FANTAVISIO
C’era una volta,
una bambina di nome emanuela, che a causa di una brutta malattia, perse l’uso dellla vista. Da allora Emanuela dovette imparare a conoscere il mondo in un altro modo, e cioè attraverso i suoni, i rumori, toccando gli ambienti con le sue stesse mani e ascoltando le descrizioni altrui.
In un bel giorno d’estate ella decise di fare una passeggiata; camminando con il bastone bianco, tenendosi sul bordo della strada, godeva del calore del sole e del cinguettìo degli uccellini. Ma la strada era un po’ tortuosa, in salita e scorgendo, con il bastone, la presenza di un albero, che prometteva ombra e frescura, Emanuela ne approfittò per sedersi e riposare un po’. Dopo pochi minuti udì il rumore di un’automobile che andava piuttosto di corsa e che con il clacson chiedeva strada; la voce di una signorina, che doveva essere alla guida dell’automobile gridava: “sono in ritardo! Sono in ritardo! Devo arrivare a lavoro entro le 9.30, devo timbrare il cartellino. Ma dove ho messo il cartellino? Oh, sono in ritardo ed ora ci si doveva mettere anche la ruota sgonfia!”
“Se tu non fossi alla guida di un’automobile potrei pensare d’esser finita nel Paese delle Meraviglie e di aver incontrato Bianconiglio!” disse Emanuela ridendo, “Il mio nome è Consù, e sono in ritardo!” rispose l’altra. Emanuela allora chiese: “sono un po’ stanca, mi sono allontanata da casa e temo d’essermi persa. Puoi aiutarmi?” “Ma io sono in ritardo, devo timbrare il cartellino entro le 9.30. Sali in macchina, ti accompagnerò al ritorno.”.
Emanuela accettò solo che si pentì subito quando si rese conto di come Consù guidasse l’automobile in modo spericolato. Ringraziando il cielo d’esser arrivata sana e salva, Emanuela cercò di capire in che posto fosse mai finita: intorno a lei circolava strana gente, persone un po’ bizzarre che parlavano di macchine intelligenti e di tecnologie sofisticate. Ma Emanuela era una bambina coraggiosa; pian, piano si allontanò dall’auto ed entrò in un corridoio lungo, lungo, che ad un certo punto sembrava girare. Anche Emanuela girò, ma fu subito turbata nell’udire un vocione, che rimbombava per tutto il corridoio:
“CHI è” “Io sono Emanuela. E tu?” “Io sono il mago Tonio. Cosa fai tu qui?” “Io veramente mi sarei persa, puoi aiutarmi? Cosa fai? Timbri cartellini? puoi aiutarmi?” “Ma quali cartellini!” rispose un po’ irritato il mago “Io progetto macchine intelligenti, sto mettendo su una filosofia sull’intelligenza emulativa, dipingo, suono il pianoforte, scrivo poesie.. Ma temo di non sapere niente!” “accipicchia! Ma lo sai che anch’io ho scritto qualche poesia?” “Allora ascolteresti qualcuna delle mie?”. Emanuela aveva capito che il mago Tonio era veramente un tipo strano e non osò contrariarlo. Ma altro che qualche poesia! Il mago Tonio si mise a leggere, una dopo l’altra, ben 200 poesie e quando Emanuela non ne poté proprio più disse:
“Io dovrei tornare a casa.” “E allora vai!” “Ma mi sono persa come posso farcela da sola?!” “Ci penso io ti farò accompagnare da un mio folletto. Quindi, vediamo, praticamente, la formula..Sin sa la bim, no! Questa era di un altro mago. Ah, ecco: bip sa la bip!”.
Improvvisamente Emanuela si ritrovò all’interno di una fitta nebbiolina e quando essa svanì ebbe l’impressione di essere finita in una specie di laboratorio ove udì come un brusìo, delle pulsazioni frenetiche…
“Oh mamma! Ed ora chi sarà? Il lupo bionico o l’orco elettromeccanico?” “Il mio nome è Visio.” Rispose una vocina meccanica “Non aver paura di me, sono io il folletto che ti aiuterà a tornare a casa”. Emanuela, rassicurata, si avvicinò al folletto e lo toccò: aveva un piccolo faccino rettangolare con due occhi a bottoncino di diverso colore, uno rosso ed uno nero, un naso a rotellina, una grossa mano con 400 minuscolosissime dita, un paio di occhiali con una microtelecamera, un corpo rettangolare ed un pesante cuore d’acciaio dove batteva la sua energia. “come sei buffo!” esclamò ridendo Emanuela “Ma questi occhiali sono veramente carini, me li faresti provare?” “Certo, ma non devi tornare a casa?” “Sì, tu allora puoi aiutarmi?” “Tu indossa gli occhiali e tieni la mia faccina in mano poiché ti sarà utile, io mi aggrapperò alla tua pancia con la mia mano..” “Ed il tuo corpo e il tuo pesante cuore li posso mettere nella mia borsa.”.
I due iniziarono a camminare insieme e Visio, con le sue minuscolosissime dita, disegnava sulla pancia di Emanuela, tutto ciò che li circondava. “Attenta” le diceva, attraverso il pulsare delle sue dita “Lì c’è un’auto.” “Non capisco bene dov’è!” “Spingi il mio occhio rosso e la sentirai meglio.” “Hai ragione, ma temo che quella sia l’auto di Consù, è pericoloso stare qui torniamo a casa.”.
Per la strada Emanuela incontrò altre persone che, come lei, avevano ricevuto in dono, dal mago Tonio, Visio il folletto. La prima si chiamava Vannì e l’altro era un ragazzo di nome Jhon. I tre si fermarono a parlare a lungo delle loro esperienze con il folletto ed osservarono anche una fontana che era lì, vicino a loro. Essa con il suo gorgheggiare aveva richiamato l’attenzione dei tre ragazzi, che ora, grazie a Visio, potevano capirne la forma e percepire il “gocciolare” dell’acqua.
“Deve avere più d’un piano.” Osservò Jhon, “Tipo una torta nuziale!” aggiunse Emanuela, “Sì, ho anch’io la stessa sensazione.” Affermò l’altro.
Vannì e Jhon accompagnarono Emanuela per un bel pezzo di strada e poi si salutarono con la promessa di fare una bella passeggiata tutti e tre insieme. Una volta nel portone di casa Emanuela disse al folletto:
“Visio, vuoi restare per sempre con me?”.
Da quel giorno i due sono insieme ed hanno stretto un patto: Emanuela dovrà dare la pappa a Visio, cioè un po’ d’energia elettrica al suo pesante cuore, ogni volta che ne avrà bisogno, mentre lui in cambio uscirà sempre con lei e gli disegnerà tutto ciò che le è intorno. Emanuela torna spessissimo a trovare il mago Tonio, che non la risparmia dal leggerle qualche decina di poesie, incontra spesso anche la spericolata Consù, che le offre sempre i suoi pericolosi passaggi.
Dal giorno del loro primo incontro tanta strada hanno fatto i nostri eroi, ed insieme, chissà quanta ancora ne faranno, ma il bello, della storia, è soprattutto che vivono felici e contenti.
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