Erri De Luca riempie l’Artemisio con Mondadori: “Io, le mie storie e le schicchere di felicità”
Teatro Artemisio-Volonté pieno in ogni ordine di posto per la presentazione del libro “Il giro dell’oca”, edito da Feltrinelli, del grande Erri De Luca. Un incontro con l’autore splendido, un’ora intensa di chiacchierata fra il pubblico e lo scrittore partenopeo con tanti temi toccati, tanta ironia e una lunga retrospettiva sulla vita, avventurosa, e le esperienze di una delle penne più importanti sul palcoscenico internazionale contemporaneo. Prima di lasciare la parola all’ospite, ha dato il benvenuto Guido Ciarla, titolare della Mondadori Bookstore Velletri-Lariano-Genzano, ringraziando i presenti per la numerosa partecipazione e ribadendo la mission della Libreria, quella di fare aggregazione e cultura intorno al libro. Dopo un grande applauso ha quindi iniziato il suo dialogo con il pubblico, nel suo stile ironico e tagliente, Erri De Luca: “Io non sono autore delle mie storie. Sono il redattore di storie capitate a me, o a chi ho conosciuto. Il senso più democratico per assorbire i racconti è il tatto, perché è sparso in tutto il corpo, e carpisce più degli altri sensi. Mi considero, quindi, più che un autore, un narratore di un’esperienza fisica, faccio il viaggio a casaccio nei sensi e poi arrivo al capolinea, che è il cranio, dove sistemo quello che ho pensato”. De Luca ha raccontato, prima di entrare nel merito specifico de “Il giro dell’oca”, il suo modo di essere e di scrivere, come il genio si mette a tavolino e scrive le storie che diventano poi la passione di migliaia di lettori: “Sono più lettore che scrittore. Come scrittore posso essere soddisfatto, ma leggendo ricevo schicchere di felicità, che durano pochi istanti ma sono scintille che mi sorprendono vivo, vigile, attento. La mia passione è per la poesia, mi fa mettere sul naso degli occhiali particolari con cui la verità mi sembra più nitida, anche se poi magari diventa ovvia. Come temperamento” – ha detto Erri De Luca – “sono un incidente, non sono da vicolo napoletano ma da fiordo norvegese. Fra le tante caratteristiche necessarie ad iscriversi all’albo dei napoletani, come diceva Eduardo ne ‘Il passaporto’, alcune mi mancano”. La costanza e la consapevolezza di scrivere sia per sé che per gli altri portano alla nascita dei romanzi di De Luca: “Io che sono così caratterialmente chiuso, scrivo delle storie per me. Ho un’idea vaga, un canovaccio, poi l’innesco è il fatto che me la ricordo. Mentre la metto su carta la storia mi scappa, su quei quaderni a righe… poi la ricopio due volte, si prolunga la compagnia che la scrittura mi offre. Se mi annoia, non viene pubblicata. Il mio è un lavoro da amanuense. La prima che leggeva, quando era in vita, era mia madre. Mi ha dato anche dei buoni consigli. Adesso invece me le rileggo solo…”. Uno dei concetti più presenti nella poetica e nella narrativa di De Luca è sicuramente quello di verità. Anche ne “Il giro dell’oca” questo principio non viene meno, dato che si tratta di una storia pensata dalla realtà: “La verità è scostumata, non è mai inverosimile. Le storie sono un tono di voce, quando sto scrivendo devo sentirlo. La conversazione è tra me e la storia, tutto nasce da uno sfondo orale”. In molti hanno definito, critici e giornalisti, quella pubblicata da De Luca la sua storia più intima: “Forse è quella più spudorata, perché dico cose che in teoria sono riservate e mie. È una conversazione immaginaria, neanche tanto perché in casa sono pieno di voci a cominciare dal camino, tra me e un figlio spiritualmente e fisicamente diverso e mai avuto. Questa conversazione mi ha permesso di attraversare il mio tempo passato”. Figlio del Novecento, l’autore napoletano ha parlato molto del “secolo breve”, con i suoi pregi e i suoi difetti: “Il ‘900 è un secolo impegnativo perché ha caricato le persone del peso della storia. Io non ho fatto nulla che non mi sia capitato, mi sono trovato in tanti vicoli ciechi. Non avevo in testa di fare lo scrittore, praticavo la scrittura per il suo potere isolante. Per me scrivere è l’inespugnabilità, il massimo del concentrato fisico e mentale. In questo libro c’entra tutto quello che ho combinato”. Oltre allo stile, al modus operandi e alla storia, “Il giro dell’oca” è biografia pura e contiene anche passioni letterarie: “Il mio libro preferito è il ‘Chisciotte’, di De Cervantes. Lo ho letto in due periodi diversi della vita, e lo ho apprezzato da grande. Chisciotte non trova mai la sconfitta definitiva, lo aspettano sempre altri guai, ma ogni guaio per lui è qualcosa per cui battersi. Nazim Hikmet lo definisce il cavaliere invincibile degli assetati: ecco quello che fa la poesia anche con la letteratura, anche qui ci mette gli occhiali. Personalmente ho capito che gli invincibili non sono quelli che vincono, ma quelli che si battono dopo che hanno perso perché credono nella loro battaglia. Io mi identifico con Ronzinante, ogni buona causa che ho incrociato mi ha costretto ad andare in quella direzione quasi senza volerlo”. E sull’impegno civile, la guerra e le lotte contro l’ingiustizia si è aperto un lungo dibattito con varie domande dal pubblico, molte delle quali riferite alla preoccupazione dei padri per i figli della generazione odierna, sempre più persa e priva di quei riferimenti che nel Novecento, volente o nolente, erano ferrei. Erri De Luca ha risposto cortesemente a tutte le domande prima di concedersi al firma-copie e alle splendide foto ricordo scattate da Paolo Pace dell’Associazione Click!. Un pomeriggio da incorniciare con la Mondadori di Velletri, la cui programmazione non si ferma e continua: domenica 10 febbraio alle 18.30 arriverà nella Libreria di via Pia Antonio Manzini per presentare “Rien van plus” (Sellerio), l’ultima avventura di Rocco Schiavone.
Rocco Della Corte
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