È un Paese per sordi
Sanzionati, avvisati, denunciati… niente, perseverano. 2012, gli operatori della comunicazione radiotelevisiva insistono con fare scientifico a programmare i passaggi pubblicitari sulle proprie reti in modo tale che quando questi (anche 5 minuti per ogni 15 di programmazione) arrivano, sono sensibilmente di volume maggiore. Vietatissimo distrarsi quando passa lo sponsor, obbligati a prestargli attenzione con le buone o urlandogli nelle orecchie come gibboni africani. ‘Complici’ i tecnici e operatori di regia o coloro che costruiscono il programma o il film, il montaggio del sonoro: in modo scientifico, ripeto, costringono il telespettatore ad alzare progressivamente il volume per capire il programma o film in corso di svolgimento, poi come un fulmine arriva lo spot e sei costretto ad abbassare, e il circolo vizioso ricomincia. Risultato di questa decennale guerra per l’attenzione alla pubblicità è una corsa per ‘urlare’ di più e una popolazione sempre più rimbambita, se non sorda. Assai contrariata per usare un eufemismo, ma questi ultimi individui sono purtroppo ancora pochi.
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