È tornato nei cinema K. Loach: lavoro e affetti nell’epoca del sordo profitto
(Serena Grizi) Sorry, We Missed You è l’ultimo film di Ken Loach, grande maestro della tradizione inglese che pare avere ereditato l’arte del riso (commedia) e del pianto (tragedia) direttamente da W. Shakespeare. Utilizzati tutti i registri immaginabili in maniera magnifica, la commedia (La parte degli angeli, Il mio amico Eric, Jimmy’s Hall) o i cupi ma bellissimi Bread and Roses o Io Daniel Blake dedicati alle tragiche involuzioni del mondo del lavoro e del sistema d’assistenza pubblica, torna ora a farci riflettere su quanto i lavori alienanti (e velleitari) inventati dalla nostra società possano nuocere all’individuo, al suo equilibrio e alla famiglia che si ritrova attorno, portando tutti alle estreme conseguenze.
Il disoccupato Ricky decide d’accettare le consegne a domicilio d’una grande azienda: il suo capo è un cerbero ma con un cervello ben raziocinante rispetto a come s’impone, si capisce ad un certo punto della storia, ma tarato ai soli fini propri e del profitto aziendale. Ricky deve comprare il mezzo col quale lavora per considerarsi un ‘padroncino’ ma è invece fin da subito nelle grinfie perverse d’un palmare che gli contingenta anche i tempi per urinare (il primo omaggio che riceve da un collega meno competitivo d’altri è una bottiglietta di plastica vuota ‘per la bisogna’). Eppure resiste a tutto pur di portare il pane a casa: ha una bambina e un ragazzo adolescente, una moglie, Abby, che fa assistenza domiciliare per una cooperativa ‘sociale’ e visita molti anziani e disabili al giorno con lo scopo di farli alzare, tenergli compagnia e preparare semplici pasti: anche qui il tempo è controllato al minuto, una o due ore a paziente come se all’essere umano dovesse bastare una cura parsimoniosa perché rispondente, di nuovo, ai soli criteri economici.
Le difficoltà crescenti dei coniugi sul lavoro saranno peggiorate dal momento davvero critico del loro figlio adolescente che risente di spinte creative, amorose e di profonda ribellione nei confronti di due genitori che per motivi lavorativi sono presenti solo la sera a cena e nemmeno sempre. Lui e sua sorella sono davvero due ragazzi intelligenti e affettuosi, capaci di ‘leggere’ il proprio tempo, cosa che si crede poco comune tra i giovani, ma anche questi costretti a resistere ad una sorta di rassegnazione che sembra essere proprio il frutto della loro pronta intelligenza (la ragazzina che piace a Seb è costretta ad andare in un’altra città per motivi economici). La piccola Liza, un giorno, accompagna suo padre al lavoro per vivere finalmente un loro momento diurno durante la settimana. Seb, invece, si mette presto nei guai ed il padre per correre in suo aiuto diverrà molto presto meno competitivo e meno gradito al cerbero/capo spedizioniere che cambia in poche ore la condotta verso chi gli fa sballare il diagramma mensile dell’efficienza.
Loach, che con la lucidità che gli appartiene, soccorsa dalla sceneggiatura davvero realistica di Paul Laverty il quale ha frequentato molti fattorini della consegna merci porta a porta per scriverla, rende perfettamente l’idea dei meccanismi che sfuggono alla persona, del bisogno e dello sfruttamento conseguente che questo ingenera su persone poco scolarizzate, andando a toccare infine anche l’area dei sentimenti. In questi, infatti, la pazienza, la riflessività ed una buona disponibilità di tempo possono spesso aiutare a trovare soluzioni, specie in situazioni delicate che risultano ingestibili da chi è costretto ad avere come unico orizzonte ricattatorio orari, consegne, obiettivi economici. Il bisogno è familiare e la soluzione di questo condivisa ma l’essere assenti nei rapporti mostra presto la corda, la fragilità d’ognuno, pur con l’ottima materia d’inizio poiché vicinanza e affetto non mancano davvero in questa famiglia. Nonostante la situazione sembra non sia capace d’altro che di precipitare, Ricky deve correre ancora una volta al lavoro all’alba e questa è la condizione che Loach consegna agli spettatori: questo è un tempo accelerato nel quale non è possibile fermarsi; i congegni stritolano perfino chi crede di possederli (vedi il capo spedizioniere coi suo pistolotti falso comprensivi).
Interessante il risvolto facilmente leggibile nel film, proprio vicino al periodo natalizio che ha visto una profusione di ordini trasportati dai corrieri coi loro furgoni nei centri storici di paesi e città o nelle sperdute campagne. Un modo ‘comodo’ di fare spesa col quale probabilmente bisognerebbe, come con molte altre cose, non esagerare. Leggere per credere l’avvertito articolo Il mondo a domicilio di Samanth Subramanian giornalista di The Guardian (Regno Unito) pubblicato sul settimanale Internazionale (n. 1338 del 20/26 dicembre 2019). Film imperdibile!
Il film visto in lingua originale con sottotitoli, restituisce molte sfumature di tono che nei doppiaggi seppure pregevoli come quelli italiani, si perdono.
Consigliato: Visto al bellissimo cinema Lumière a Bologna, complesso con biblioteca ed archivio fotografico. Da non perdere, per cinefili.
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