Emozioni romane
Andare a Roma, per me, è sempre stata un’emozione, fin dalla prima volta, a diciassette anni, quando avevo partecipato a una delle pochissime gite scolastiche che i miei genitori mi avessero permesso. Allora, avevo dovuto spiegare alle compagne le particolarità della statua di Marco Aurelio in Campidoglio (ognuno aveva un monumento da raccontare), ma l’evento più fenomenale della gita era stato che un ragazzo con la moto mi aveva seguita. Certo, erano altri tempi, con quel ragazzo non avevo neppure parlato anche perché con le mie insegnanti suore non c’era molto da scherzare. Ma il fatto stesso che un tizio seguisse proprio me, invece, di altre mie compagne più alte, più magre, più belle, era stato un evento indimenticabile. Un altro punto fermo di quella prima visita era stato che, passando con il nostro pullman per le strade della città, avevo notato che le donne erano vestite diversamente da noi savonesi: erano più libere e non seguivano i canoni della moda benpensante del tempo. Forse, esteticamente, potevano essere non perfette ma, evidentemente, erano se stesse e non più schiave del gusto altrui. Quei giorni di meraviglia, dentro e fuori, hanno contribuito a formare la mia identità e ci sarà, dunque, per sempre, un’atmosfera che fa parte di me. Roma, la città dell’eterna bellezza, primavera, felicità. Atmosfera condivisa molti anni dopo con il mio fidanzato, poi marito, indiano, venuto a trovarmi in Italia, e ancora con figli, alunni, amici. Le volte sono state innumerevoli, e sempre ho avuto la stessa impressione di incanto.
Questa volta, sono tornata a Roma per partecipare, il 16 marzo, a un incontro tra i sostenitori di Roberto Giachetti e Anna Ascani, già candidati alla segreteria del Partito Democratico, conquistata poi da Zingaretti.
Per la prima volta, allora, sono entrata con soddisfazione nella sede del Partito democratico di Roma, la stessa che vedo sempre in televisione. Quindi, noi, giunti da tutte le parti d’Italia, ci siamo accalcati nella sala più grande della sede. Eravamo una folla e tanti sono dovuti rimanere in piedi o si sono seduti, come me, sui tavoli.
Tra le ore 12 e le 16 e quindici, 45 persone, tra tutti i presenti, non big di partito ma collaboratori, segretari di circolo, militanti, sono intervenuti per circa tre minuti a testa, spesso sforando un po’ perché avevano tanto da dire. Hanno ribadito l’entusiasmo e il “coraggio un po’ matto di mettersi in gioco” per aver sostenuto una candidatura priva di importanti capi di partito, ma con un grande valore politico e riformista. Tutti interventi pregevoli, anche perché moltissimi relatori erano giovani, a partire da un ragazzo di 15 anni, molto orgoglioso di essere stato accolto nel gruppo come essere pensante e non “a pacche sulle spalle”.
Una ragazza di 28 anni, di Napoli, ci ha spiegato che le persone le dicevano: “Ma cosa capisci tu, che sei del partito delle élite, cosa ne sai dei problemi delle persone? Guarda Di Maio, invece, lui sí che è un esempio, lui ce l’ha fatta!“ Non sarà facile, dunque, ridimensionare le bufale e i pregiudizi messi in giro, a solo scopo elettorale, dai partiti al governo. Il PD non è il partito delle élite, è di tutti, élite e persone normali. Noi, ad esempio, presenti in sala, come tutti i volontari, in Italia e persino all’estero, siamo persone normali che collaborano perché ci credono, senza aspirare a poltrone o incarichi prestigiosi. Non sarà facile anche far capire a certi genitori che, casualmente, a una persona è capitato di diventare ministro ma è un modello non ripetibile. I nostri figli debbono essere ricchi di cultura, per avere una vita degna, e di competenze, perché i tempi sono molto complessi. D’altra parte, ai tempi di Berlusconi, tante madri avevano sperato che le loro figlie potessero diventare reginette dello spettacolo, anche nel caso, per arrivarci, avessero dovuto accettare spregevoli compromessi.
Non nascondo che, qualche volta, in quelle ore di ascolto, mi sono scese le lacrime nel vedere tanti giovani impegnati che cercano di cambiare un mondo diventato invivibile, dove vigono l’odio, gli slogan, mentre il merito ripugna come lo studio, il lavoro, la cultura.
Il Partito Democratico deve coinvolgere le persone, deve sfatare le bugie, gli slogan semplici ma fasulli, e non sarà facile.
Per il gruppo di Savona, ha parlato la nostra coordinatrice, la dottoressa Livia Macciò. Ha ricordato che noi, a Savona, per spiegare i punti del programma Giachetti-Ascani, abbiamo avvicinato le persone e siamo arrivati a coinvolgere la base. Ora, dobbiamo continuare, sviluppare il programma politico della nostra mozione europeista, di scienza e cultura, di promozione del lavoro, collaborando con tutto il Partito, creando, magari, dei gruppi di studio tematici. Prima di tutto, però, ha ribadito, bisogna fare una formazione sulla comunicazione, creare, cioè, un gruppo di persone veramente capaci di comunicare.
Infine, Anna Ascani e Roberto Giachetti hanno fatto l’intervento finale, pochi minuti per uno. Utili soprattutto a rimarcare quanto la platea fosse attenta e interessata a tutti gli interventi, dal primo all’ultimo, e che saremo minoranza nel Partito comportandoci sempre lealmente. Sono contento, ha concluso, infine, Giachetti, della presenza di tante persone con meno di 40 anni che hanno passione e voglia di fare squadra.
Domenica 16, infine, c’è stata la proclamazione del nuovo segretario Zingaretti, e la nuova assemblea nazionale. Questa volta, hanno parlato i grandi personaggi, oltre al segretario, e ognuno ha tracciato la sua linea. Saranno i fatti, poi, a valutare la fedeltà agli intenti.
Ma l’incanto romano era stato in quella sala che non accetta l’odio, la perdita di diritti umani, la brutalità di questo periodo. Sono state grandi emozioni ispirate al buono e alla giustizia di una visione di futuro. Così, ne ho preso, sabato, a piene mani. Perché l’amore, l’accoglienza, la comprensione sono vita.
Renata Rusca Zargar
Non ci sono commenti, vuoi farlo tu?
Scrivi un commento