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Diceva il grande Eduardo: “Teatro significa vivere sul serio quello che gli altri, nella vita, recitano male”. Stavolta però si sorride e si riflette sul senso della vita, soprattutto quella successiva alla morte… Se la spassano i defunti nel cimitero, in barba all’efficiente e scrupoloso camposantaro che nel suo regno tutto vuol tenere sotto controllo, ben pulito e sistemato. In vino veritas ed ecco che, alla fine di un’abbondante libagione, non certo intesa come offerta sacrificale in onore dei defunti, ma molto più prosaicamente un dissetarsi senza autocontrollo, il nostro camposantaro, er sor Pietro, si ritrova a tu per tu con i defunti, madre compresa – Checca – magistralmente interpretata da Lina Furfaro, l’esordiente del gruppo che ha saputo ben sorprendere tutti i suoi estimatori (e non) per l’immediatezza della sua performance, molto naturale e spontanea. Vizi, virtù, debolezze, difetti , rancori e mille altri sentimenti certamente poco “spirituali” emergono nella divertente commedia in tre atti, scritta e diretta da Aldo Coloprisco, noto scrittore calabrese e tradotta nell’idioma trilussiano da Antonio Perelli, Presidente dell’ Unione Italiana Libero Teatro, presente in sala .
Il pubblico si è divertito e ha a lungo applaudito, giovedì grasso 4 febbraio nel Teatro della Forma a Roma. Tutti bravissimi gli attori della Compagnia dei Capocotti: Ferdinando Albanese, Angela Tedesco, Maria Santoro, Mariano Pistella, Alessio Calvitti, Mario Filligheddu, Angelo Notarrico, qualcuno impegnato a interpretare anche più personaggi. Singolare la scenografia realizzata da Carmelita Tripodi e Angelo Notarrico, ameno luogo rispondente in pieno alla realtà del giardino dell’ultima dimora terrena. Un elogio a parte al giovanissimo Leonardo Pistella, vero jolly di tutta la Compagnia, figlio d’arte, che ha nel sangue il teatro e con naturalezza calca la scena. Vivere giocando con la fantasia allunga i sogni… a quando la prossima commedia?
Rita Gatta