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Enoturismo, crescita lenta ma costante

Febbraio 11
17:29 2016

Nel 2017 avremo 12 milioni di enoturisti lungo le Strade del Vino italiane

Presentato alla Bit il XII Rapporto sul Turismo del Vino. Città del Vino e Movimento Turismo del Vino firmano un protocollo d’intesa per azioni e strategie condivise.

Oltre 2,5 miliardi di euro la spesa dei turisti del vino in Italia, ma il settore soffre di alcuni problemi: la qualità dell’offerta e dei servizi sul territorio e nelle cantine sono disomogenei e non sempre adeguati, la carenza di progetti e finanziamenti quadro, la formazione professionale e la promozione spesso inefficaci. Le difficoltà dei piccoli Comuni e le occasioni mancate, come l’Expo troppo “milanocentrica” che non ha portato benefici, né visite e visibilità a oltre “8 cantine su 10”.
Una spesa enoturistica di 2,5 miliardi di euro condivisa tra cantine e territori, ma anche forti limitazioni alla crescita per mancanza di finanziamenti pubblici ad hoc e progetti pubblico-privati d’ampio respiro per far decollare un mercato – il turismo del vino – che potrebbe creare più occupazione, più benessere e qualità ambientale. Se la maggioranza delle cantine italiane deve perfezionare i servizi e l’offerta d’accoglienza, anche con una formazione professionale tuttora carente, i servizi dei Comuni sono percepiti appena “sufficienti” dalla metà del campione, a parte i casi d’eccellenza; tutto questo in un periodo di tagli e difficoltà di gettito per gli enti locali, sui quali pesa anche il recente stop all’imposta di soggiorno per quei Comuni che non l’avevano introdotta prima della manovra finanziaria 2016.
Il dato del campione considerato dal rapporto, se proiettato a livello nazionale, lascerebbe supporre per il prossimo anno di toccare il tetto di 12 milioni di visite enoturistiche.

“Dal Rapporto emergono chiaramente due evidenze – afferma Floriano Zambon, presidente di Città del Vino -. Il numero degli arrivi in cantina continua ad aumentare e il valore economico dell’enoturismo contribuisce sempre più alla ricchezza complessiva dell’Italia”.

Dal generale al particolare, crescono nel 2015 gli arrivi rispetto al 2014, nonostante le criticità ricordate, ma l’enoturismo continua a non essere una destinazione per tutti: le “barriere architettoniche”, infatti, impediscono l’accesso ai luoghi del vino ai disabili nel 51,61% dei casi. Va peggio per i ristoranti delle aziende, “proibiti” a 7 disabili su 10. Colpisce anche la percezione degli operatori del settore sul mancato effetto Expo, considerato “troppo milanocentrico” e con scarse ricadute sui territori, in particolare i più periferici: oltre 8 cantine su 10 non hanno registrato benefici in termini di arrivi e visibilità dall’Esposizione Universale.

È quanto emerge dal XII Osservatorio sul Turismo del Vino presentato oggi alla Bit di Milano da Città del Vino e Università di Salerno, che anticipa anche la nuova alleanza tra la rete dei 450 Comuni italiani a vocazione vitivinicola e il Movimento Turismo del Vino grazie a un protocollo d’intesa che consentirà alle due associazioni di intervenire in modo coordinato e condiviso su vari aspetti che riguardano lo sviluppo dell’enoturismo.
Durante la presentazione – che si è tenuta presso lo stand della Regione Marche, le Città del Vino hanno annunciato anche i nuovi grandi eventi dell’anno in corso: il programma di Conegliano-Valdobbiadene “Città Europea del Vino 2016” (oltre 150 eventi sul territorio), la nuova edizione del concorso enologico delle Città del Vino Europee “La Selezione del Sindaco”, in programma a L’Aquila dal 26 al 28 maggio 2016; e Calici di Stelle (in programma dal 6 al 14 agosto), organizzata dal Movimento Turismo del Vino in collaborazione con le Città del Vino nelle piazze di oltre 200 Comuni italiani.

