Eritrei deportati, appelli per il rispetto del Diritto internazionale
“Per salvare la vita ai circa 300 eritrei che si trovano ora rinchiusi nel centro di detenzione di Sebha in Libia il Governo italiano deve muoversi immediatamente usando tutti i mezzi diplomatici e tutte le pressioni politiche del caso”: è l’appello rivolto da Jean Leonard Touadi, parlamentare italiano, sulla vicenda dei circa 300 migranti irregolari eritrei protagonisti tra il 29 e 30 Giugno di una rivolta nel centro di detenzione libico di Misratah, dopo che le autorità libiche avevano fatto firmare un foglio di rimpatrio forzato. A distanza di due giorni, sottolinea il parlamentare, il governo di Roma continua a tenere “un silenzio imbarazzante” pur di fronte ad una palese violazione del diritto internazionale che, aggiunge, “deve far riflettere sull’opportunità degli accordi per i respingimenti presi con il governo libico”. Dal canto suo, Mario Lana, presidente dell’Unione forense per la tutela dei diritti dell’uomo, non esita a parlare di possibile “disastro umanitario”, poiché i migranti sono per lo più persone “che se tornassero nel loro paese sarebbero sottoposte a violenze di ogni genere”. Le organizzazioni umanitarie denunciano che in seguito alla rivolta, i circa 300 eritrei, tra cui numerose donne e bambini, sono stati caricati su container chiusi, senza cibo e acqua, e deportati nel centro di Sebha, affrontando un viaggio di oltre mille chilometri e da lì saranno probabilmente rimandati in Eritrea.
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