“Emporium” di Marco Onofrio. Un poemetto di civile indignazione
Quando Dante, nella foresta del peccato, perde la speranza della salvezza, vede presentarsi di fronte a lui una lupa, scarna per le brame fameliche. Essa simboleggia l’avidità, e si accoppia a molti altri animali; vale a dire: l’avaro porta dentro di sé altri difetti inseparabili dalla cupidigia. Infatti, chi ha sete smodata di denaro arriva all’usura, che è un omicidio a freddo, centellinato. Chi vede solo i soldi al culmine della vetta, giunge all’omicidio. Chi mette il profitto come fine dei suoi sogni, è capace di ogni misfatto.
Queste persone pericolosissime, assai diffuse lungo la storia, ma oggi soprattutto moltiplicate dai mezzi tecnologici dell’era moderna, i quali ridanno un senso storico al capitale e altrettanto alla povertà sotto mentite spoglie, si riconoscono dal loro modo di agire: esse fanno del denaro il fine e dell’uomo il mezzo. Sono portate ad asservire gli altri, a schiavizzarli perché “rendano sotto il profilo del lucro”. Al guadagno, esse sacrificano ogni ideale, ogni slancio vitale, ogni ingegno. Esse sono la morte vera! L’avido diviene necessariamente un cinico, ed il cinico è – per definirlo con l’acume di Oscar Wilde – colui che dà un prezzo a tutto e valore a niente. Vicino a un ingordo di denaro non puoi che essere fagocitato vivo! Questo tema doloroso – e, purtroppo, poco preso in considerazione al nostro tempo: chissà perché mai! -, Marco Onofrio lo affronta nel libro intitolato Emporium (EdiLet, 2008). Il sottotitolo, emblematico, è “Poemetto di civile indignazione”.
Marco Onofrio è un autore prolifico (ben 12 libri di valore pubblicati, ad appena 37 anni di età) e poliedrico (si legga ad esempio il suo Ungaretti e Roma, saggio storico-letterario edito recentemente per i tipi di Edilazio, di cui per altro Onofrio è direttore editoriale: uno studio ponderoso da cui si sprigiona forza esegetica netta e originale), ed usa con sapienza e spontaneità – sembra un ossimoro, ma non lo è – sia il verso (e ne conosce la metrica, diversamente da tanti sedicenti poeti solo perché vanno a capo a casaccio) sia la narrativa (non uso la parola prosa perché impropria e di sottobordo nelle casistiche dei generi letterari, duri a morire in questa Italia accademica e paludata).
In Emporium Onofrio sente prepotente l’indignazione contro gli avidi: li descrive con forza polemica, ne traccia il profilo fisico e immorale, interprete dei tempi attuali, tesi unicamente al profitto. E allora, tra i due interlocutori (il capitalista, freddo usurante, e il povero sfruttato) si innesta un dialogo particolarissimo, teso ai limiti del credibile: e invece è reale, perché l’ipertrofico epulone si lascia sfuggire, suo malgrado, la vera natura melliflua e sprezzante, leccapiedi fino a quando il defraudato non ha consegnato nelle sue unte mani l’assegno: dopo di che muta repentinmamente espressione, divenendo distante e inaccessibile. Ne ho conosciuti di siffatti tipi, i quali mi hanno riportato alla mente le sagge parole di mia madre: “Meglio lavorare per uno che non ti paga, piuttosto che per uno che non ti valorizza”. Il grido di Onofrio si sublima in Poesia (quella vera, cioè la parola creativa contenente un significato e una profezia, non l’andare a capo che trae in inganno tanti sciocchi – aveva ragione Petronio quando diceva “Multos carmen decepit”, cioè la voglia di far poesia trae molti in inganno). Se dietro una pagina inchiostrata non c’è un Uomo, con la sua passione, la sua ira, il suo amore, le sue speranze, e le sue esperienze, si ha la retorica. Onofrio, invece, è un autore vero.
All’interno del verbo significante, in Emporium, c’è una denuncia etica, condotta con fermezza espressiva, impeto morale, indignazione autentica generata per germinazione interiore, perché slegata da ideologie strumentali. Chi non riconosce nei protagonisti qualcuno con cui ha avuto la sfortuna di trattare? Chi non si sente dalla parte dell’autore, cioè dell’io narrante? È una cartina di tornasole questo poemetto drammatico, infervorato e nobile, strutturato nel metro calibratissimo: chi non è d’accordo con questa denuncia, è d’accordo con l’impostore in occhiali neri e scudiscio nascosto. Ma io credo che i lettori saranno travolti da questo magna vulcanico.
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