“Eni carrettu u nun avi parola, ma cantari à fa a so storia”
“Eni carrettu u nun avi parola, ma cantari à fa a so storia” (È carretto e non ha parola, ma cantare vuole la sua storia).
Inizia così la poesia di Giovanni Virgadavola, uno degli ultimi “cuntastorie” di Sicilia, riferendosi al carretto siciliano.
“Questa piccola scatola di legno, sorretta da due grandi ruote gialle”, come la definì Guy de Moupassant, porta dipinta sui fianchi storie antiche e fantastiche:
le gesta dei Cavalieri Medievali, gli episodi della Divina Commedia, del Vangelo e altre rappresentazioni nate dalla fantasia degli artigiani siciliani.
Signore delle strade di campagna e impraticabili del secolo scorso, il carretto siciliano è oggi una memoria del passato, testimone di una società e di una cultura contadina che, ormai, non esiste più e che, in mancanza della lettura e della scrittura, si esprimeva attraverso le immagini ed i versi dei cantastorie.
Grazie alla passione di Giovanni Virgadavola, è ancora oggi possibile ammirare a Vittoria, in provincia di Ragusa, un’ampia raccolta di carretti siciliani con i relativi addobbi e decorazioni (mascellari dipinti, ruote, chiavi, gualdrappe e pennacchi): una tappa interessante per chi, in viaggio nella splendida Val di Noto, può riscoprire un pezzo di cuore del nostro passato.
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