ELEZIONI COMUNALI AD ALBANO. LA MOSSA DEL CAVALLO
In vista delle elezioni comunali di Albano finora soltanto un candidato alla carica di sindaco, quello del Partito Comunista, ha annunciato i nomi degli assessori. E’ verosimile, anzi probabile, che anche il candidato del Movimento 5 Stelle farà lo stesso. In questi due casi la scelta di trasparenza nei confronti dei cittadini non è troppo difficile da compiere, visto che ciascun candidato è sostenuto da una sola lista.
Supponendo che gli altri due candidati, quello del Centro-sinistra e quello del Centro-destra, dietro ai quali ci sono rispettivamente nove e sette liste (davvero troppe), volessero seguire la strada di fornire ai cittadini informazioni preziose per sapere chi li governerà, il quadro si complicherebbe. La regola vigente è infatti quella della spartizione del potere a posteriori: gli assessorati vengono attribuiti dopo le elezioni in base al bilancino dei voti ottenuti da ciascuna lista: tanti voti, tanti posti di assessore e incarichi (di potere) di vario genere. In questo modo gli assessori non sono, come previsto dalla legge, collaboratori scelti dal sindaco per le competenze e l’affidabilità, ma mandatari di altri.
In teoria, la formazione della giunta ha l’obiettivo di mettere insieme una squadra incaricata di attuare il programma del sindaco e non c’è alcun motivo per sgomitare per avere un assessorato o una qualche altra cadrega che comportano un duro e umile lavoro spesso neanche apprezzato da ingrati cittadini: si tratta infatti di realizzare tutti insieme un progetto.
In pratica le cose stanno diversamente: non poche, forse troppe persone si candidano per raggiungere obiettivi personali, talvolta inconfessabili, non per i nobili fini del bene della comunità. La conseguenza è che il sindaco si trova nelle mani dei signori delle liste che, a parte quelle dei partiti rappresentati a livello nazionale, sono il paravento elettorale dietro il quale si posizionano singole persone o gruppetti che non hanno alcun profilo politico, ideale o funzione, e che scompaiono come neve al sole dopo le elezioni.
Supponendo che i due candidati alla carica di sindaco, nel timore che possano perdere i voti dei cittadini che vogliono sapere da chi saranno governati e quindi a chi dare il voto, si convincessero che è opportuno annunciare prima delle elezioni la squadra di governo, e che dunque vogliano uscire dal cul de sac, come si potrebbero regolare? Una strada ci sarebbe, la mossa del cavallo.
Nel gioco degli scacchi la mossa del cavallo viene definita come lo spostamento a elle di questo pezzo sulla scacchiera per assumere un’iniziativa abile e inattesa che permette al giocatore che la utilizza di liberarsi da un impedimento o di uscire da una situazione critica.
I due candidati potrebbero dunque sparigliare con la mossa del cavallo sfruttando il momento in cui le liste sono state depositate e sono stati presi gli impegni elettorali, momento in cui detengono il massimo potere sul futuro della coalizione, per prendere in mano la situazione e definire, sentiti ovviamente i suggerimenti delle varie componenti politiche, la squadra. Rimandare tale decisione al dopo elezioni comporterebbe una grave limitazione ai poteri e alle funzioni del sindaco e minerebbe alle fondamenta la tenuta della coalizione politica. La mossa del cavallo ha un rischio: coloro che non si vedono “garantiti” nella precoce spartizione del potere potrebbero non attivarsi nella ricerca dei voti in campagna elettorale e quindi far naufragare la candidatura. Ma se lo spirito dell’impegno politico è questo, e la coalizione si dimostra un’accozzaglia di micro-interessi che nega alla radice il principio della solidarietà, non è meglio per il candidato sindaco morire a fronte alta con le armi in pugno in una lotta leale, piuttosto che non riuscire a “trovare la quadra” dopo le elezioni, far saltare l’amministrazione, esporre la città all’onta del commissario prefettizio, e ripartire con nuove elezioni che seppellirebbero definitivamente questo modo di fare politica e la classe politica che la pratica?
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