opera di successo L’imbalsamatore basato sulle reali vicende del nano di Termini: Domenico Semeraro e al tempo stesso di transito su un mondo tanto a noi vicino quanto sconosciuto quello del teatro d’avanguardia.
Questa prima edizione del festival cinematografico di Monte Compatri, è stata vista e recepita come un esperimento, che ha concesso agli organizzatori di comprendere in maniera più diretta sia le esigenze del pubblico sia le opportunità per gli anni a venire.
Matteo Garrone nasce a Roma il 15 Ottobre del 1968. Figlio di Donatella Rimoldi (figlia dell’attore Adriano Rimoldi) e Nico Garrone (Roma 2 Giugno 1940 – Roma 21 Febbraio 2009), giornalista, scrittore e critico teatrale per conto del quotidiano “La Repubblica” che diresse nel corso degli anni alcuni documentari sul mondo dell’arte e del teatro, curando anche la regia televisiva del programma “Prima della Prima”, attualmente a cura di Rosaria Bronzetti, dove si approfondisce il mondo del dietro le quinte delle principali opere liriche messe in scena in Italia. Fin da giovane si dedica all’arte, diplomandosi al liceo artistico nel 1986. Inizia una breve carriera come pittore autonomo con predilezione per l’olio e i soggetti figurativi ma ben presto inizia a lavorare. Gira il suo primo cortometraggio dal titolo: Silhouette che gli consentirà di vincere il premio “Sacher d’oro” al festival di Nanni Moretti che gli permetterà di realizzare il primo lungometraggio come regista, dal titolo Terra di Mezzo.
Estate Romana è il suo terzo lungometraggio nonché il film di chiusura sul trittico della solitudine. In una Roma agli antipodi rispetto a quella millantata dall’agiografia giubilare, divenuta il rumoroso palcoscenico per incontri casuali, metterà in scena difficili equilibri psicologici dove viene raccontata una storia d’individui dalle esistenze precarie e polverose che provengono ancora una volta dal margine della società.
Il film, nacque grazie alla convergenza di due elementi ben distinti: da una parte il racconto di Herman Melville dal titolo Bartleby lo scrivano: una storia di Wall Street; dall’altra, l’esigenza di mostrare e raccontare il teatro romano d’avanguardia negli anni 70. In particolar modo il lavoro fatto dal padre dello stesso Garrone “Nico” che, assieme a Giuseppe Bertolucci, realizzò il documentario televisivo diviso in tre puntate dal titolo L’altro Teatro, per la regia di Mario Bosio. In questo lavoro viene descritta l’età dell’oro per la sperimentazione teatrale italiana. Matteo decide dunque di celebrare questo felice periodo denominato dalla critica dell’epoca: la generazione dei Beat 72. Nome dato in onore a uno dei primi centri teatrali di ricerca artistica. Venne istituito a Roma nel 1964 nei locali di Via Gioacchino Belli, grazie a Ulisse Benedetti che allora sentiva l’esigenza di offrire uno spazio all’ancora inesistente avanguardia teatrale. Tra gli artisti che ruotarono intorno a questo mondo si ricordano Carmelo Bene, Cosimo Cinieri, Rossella Or e Victor Cavallo. Il Beat 72 è ancora attivo tutt’oggi, ma esiste sotto altra forma, diventando un epicentro di manifestazioni culturali, festival e rassegne di artisti provenienti da tutto il mondo facenti parte del mondo dell’avanguardia.
Girato con uno stile semidocumentaristico, Estate Romana vede anche come perno centrale una Roma scheletrica in attesa del Giubileo. Valorizzata da una fotografia che sa far emergere il volto vero, pulsante, e meno scontato della capitale italiana. Una Roma impacchettata e ribaltata da cantieri e palazzi in costruzione. Caotica, convulsa e multietnica, quasi surreale. Percorsa da individui che ancora una volta testimoniano dei disagi esistenziali. I suoi personaggi sono niente più che dei frammenti d’esistenza, non c’è traccia di introspezione ma solo esitazione, invisibilità, rassegnazione. Ai margini di un corpo (Roma) morto, sventrato dalle impalcature come se si fosse sotto i ferri di una camera operatoria, le persone vagano senza speranza come dei morti viventi. Ecco allora che il giusto modo per rinascere è fuggire da questo corpo in via di decomposizione nel quale sono imprigionati.
La macchina da presa si muove con i personaggi ma mai in funzione di essi, li osserva e li pedina, non li giudica. Rimane costantemente ad altezza uomo, cerca di scavare dentro le persone, di snidarle e di farle uscire dai loro gusci. Procede secondo la logica dell’avvicinamento per cui la realtà viene sempre più circoscritta, quasi stretta in un angolo.
Attraverso le musiche concettuali curate della Banda Osiris, che rendono ancora più stagnante e trasognata l’atmosfera, ci viene mostrato un dramma collettivo della classe piccolo borghese romana. Sono i ritratti di una generazione di artisti indipendenti, soffocati da una precarietà come quella della protagonista, esistenziale e lavorativa che continua a fluttuare ancora ai giorni nostri.
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