Enoturismo in Italia, analisi di un fenomeno
Nel 2014 nelle cantine intervistate sono state registrate 118.047 “visite enoturistiche”, nel senso che la stessa persona può aver visitato più cantine e anche la stessa cantina più volte nell’anno. Tale numero di arrivi ha prodotto un fatturato aziendale di 2.372.188 euro. La degustazione è gratuita nel 65,38% dei casi nel 2014 e nel 68,18% dei casi nel primo semestre 2015. Per le degustazioni a pagamento, la maggioranza delle cantine prevede un “biglietto” dai 5 a 10 euro a persona.
Il dato del campione proiettato a livello nazionale lascerebbe supporre 11.804.700 “visite enoturistiche” e una stima di fatturato di 237.218.800 euro. Nel primo semestre 2015 sono stati registrati 73.804 arrivi e un fatturato relativo di 1.398.410 euro (stima nazionale: 7.380.400 di visite enoturistiche nel primo semestre, con 139.841.000 di euro di fatturato, e 14.760.800 visite enoturistiche in tutto il 2015, per una stima di fatturato aziendale di 279.682.000 euro).

“Sono dati di notevole rilevanza – fa notare l’Osservatorio di Città del Vino – molto superiori alle cifre emergenti da altre valutazioni, ma da sottoporre a un pensoso giudizio di affidabilità, mancando nella maggior parte dei casi una sistematica rilevazione da parte delle aziende.”

Il valore del fatturato così espresso potrebbe ingannare dando l’impressione di essere clamorosamente sottostimato, poiché il valore dell’enoturismo italiano secondo l’Osservatorio 2015 si aggira intorno ai 2,5 miliardi di euro (Città del Vino, Anteprima BIT 2015). Si segnala, tuttavia, che si sta parlando del fatturato derivante esclusivamente dagli “arrivi in cantina”, da una parte escludendo l’indotto collegato (che moltiplica sul territorio fino a 5 la somma complessiva delle spese di viaggio, vitto, alloggio e simili) e dall’altra non potendo valorizzare con precisione la vendita “enoturistica” di bottiglie; poiché impossibile distinguere, tra numerose risposte non perfettamente congruenti, le vendite in cantina come “vendita” e le vendite in cantina come “enoturismo”.

Il valore dell’enoturismo come attività economica sul territorio si aggira dunque intorno a 1,2 miliardi di euro nel 2014 e a 1,4 miliardi nel 2015. A queste cifre bisogna aggiungere il fatturato della vendita in cantina derivante “esclusivamente” dall’enoturismo. Per tutti questi ragionamenti, in assenza di precise, se non impossibili, rilevazioni sul campo, è ragionevole affermare che il valore globale dell’enoturismo in Italia si confermi sui 2,5 miliardi di euro.

Altri dati interessanti, il 47,54% delle cantine intervistate produce anche altri prodotti agricoli, mentre il 45,31% eroga anche servizi di accoglienza (ristorazione, pernottamento, etc.) e, in particolare, il 31,25% produce anche energia.

Le criticità dell’accoglienza enoturistica
Ci sono ancora tanti aspetti da migliorare per quanto riguarda l’offerta proposta e l’impegno delle pubbliche amministrazioni.
Nelle aziende vitivinicole, ad esempio, le “barriere architettoniche” impediscono ai disabili l’accesso ai luoghi del vino nel 51,61% dei casi; ma sono comunque accessibili nel 48,39%. La sala ristorante è “proibita” ai disabili nel 70% dei casi e le cucine sono attrezzate per rispondere ad allergie e intolleranze alimentari solo nel 26,67% dei casi: 7 volte su 10 non lo sono.

Tra le criticità per i servizi erogati dal Comune a sostegno dell’offerta enoturistica, il 50,01% dà un voto almeno pari a 6 (la sufficienza), ma il 49,99% giudica tali servizi insufficienti. I servizi erogati dai Comuni non sono considerati da tutti di buona qualità: il campione si spacca in due tra chi li giudica almeno sufficienti e chi li giudica decisamente insufficienti.

