Fantagiustizia politica
Un sogno, una speranza, un senso di ciò che è giustizia. La svalutazione delle parole non trova sensi o definizioni, tanti e tali sono gli appellativi che necessita coniare nuovi termini. La classe politica (o dirigente) non perde occasione per mostrare il meglio di sé, arroccandosi a difesa di una conquista sociale al di sopra dei cittadini. Uguaglianza e giustizia riempiono discorsi al pari di libertà e democrazia, di rispetto e diritto, di responsabilità e bene sociale. È avvincente vedere i nostri politici legati al mandato elettorale, lanciati, a spada tesa, nella difesa degli interessi nazionali. Non hanno interesse per un ministero, un sottosegretariato, un incarico nei consigli o enti controllati dal Governo, non vi è neanche il timore di lasciare “la gallina dalle uova d’oro” prima della scadenza del mandato parlamentare, le loro azioni hanno forza solo nell’interesse nazionale e dei cittadini. Chiaramente una diversa interpretazione è fuorviante o male interpretata.
Scendiamo nell’argomento, nella particolarità di fatti ed avvenimenti. Sfido chiunque a non credere che Ruby sia la nipote di Mubarak, lo ha detto lei, così come che era maggiorenne, piena fiducia in una povera ragazza bisognosa di qualche milione di euro, perché dovrebbe mentire!?! Lo stesso Parlamento attesta l’autenticità della dichiarazione, dopo ampio dibattito e valutazione, non è certo un piacere personale a qualcuno. La giustizia. Chi ha affrontato un processo o risoluzioni di contenzioso ne conosce i termini. Tempi brevi e certi sono la realtà di una giusta efficienza, per chi aspetta giustizia e per chi è imputato. L’obiettivo non è certo la prescrizione (breve o lunga che sia), questa è la speranza del colpevole. Si dimentica che il Parlamento e il Governo promulgano le leggi, la Magistratura le applica, la fantasia le discute.
Riformiamo la giustizia: i giudici sono responsabili degli errori commessi, accettiamone il fatto. Ogni giudice si assume onori ed oneri di sentenze giudiziarie. Chiaramente, nel contesto di uguaglianza e responsabilità, un avvocato difensore consapevole della colpevolezza del suo assistito, che inventa e manomette prove e testimoni, piuttosto che perseguire la giustizia del fatto, dovrà subire la stessa pena di cui è colpevole il teste. L’oscuramento della verità dei fatti, l’occultamento della conoscenza di prove, dovrebbe rendere colpevole chi le fa proprie (anche se gestite come accusa o difesa), al pari di chi ha commesso un’azione malavitosa. In questo ambito potrebbe svolgersi la partita della giustizia tra accusa e difesa.
È auspicabile che la brevità di un processo non sia definita solo per legge, è necessario che tutti gli attori che operano all’interno di un’aula di giustizia siano volti a perseguire un giudizio consono ai fatti avvenuti in un contesto che sembra ormai superfluo: “La legge è uguale per tutti“. Spesso il fantastico prende spunto dalla realtà, non ultimi gli eventi di politica parlamentare o delle elezioni. A Milano la competizione politica si veste di populismo: “Via le BR dalle Procure“, così si esprime un candidato frequentatore, con coordinatori e segretario, dei processi al Premier. Altro attore in cerca d’autore presenta in Parlamento la modifica del primo articolo della Costituzione, proponendo di aggiungere: “… la centralità del Parlamento quale rappresentanza politica della volontà popolare“. Queste le ultime esternazioni di una classe politica priva di concetto, con l’unico scopo di apparire nei media, inscenando inutili dibattiti fuorvianti della realtà.
Valutando i due episodi, si evince che non sono altro che le “prediche” o le continue “manifestazioni” che Berlusconi ci propone da anni. Giudici eversivi e comunisti; Parlamento e Governo senza potere, soggetti al controllo del Presidente della Repubblica o della Corte Costituzionale. Viene da pensare: fortunato Gheddafi oppure Castro, che non devono rendere conto alle istituzioni nei propri paesi. Il PDL si ritiene estraneo a queste proposte, Berlusconi neanche ne parla. In fin dei conti è o no il “Popolo delle Libertà”? Nessuno peraltro si chiede: quali?
Questo caos politico dove si parla per ottenere una vetrina, e dove le segreterie sono estranee o addirittura inesistenti, mi pone un quesito: i boss mafiosi che ordinano una risoluzione “dei conti” in un modo o un altro, di quale colpa sono accusati se un subalterno interpreta, in modo indipendente ed individuale, di risolvere il problema in maniera violenta? Mandanti ed esecutori come sono perseguibili? È mia personale supposizione che il mandante sia socialmente più pericoloso dell’esecutore.
Non ci sono commenti, vuoi farlo tu?
Scrivi un commento