“Esercizi di sesso”, di Rossella Monaco
Sketch che ritorna, circolare, abbracciando l’umano, stressato genere nel vortice del grottesco. Ambientato in una camera d’albergo, alcova d’incontri per presunti clandestini amanti, si espleta nelle migliori eredità della tradizione dell’avanspettacolo. Il tutto viene strutturato sul leit motiv del cioccolatino, rituale di circostanza, ma anche surrogato e persino oracolo di un fuggevole amplesso, con tanto di marito, palesato o alluso e comunque preposto a chiudere le quinte di un consunto tradimento. L’imbroglio, in primo luogo, è per il sé, dove l’altro si congiunge solo a pretesto. Ci si usa, più che accoppiarsi, in un comprovato e funzionale alibi esistenziale. Fotografie scattate in un loop congegnato per abbinare nevrosi collettive meglio identificabili nella sessualità. Quel che ne scaturisce è l’accomunante presunzione di un distinguo nel livellamento psico-emotivo, piuttosto che una parodia esasperata, volta a suscitare disinganno illusorio. Viene ridicolizzata una conforme proiezione d’ipocriti sentimentalismi, essenza del vano incarnato negli edulcoranti passaggi del gianduiotto di turno, paradosso d’innocenza che oltrepassa l’inferno in uno sbadato, persino sbiadito cinismo. Quello di Rossella Monaco è un testo che ha avuto il riconoscimento del premio di scrittura teatrale femminile Inner Wheel 2003 con conseguente stampa del libro e, nondimeno, un lungo percorso di repliche in più stagioni sul palcoscenico. Qualche retaggio del Belli fuoriesce nell’episodio denominato “didattico”, altri sono più di matrice verdoniana, come il “cronometrico” Furio; inoltre cioccolatino al Prozac per lo stereotipo “depresso” e reminescenze dantesche a tema, da “selva oscura” e “cul fatto trombetta”. “De gustibus” introduce all’omosessualità più perbenista, mentre l’ “animismo” è in grado di dare voce ai genitali gettando ombre sui rispettivi detentori. Approdo inevitabile nella sempre più attiva e smaliziata “terza età”, con tanto di cioccolatino al Viagra, passando attraverso “flamenco” ed addentellati televisivi con l’Arbore più circense, tra stravaganti citazioni stereotipate come “besame mucho”, “me gustas tu” o le “cinco de la tarde”. Sesso constatato, acutamente osservato e rielaborato, ma mai avvilito, semmai galvanizzato dall’intraprendente autrice che, attraverso il paradosso, ne narra un omologante, impotente fluire per lasciare intendere ben altre ragioni più profonde e peraltro da lei stessa meglio sintetizzate nel corso di un’intervista realizzata durante il tour teatrale dell’opera con Settimo Senso News: “Per me il sesso non è scisso dall’amore, ma lo comprende in una fusione cosmica”.
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