In generale, le aziende vitivinicole non sono ancora perfettamente organizzate per la ricezione enoturistica, sicuramente in termini di servizi, ma anche e soprattutto in termini informativi: non sanno prevedere quanti visitatori arriveranno, quanti sono gli arrivi effettivi, quanti hanno comprato come visitatori o come “clienti abituali”. Non si registrano le visite, e nemmeno i contatti, etc. Tuttavia, si avverte una diffusa percezione di ampi margini di sviluppo per l’enoturismo, dato che molti intervistati si stanno organizzando con servizi di ristorazione e pernottamento poiché ne hanno “continua richiesta”.

“Una situazione che richiede almeno due direzioni di marcia: sul pubblico e il privato. Da una parte, con la giusta autocritica degli enti locali, va sviluppato un maggior dialogo tra Comuni e operatori con indagini di customer satisfaction
e altri strumenti di raccolta di richieste, segnalazioni e suggerimenti – dichiara il presidente di Città del Vino, Floriano Zambon -. Dall’altra serve più cultura d’impresa nella progettazione, organizzazione ed erogazione dell’offerta enoturistica, a cominciare da corsi di formazione per gli imprenditori, i manager e gli addetti. Oltre il 30% del campione ammette di non aver usufruito di un corso di formazione”.

“La formazione – afferma Carlo Pietrasanta, presidente del Movimento Turismo del Vino – è un aspetto strategico per la qualità dell’accoglienza enoturistica in cantina. Molti passi avanti sono stati fatti e MTV ne è stato protagonista. Ora occorre che anche gli Enti pubblici, in particolare Governo e Regioni, facciano la loro parte per trovare le risorse necessarie a sostegno della formazione. Non basta fare buon vino: occorre saper accogliere i turisti, offrire servizi sempre più aggiornati ed efficienti, costruire una rete di relazioni tra i diversi soggetti pubblici e privati dei territori perché la qualità dell’offerta sia basata su idee e progetti condivisi. Molte cantine si stanno attrezzando e investono risorse. Già sarebbe un risultato vedergli riconosciuto questo sforzo, magari defiscalizzando gli investimenti fatti per sviluppare l’enoturismo”.

Stop alla tassa di soggiorno. Nuovi “tagli” ai piccoli Comuni
Città del Vino, rete di 450 Comuni italiani a vocazione vitivinicola, lancia l’allarme per i nuovi “tagli” agli enti locali previsti dallo stop all’imposta di soggiorno, che avrebbe portato nelle casse comunali per il prossimo anno almeno un milione di euro, prevista dalla manovra finanziaria 2016. Il provvedimento decretato dall’articolo 1 comma 26 della Legge di Stabilità sospende, infatti, fino al 31 dicembre 2016, il potere dei Comuni di deliberare aumenti di tributi. Ciò vuol dire che i Comuni capoluogo di Provincia, le Unioni di Comuni nonché i Comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d’arte si trovano momentaneamente impedita la possibilità di introdurla con effetto nel 2016, ovvero applicando per la prima volta il tributo, così come momentaneamente impedita la possibilità di apportare incrementi alle aliquote già in vigore nel 2015.

“A proposito di risorse – aggiunge Floriano Zambon, presidente delle Città del Vino – è opportuno che il Governo aggiorni e rifinanzi la legge sulle Strade del Vino, ormai ferma al 1999, andando poi ad armonizzare le diverse leggi regionali nate sulla scia di quella norma. E sempre in tema finanziario, appare incoerente aver introdotto per i Comuni la tassa di soggiorno, destinata a finanziare progetti e programmi di sviluppo turistico locale, se poi oggi non tutti i Comuni possono istituirla dato il blocco di nuove tasse, che appare più demagogico che realmente utile, creando una evidente disparità tra i territori che la possono applicare e quindi usufruire di quelle risorse e chi non ha soldi da investire. Non siamo certo esponenti del partito delle tasse, ma chiediamo perequazione e pari opportunità. Altrimenti intervenga lo Stato con programmi e finanziamenti ad hoc in favore dell’attrattività enoturistica nazionale che, come dimostra il nostro rapporto, ha grandi potenzialità di crescita”.

