Energy drink, “no alla pubblicità davanti alle scuole”
Aumenta in modo esponenziale il consumo di bevande cosiddette Energy drink che, ampiamente pubblicizzate, assicurano effetti benefici e defatiganti, consentendo di affrontare sforzi prolungati e di mantenere concentrazione e veglia. Oltre alle perplessità e i possibili rischi per la salute è inaccettabile che di fronte a scuole e università ci siano momenti di marketing di questi prodotti, in cui tra macchine sportive e colori sgargianti, vengono fatte assaggiare e regalate ai ragazzi bibite favoleggiandone contemporaneamente le proprietà energetiche e la possibilità di andare oltre i propri limiti fisici che darebbero a chi ne fa uso. Come prima cosa, segnalo infatti che diversi paesi europei (Danimarca, Norvegia, Francia) hanno vietato la vendita di alcune tra queste bevande, alla luce di decessi improvvisi di giovani e sportivi in concomitanza con l’assunzione, e in base all’esigenza di ulteriori accertamenti sull’effettiva non pericolosità del cocktail di sostanze che le compongono (è il caso del glucuronolattone, presente in quantità di oltre 100 volte superiore alla Dose Giornaliera Raccomandata); inoltre, ribadisco l’estrema aggressività e pericolosità delle campagne pubblicitarie, che puntano ad un mercato di giovani e giovanissimi, per i messaggi altamente diseducativi che contengono.
La pubblicistica che viene distribuita ai ragazzi mette continuamente l’accento sulla possibilità di affrontare tra le varie prove, anche quella della guida prolungata, con le immaginabili conseguenze disinformative sui giovani, già una delle categorie più esposte al rischio di incidenti. Ritengo che i nostri figli abbiano bisogno di messaggi che spieghino l’importanza della responsabilità verso sé stessi e gli altri, non di essere indotti a preferire una bevanda a un po’ di sano riposo o di un cambio alla guida di un’automobile. Proporrò, insieme ad Antonietta Grosso Vice Presidente della Commissione Lavoro, Pari Opportunità, Politiche Giovanili e Politiche Sociali della Regione Lazio, da me presieduta, che ha già denunciato il problema, l’adozione di un codice etico per la pubblicità, che affermi il rispetto per le categorie “protette” quali giovani, anziani, le diversità culturali e di genere, e che tuteli il diritto alla salute di tutti i cittadini.
Le istituzioni devono fare la loro parte nell’impedire che il libero mercato si trasformi in anarchia e legge del più furbo, soprattutto quando questa furbizia viene giocata sulla salute dei ragazzi e delle giovani generazioni. Bisogna innescare un circuito virtuoso in questo settore, che metta in un angolo chi utilizza tecniche di marketing che mettono a rischio la collettività per gli interessi di qualche azienda.
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