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El Alamein – La linea del fuoco, di Enzo Monteleone

El Alamein – La linea del fuoco, di Enzo Monteleone
Giugno 10
22:00 2010

La storia del film di Enzo Monteleone El Alamein, narrata dal soldato Serra (Paolo Briguglia), volontario ansimante di dare la vita per la patria, è una storia contenitore di tante storie che attanagliano il ventennio fascista e che in ogni personaggio trova la sua nuda realtà.
Vi è l’onore del generale (Silvio Orlando) attanagliato dalla morte del suo attendente, che lo ha servito per 15 anni, c’è la dignità di soldato come nel tenente Fiore (Emilio Solfrizzi) che non crede più ad una vittoria ma che comunque si sente in dovere, da ufficiale, di portare a casa la pelle dei suoi ragazzi prendendosi sulle sue spalle le responsabilità di una guerra di logoramento, c’è l’elemento equilibrato nel sergente Rizzo (Pierfrancesco Favino), che funge da catalizzatore empatico delle sofferenze dei suoi commilitoni. Nell’incredibile contro altare vi è la fierezza spicciola dei simboli fascisti tanto insensati quanto banali, come il “cavallo di Mussolini”, che rispecchia, non tanto un fatto storico quanto l’illusione di una utopia, quella di un trionfo “Romano” impossibile, la bonarietà dell’esercito italiano incapace persino di uccidere un animale indifeso, con i morsi della fame incombenti e infine il coraggio fatto di belle parole che celano la vigliaccheria degli ufficiali nascosti sotto un riparo e che servono come simbolo della resa definitiva, che solo il tenente Fiore sarà capace di leggere nella sua tragicità. Dove sono dunque quei valori di coraggio che portarono gli inglesi a concedere l’onore delle armi? Penso che non ci siano valori fissi come delle spie di un carburante, anzi penso che proprio il fatto di avere tanti valori celati dentro, che non si manifestano come nelle storie epiche ma comunque motore preponderante, sia stato il cocktail magico del vero eroismo.
Nei 114’ minuti del film la coscienza di tornare a casa è paragonabile quasi ai militi di Ulisse nel ritorno tortuoso a Itaca, una speranza che sembra a portata di mare e invece come nei più famosi scherzi del destino diventa lontana come una chimera. Monteleone, regista eccezionale della pellicola, offre, dunque, uno spaccato della vita militare del fronte, diversa dagli eroi di carta pesta, dove non è il coraggio protagonista ma è la fortuna, che porta i soldati verso la speranza di salvezza da una disfatta come quella.
Fu vera gloria allora la vita di quelle migliaia di soldati? La risposta che offre il film è affermativa, ma non la gloria che pensiamo noi, ma quella che alberga all’interno dell’animo umano e che porta persone semplici ad essere speciali.

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