“A destare preoccupazione è la disparità tra i territori introdotta dal provvedimento – afferma Paolo Benvenuti, direttore dell’Associazione Città del Vino – e chi, trovandosi in procinto di farlo, si vede oggi costretto a sospendere il percorso di condivisione con gli operatori del settore iniziato prima dell’approvazione della legge di stabilità. Contestualmente si rafforza il dubbio che la destinazione del relativo gettito non sempre finalizzato puntualmente a interventi in materia di turismo, fruizione e recupero dei beni culturali e ambientali, abbia inciso non poco su tale decisione, creando così una forte limitazione rispetto a chi ne progettava invece il buon utilizzo a favore del territorio”.

Un’Expo Milanocentrica
E veniamo ora all’Esposizione Universale di Milano, da poco conclusa. Due gli aspetti da sottolineare: l’Expo non ha portato grandi benefici diretti alle cantine in termini generali e di visibilità; le cantine hanno partecipato poco alle iniziative. Queste le risposte al questionario:

– il 71,88% non ha partecipato come operatore alle iniziative del Padiglione Vino;
– il 56,67% ha partecipato come visitatore alle iniziative del Padiglione Vino;
– il 60,71% non ha partecipato come operatore ad altre iniziative dell’Expo;
– il 77,42% ha partecipato come visitatore alle iniziative dell’Expo;
– l’84,38% non ha avuto benefici dall’Expo in termini di arrivi;
– l’84,38% non ha avuto benefici dall’Expo in termini di visibilità;
– l’83,87% non ha avuto benefici dall’Expo in termini generali.

In sintesi il contributo dell’Expo e del Padiglione Vino allo sviluppo della visibilità, dell’incoming e nelle ricadute dell’offerta enoturistica sui territori è giudicato sfavorevolmente dalla stragrande maggioranza del campione, con risposte negative sempre al di sopra dell’80% (a conferma, a solo titolo di esempio, anche http://www.lucianopignataro.it/a/expo-sbagliate-le-previsioni-sulturismo/100295/ come del resto e purtroppo già anticipato dall’Anteprima del XII Rapporto sul Turismo del Vino di Città del Vino alla BIT 2015).

La metodologia
La nuova indagine ha un’impostazione metodologica innovativa: ha preso come campione le cantine italiane, protagoniste dell’offerta enoturistica; le cantine sono state selezionate dal database di Città del Vino; il questionario è stato progettato da un gruppo di ricerca del corso di perfezionamento Universitario e aggiornamento culturale in Wine Business dell’Università degli Studi di Salerno ed è stato strutturato in sezioni/domande e testato su alcuni operatori del turismo del vino prima dell’indagine sul campo. Inoltre il questionario è stato concepito per essere completamente “online”, così da semplificare la compilazione dei campi, la correttezza delle risposte e il successivo allestimento del database. La metodologia così definita può essere considerata una Best Practice, grazie a un sistema d’indagine efficientemente replicabile in ricerche successive.
Hanno risposto all’indagine 80 cantine, la cui produzione complessiva
vale circa 480mila ettolitri. Poiché in Italia nel 2014 sono stati prodotti 44,7 milioni di ettolitri il campione rappresenta l’1% (per difetto) del panorama enologico italiano. Assumendo che possa esserci con tutte le limitazioni del caso un legame proporzionale tra produzione (variabile proxy) e servizio enoturistico (variabile indagata) i valori emersi dal campione sono moltiplicati per 100 per ottenere una stima nazionale.
Associazione Nazionale Città del Vino – Ufficio stampa

Massimiliano Rella

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