Energia: al via i test sul dispositivo ENEA-PoliTO per produrre elettricità dal mare
Un sistema che si candida a fornire energia alle tante piccole isole italiane non autosufficienti
ENEA e Politecnico di Torino hanno messo a punto la versione 2.0 del PEWEC[1], il convertitore di onde marine in energia elettrica per il Mediterraneo, dove le onde sono di piccola altezza e alta frequenza. Questo sistema low-cost di produzione di energia dal mare si presenta particolarmente interessante per le tante piccole isole italiane non autosufficienti energeticamente, dove la fornitura di elettricità è garantita da costose e inquinanti centrali a gasolio.
Il nuovo sistema galleggiante, simile a uno scafo di forma semicircolare da posizionare in mare aperto, è in grado di produrre energia elettrica sfruttando l’oscillazione del dispositivo per effetto delle onde. “Il PEWEC 2.0 presenta alcune migliorie tecnologiche rispetto alla versione precedente. Un prototipo in scala 1:25 è stato testato presso la Vasca Navale dell’Università Federico II di Napoli per studiare la risposta dello scafo e degli ormeggi a onde estreme. Abbiamo esposto il dispositivo hi-tech a serie di onde particolarmente alte (in scala) sia regolari che irregolari, generate artificialmente all’interno del bacino di test, evidenziando un’ottima capacità di tenuta e di produzione elettrica del sistema anche in condizione estreme. Questo tipo di prove sono fondamentali per valutare le prestazioni e la resistenza dei convertitori anche in situazioni critiche di onde da tempesta”, spiega Gianmaria Sannino, responsabile del Laboratorio ENEA di Modellistica Climatica e Impatti.
ENEA e Politecnico di Torino stanno lavorando ora alla realizzazione del progetto preliminare del PEWEC in scala 1:1 da installare lungo le coste “più energetiche” del Mediterraneo, come ad esempio la costa occidentale della Sardegna e il Canale di Sicilia. Il dispositivo da 525kW sarà lungo 15 metri, largo 23 e alto 7,5 per un peso comprensivo di zavorra di oltre 1.000 tonnellate. Il team di ricercatori inoltre sta studiando la riduzione dei costi del dispositivo e l’aumento dell’efficienza di trasformazione dell’energia, tramite l’adozione di materiali a basso costo e l’integrazione di pannelli fotovoltaici. Ciò garantirà un abbattimento del costo dell’energia, rendendo il dispositivo competitivo rispetto alle altre tecnologie rinnovabili[2] più mature.
“Il team del Politecnico di Torino Lab ha sviluppato avanzati codici numerici per lo sviluppo della tecnologia e la previsione della producibilità del dispositivo PEWEC. Sono stati adottati codici di ottimizzazione genetica, basati sul concetto di selezione naturale darwiniana, per ridurre il costo dell’energia del dispositivo. Le prove sperimentali effettuate presso la Vasca Navale di Napoli sono state invece fondamentali per dimostrare e validare i promettenti risultati numerici ottenuti”, afferma Giuliana Mattiazzo del Politecnico di Torino, responsabile del centro ricerca MOREnergy Lab (Marine Offshore Renewable Energy Lab).
“Per stimare il mercato potenziale nel bacino del Mediterraneo partiamo da questi dati: nel nostro Paese si contano più di 50 isole minori con una popolazione media di circa 2.500 abitanti, un consumo medio pro-capite di 6 kWh/g e un costo dell’energia molto elevato. Una decina di questi dispositivi potrebbero produrre energia elettrica per un paese di 3mila abitanti, contribuendo in modo significativo a contrastare i fenomeni di inquinamento e di erosione attraverso la riduzione dell’energia delle onde che si infrangono sulla costa, senza impattare in maniera significativa su flora e fauna marine”, aggiunge Sannino.
