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Edith Stein: genesi di una conversione

Edith Stein: genesi di una conversione
Settembre 30
23:00 2008

Edith SteinEdith Stein (12 ottobre 1891- 9 agosto 1942), conosciuta anche come Santa Teresa Benedetta della Croce, fu filosofa, femminista, monaca carmelitana e martire ad Auschwitz. Nacque a Breslavia, ultima di undici figli di una famiglia ebraica ortodossa; nel 1904 rinunciò alla sua fede e divenne atea. Studiò tedesco, Filosofia, Psicologia e Storia presso le Università di Breslavia, Gottinga e Friburgo. Presso l’Università di Gottinga divenne studentessa di Hedmund Husserl e lo seguì come assistente a Friburgo. Nonostante avesse già avuto contatti con il Cattolicesimo, fu solo dopo aver letto l’autobiografia della mistica Teresa D’Avila, durante una vacanza nel 1921, che si convertì. Battezzata il 1° gennaio 1922, rinunciò al suo posto di assistente di Husserl per andare ad insegnare in una scuola domenicana per ragazze a Speyer, rimanendo qui dieci anni. Durante questo periodo tradusse in tedesco il “De Veritate” di San Tommaso e familiarizzò con il pensiero filosofico cattolico. Il 12 aprile 1933, alcune settimane dopo l’insediamento di Hitler al cancellierato, trovò l’ardire di scrivere a Roma per chiedere a Papa Pio XI e al suo Segretario di Stato di non tacere più e denunciare le prime persecuzioni contro gli ebrei. Entrò successivamente nel convento carmelitano di Colonia e lì scrisse il suo libro metafisico, “Essere finito e infinito”, mediante il quale tentò di conciliare la filosofia di San Tommaso con quella di Husserl. Per fuggire dalla minaccia nazista il suo ordine la trasferì al convento carmelitano di Echt, nei Paesi Bassi; qui scrisse “La scienza della Croce: studio su San Giovanni della Croce” ma purtroppo non era al sicuro neanche in Olanda in quanto la conferenza dei vescovi olandesi fece eleggere in tutte le Chiese del paese un proclama contro il razzismo nazista ed, in risposta, Adolf Hitler ordinò l’arresto dei convertiti ebraici che fino a quel momento erano stati risparmiati. Edith e sua sorella Rosa, anche lei convertita, furono catturate e trasportate al campo di concentramento di Auschwitz, dove furono uccise nelle camere a gas il 9 agosto 1942. Il primo incontro “intuitivo” con la croce di Cristo lo ebbe in casa di Anne Reinach nel 1917, dovendo sistemare gli scritti dell’estinto marito della donna, caduto in guerra mentre combatteva sul fronte belga. Ciò che sorprese Edith fu l’incontro con una donna che diffondeva una certa pace, pur essendo segnata dal dolore della preziosa perdita, e che mostrava un atteggiamento di quieta sofferenza; la giovane ascoltò il racconto della conversione della signora e del suo consorte, i quali dapprima erano stati membri della Chiesa protestante e successivamente avevano abbracciato il Cattolicesimo. Sebbene in modo inconsapevole, da questo momento in poi ella iniziò ad aver “sete” di conoscere Dio ed il suo animo toccato dalla Grazia si stava pian piano aprendo alla luce della fede. Tuttavia, la Grazia, per rivelarsi, ha bisogno dei suoi tempi ed Edith si dibatteva ancora tra molti dubbi e incertezze. Più tardi, sempre durante il soggiorno presso questa sua conoscente rimasta ormai vedova, le capitò di leggere casualmente l’autobiografia di Santa Teresa d’Avila, nella quale la mistica descrive in modo toccante la propria esperienza religiosa. Trascorse l’intera notte in lettura, passata la quale davanti a lei iniziò a brillare la luce della Verità; la Verità era che la notte precede il giorno: prima la notte dell’anima e poi il giorno senza tramonto dell’Essere Eterno. Edith scrisse in “Scientia Crucis” che “al momento in cui l’anima incontra Dio comincia già a spuntare nella sua notte la luce dell’alba”. In quella notte, l’illuminante epifania di Dio vinse ogni sua resistenza e abbatté ogni incertezza, cosicché incontrando Dio ella incontrava se stessa superando l’aridità razionale. La filosofa iniziò a comprendere che giungere a Dio significa porsi in un atteggiamento di ascolto in modo che Egli possa modellare l’essere dell’uomo come fosse argilla; il mattino dopo acquistò un messalino ed un catechismo della Chiesa cattolica per potersi preparare a ricevere il Battesimo al più presto. Dell’esperienza avuta durante quella notte la Stein scrisse di aver udito una voce che le disse: “Non è poco quello che faccio per te. Anzi, questa è una delle grazie per le quali tu mi devi di più. Tutto il male del mondo deriva principalmente dal non conoscere la Verità della Sacra Scrittura”. In un altro suo scritto affermò che esiste uno stato di riposo in Dio, di totale sospensione di ogni attività della mente nel quale non si possono più tracciare piani né prendere decisioni, ma in cui, consegnato il proprio avvenire alla volontà divina, ci si abbandona al proprio destino. Compreso ciò, Edith imposta cristianamente la sua vita basandola sulle seguenti riflessioni: se la Verità è una persona, bisogna conoscerla e sviluppare il rapporto personale di amicizia con Cristo mediante la preghiera; è cosa saggia riporre ogni fiducia in Dio onnipotente; occorre lasciarsi invadere dalla divina presenza e tenere davanti allo sguardo la persona di Gesù Cristo in ogni azione. Entrata a far parte della Chiesa, dopo aver ricevuto il Sacramento battesimale, avvenne il lei un prodigio che solo Dio può operare: ogni atto del suo passato, infatti, riacquistò significato – anche le atroci sofferenze nelle quali si era a lungo dibattuta – e comprese che tutto era servito per accompagnarla alla conversione. Al nome di battesimo aggiunge quello di Teresa, in onore alla Santa che l’aveva condotta verso la Verità, e nasce ad una vita nuova poiché nel Battesimo veniamo innestati nell’uomo nuovo tramite la “palingenesi spirituale”, cioè nasce in noi la nuova creatura toccata e santificata dall’umanità di Cristo che ci rende suoi consanguinei nel mistero della Fede. Edith Stein aveva visto nella religione ebraica – alla quale prima apparteneva – un vuoto incolmabile e una sostanziale incapacità a fronteggiare le prove della vita. Occorre, a questo proposito, specificare che c’è un legame tra Ebraismo e Cristianesimo; infatti i capisaldi della religione ebraica sono gli stessi che costiutiscono il Cristianesimo: santità, preghiera, ascolto e dialogo. Nonostante ciò, questi elementi non riescono a pacificare l’animo umano in quanto nel vissuto ebraico manca la certezza della Resurrezione, mentre la certezza cristiana effonde una gioia intima che l’ebraismo non sa dare.

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