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Eravamo solo italiani

Eravamo solo italiani
Aprile 07
19:23 2013

eravamoQualcuno di voi ha letto il libro Ci chiamavano fascisti. Eravamo italiani. Istriani, fiumani e dalmati: storie di esuli e rimasti? Jan Bernas, giornalista polacco ha scritto in italiano questo libro che ha fatto meditare molta gente, in particolare il cantante Simone Cristicchi che ha cominciato a interessarsi al problema. Cristicchi racconta che, quando andava al liceo, passava con l’autobus per la via Laurentina e vedeva il cartello “Quartiere Giuliano Dalmata” chiedendosi chi fosse quel signore Giuliano Dalmata a cui era titolato un intero rione. Ora ha scritto una canzone dedicata agli esuli e porterà in giro per l’Italia uno spettacolo derivato da quel libro.

Io voglio dire, da esule quale sono, che la nostra storia, nascosta per tanti anni, non è stata solo nascosta ma anche mistificata. Perché gli esuli se ne andavano dalle loro case solo perché, da italiani, erano perseguitati e indotti a farlo e non perché fossero fascisti. Voglio illustrare questo fatto con un esempio lampante, quello di Angelo Adam (1898-1046). Chi è Angelo Adam? Nacque a Fiume il 20 aprile del 1898, ebreo, figlio di padre operaio nelle ferrovie e operaio autodidatta egli stesso. Alla morte prematura del padre dovette abbandonare la scuola “Cittadina” cioè l’avviamento ed andò a lavorare presso un meccanico. Iniziò a studiare meccanica sui Manuali Hoepli e si iscrisse ad una scuola per corrispondenza, in conseguenza di ciò il padrone lo raccomandò e venne assunto presso il famoso Silurificio fiumano. Intanto coltivava idee politiche ispirate a Mazzini ed ebbe qualche guaio con la polizia austroungarica per partecipazione a tumulti. Quando stava per scoppiare la prima guerra mondiale, si recò a Pola sotto falso nome perché voleva trovare una barca per andare in Italia per arruolarsi volontario. L’occasione mancò e fu internato nel campo di concentramento di Wagna come civile. Tornò a Fiume nel 1918, quando il potere austriaco andava disgregandosi. Qui si arruolò nella Guardia civica che difendeva Fiume dalla pretese annessionistiche slave. Partecipò all’impresa di Fiume da posizioni socialiste moderate. Fu ostile al fascismo da subito, tanto che dovette riparare a Susak, allora territorio slavo e poi a Parigi. Dopo l’amnistia del ’32 tornò in Italia ma fu ben presto arrestato e confinato a Ventotene. Vi rimase prigioniero per undici anni fino al 25 luglio del ’43. Tornò a Fiume, dove operò ispirandosi agli ideali del Risorgimento. Ma poco dopo l’8 settembre a Fiume arrivarono i tedeschi e allora si unì ai partigiani. Scoperto, fu arrestato e deportato il 2 dicembre 1943, a Dachau, matricola 59001. Riuscì a sopravvivere e tornò nel ’45 dalla famiglia (aveva moglie e figlia) a Fiume. Ma, adesso c’è il ma… trovò Fiume nelle mani dei partigiani di Tito. Felice e contento s’iscrisse al sindacato, fondato dai comunisti italiani asserviti al nuovo regime, ma si lamentò dei metodi del sindacato stesso perché voleva difendere l’appena nata democrazia e l’italianità di Fiume. Nella lotta alla dittatura dell’Arrigoni (sostenuto dagli slavi) fu seguito da molti iscritti e fu eletto capo del sindacato a maggioranza con il 70% dei voti. Non si rese conto del problema neanche quando vide licenziare molti degli operai che avevano votato per lui. Egli credeva nel sole dell’avvenire e nelle belle parole che erano state propinate a destra e a manca dai nuovi occupanti la città. E quindi finì infoibato, liquidato dall’Ozna perché si ostinava a rendere autonomo il sindacato italiano dal partito comunista slavo. Stava per partire per Milano, dove avrebbe incontrato i massimi esponenti del Comitato di liberazione nazionale per l’Alta Italia (C.L.N.A.I.), quando venne arrestato dai partigiani slavi comunisti. Nei giorni successivi venne arrestata anche la moglie Ernesta Stefancich, e subito dopo anche la figlia diciassettenne Zulema Adam, che si era recata presso le autorità cittadine per chiedere informazioni sulla sorte dei genitori. Non si è avuta alcuna notizia sulla loro sorte. Presumibilmente sono stati infoibati tutti e tre. Mi dite che colpa poteva avere la Zulema Adam? Chiaramente tutti quegli operai licenziati o sono scappati in penisola o sono finiti male… inutile approfondire altri casi. Fu pulizia etnica? Ai posteri l’ardua sentenza.

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