L’installazione del PEWEC può arrivare a soddisfare del tutto il fabbisogno energetico di isole medio-piccole che basano il proprio approvvigionamento di energia su impianti a combustibili fossili. Queste tecnologie sono implementabili non soltanto nella fornitura di energia elettrica per usi domestici o civili, ma anche industriali (ad esempio nell’acquacoltura). L’energia elettrica negli impianti di acquacoltura è sempre maggiormente utilizzata per i fini di distribuzione del cibo, ricircolo dell’acqua/ossigenazione, illuminazione. Il costo dell’energia elettrica dovuto al solo gasolio per la produzione del pesce negli impianti di acquacoltura marina è valutato al 2018 nel range 0,4-0,6 €/kWh e corrispondente al 19% – 45% del valore di vendita all’ingrosso del pesce prodotto. L’impatto di un sistema come il PEWEC permette la produzione eco-compatibile di energia in loco in un’ottica di green fish farming.
Ma per lo sviluppo dell’energia dal mare, il “Working Group Ocean Energy” del SET Plan, presieduto da ENEA dal 2021, ha messo a punto una roadmap con due obiettivi temporali: il 2025 che segna il traguardo dello sviluppo di dispositivi operativi che abbiano superato la fase di dimostrazione tecnica e finanziaria; il 2030 per raggiungere la fase di installazione su larga scala con costi vicini a quelli commerciali. Il documento ‘SET Plan Ocean Energy Implementation Plan’ offre anche una stima degli investimenti necessari per far crescere la posizione da leader dell’Europa sull’energia dal mare e rafforzare la base tecnologica industriale europea, creando così crescita economica e nuovi posti di lavoro: 1 miliardo di euro tra il 2021 e il 2025, di cui il 33% da fondi privati, il 40% dai programmi regionali e nazionali, il restante 27% dai fondi europei per l’innovazione. In base ai dati del secondo rapporto OceanSET, nel 2019 in Europa l’energia dal mare ha ricevuto dai programmi di ricerca e sviluppo regionali e nazionali 42,7 milioni di euro di finanziamenti. Il Regno Unito ha stanziato il budget più alto per l’Ocean Energy con 22 milioni di euro, mentre la Francia è stata la seconda con 5,8 milioni di euro. I fondi di Italia, Spagna, Svezia e Irlanda si aggirano tra i 2 milioni di euro e i 4,7 milioni di euro; la Germania ha stanziato uno dei budget più bassi pari a 1 milione di euro. Invece, Olanda, Belgio, Danimarca, Finlandia, Norvegia e Cipro non hanno budget nel 2019 per l’energia dal mare. “Per essere in linea con gli obiettivi Ue sarebbe necessario raddoppiare il budget complessivo degli Stati Membri in questo settore”, sottolinea Sannino.
A livello tecnologico, sono 127 i progetti di energia dal mare finanziati, di cui quasi il 60% dispositivi per l’energia dalle onde; di questi progetti, 25 hanno un livello di maturità tecnologica TRL 7 o superiore, quindi molto vicini al salto commerciale.
L’Unione europea punta al 10% di energia elettrica dal mare al 2050 che potrebbe soddisfare un bacino di utenza di 94 milioni di famiglie l’anno, con notevoli benefici a livello ambientale (234 milioni di tonnellate di CO2 evitate), di dipendenza energetica della Ue (con un taglio di 266 miliardi di euro sulla ‘bolletta’ europea) e di occupazione con almeno 500mila posti di lavoro in più.
In Italia è presente un Cluster tecnologico, denominato BIG (Blue Italian Growth), che ha l’obbiettivo di mettere a sistema le tante competenze italiane in tematiche offshore; una delle traiettorie tecnologiche del Cluster BIG è appunto incentrata sulle energie rinnovabili marine, per cui il prossimo 24-25 febbraio, a Roma, si terrà un workshop collaborativo per aggiornare il piano d’azione nazionale che favorirà il raggiungimento degli obbiettivi comunitari sull’energia marina.
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