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Emergenza culle vuote: senza un supporto alle famiglie è a rischio la sostenibilità del sistema Italia

Maggio 25
14:05 2022

Il calo delle nascite è più marcato dove il welfare è meno forte e, in Italia, il tasso di natalità ha stabilito un record negativo. Nel 2050 potrebbe sparire una regione grande come il Veneto.

Avv. Ruggiero: «Le famiglie sono abbandonate. Nel nostro Paese non esistono servizi che aiutino i genitori»

Nuovo record negativo per l’Italia: nel 2021 le nascite sono scese al minimo storico e l’andamento non sembra invertirsi. Secondo i dati Istat, lo scorso anno, sono venuti alla luce solo 399.400 bambini, segnando un calo dell’1,3% rispetto al 2020. Si calcola che, a questo ritmo, nel 2050 sparirà una regione grande come il Veneto. «La causa di tutto ciò è legata al fatto che le famiglie sono abbandonate. In Italia non esistono servizi che aiutino i genitori a continuare la loro vita lavorativa. Non ci sono asili gratuiti efficienti nelle aziende, non sono previsti centri estivi gratuiti, non ci sono aiuti reali alle famiglie. La politica, negli ultimi tempi, qualcosa ha fatto ma… è una goccia in un oceano!», afferma l’Avvocato Valentina Ruggiero, esperta in Diritto di Famiglia.

Il problema non è legato solo al nostro Paese ma uno studio sottolinea come i cali più consistenti siano avvenuti in Italia, Ungheria, Spagna e Portogallo. In nazioni che possono vantare sistemi di welfare più avanzati, invece, la diminuzione delle nascite è stata più contenuta se non nulla. «Sull’assistenza alle famiglie con figli piccoli, in tenera età, siamo molto indietro rispetto all’Europa e al mondo. – prosegue l’Avv. Valentina Ruggiero – Non ci si preoccupa di sostenere adeguatamente le famiglie per permettere loro di programmare almeno due figli».

Nello stivale, dal 2002 al 2008, la flessione aveva riguardato solamente Sud e Isole. Dal 2008 ad oggi, il calo è ormai generalizzato in tutto il Paese. A incidere, sicuramente, anche le insicurezze vissute durante la pandemia. Solo nel mese di gennaio 2021, periodo di nascita dei cosiddetti “figli del lockdown del 2020”, si sono registrati quasi 5.000 nati in meno (-13,6%) rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Segno che le famiglie italiane hanno temuto un aggravarsi della qualità di vita, posticipando (se non addirittura rinunciando) l’arrivo di un bebè. La crisi ucraina in atto e l’aumento vertiginoso del costo della vita non stanno certo aiutando. Le incognite per il futuro, spesso, sembrano troppe e impossibili da superare senza un supporto concreto. Si innesca così un loop pericoloso… i problemi impediscono di fare figli, la mancanza di figli crea un problema. 

Un Paese, per garantirsi benessere, ha bisogno che la popolazione cresca e si sviluppi in modo equilibrato. Quando viene a mancare l’equilibrio demografico, l’organizzazione sociale, economica, politica e persino quella ambientale viene messa in crisi. Leggendo i dati del triste primato delle nascite italiane, inizia ormai a farsi concreta la paura di una scarsa sostenibilità per quanto riguarda i conti pubblici e, soprattutto, il sistema pensionistico. «Non si comprende che il futuro del nostro Paese è a rischio. Nel 2050 ci saranno tre anziani per ogni giovane. – sottolinea Ruggiero – Questo problema è fondamentale e dovrebbe essere trattato ogni giorno sui canali comunicativi, per far prendere coscienza che il nostro futuro è incerto, per questo è urgente trattarlo oggi!».

Ma non è necessario andare a guardare al futuro per capire quanto il calo demografico possa incidere sul sistema Paese. Gli effetti delle culle vuote si stanno già facendo sentire visto che molte scuole sono già a rischio chiusura. A risentire della forte diminuzione delle nascite sono soprattutto le materne e le elementari. «Questo problema dobbiamo affrontarlo subito. Non possiamo permetterci di perdere ulteriori posti di lavoro, soprattutto se parliamo di istruzione e di tutti i servizi collaterali!», prosegue l’esperta in Diritto di Famiglia.

Ad aggravare la situazione, cosa al momento poco esaminata, la diminuzione delle persone sotto i 35 anni che vive in coppia. Proprio la fascia d’età in cui, di solito, si progettano figli. Donne e uomini single, che abitano ancora con la famiglia d’origine, o che hanno una relazione ma senza convivere. Un fenomeno fortemente connesso all’attuale situazione del mercato del lavoro. La precarietà, i ritmi imposti e la paura stanno spingendo a non investire neanche sulla coppia, figurarsi in un figlio.

«Da donna – confida l’Avv.Valentina Ruggiero ho deciso di avere figli. Da professionista ho avuto tante difficoltà a proseguire in modo costante la professione di Avvocato. In Tribunale, ad esempio, non c’erano certo posti adeguati per allattare. Ho dovuto inventarmi soluzioni alternative. Ma noi Avvocatesse, si sa, in certe occasioni siamo bioniche. Battuta a parte, non tutte le donne hanno la forza e la possibilità di sopportare tanti disagi, mantenendo soprattutto la calma e l’equilibrio. Elementi necessari per avere e crescere un figlio. Al momento, gli aiuti che lo Stato dovrebbe garantire non ci sono e non trovo sia giusto adattarsi». 

 

 

 

 

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