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Due splendidi “fuori programma” concludono la II edizione de “Il Suono di Liszt a Villa d’Este”

Due splendidi “fuori programma” concludono la II edizione de “Il Suono di Liszt a Villa d’Este”
Maggio 02
11:15 2014

 

Alessandra pompili e Giancarlo TammaroLo scorso 13 Aprile si è chiusa nella storica villa di Tivoli la II edizione della rassegna concertistica caratterizzata dall’uso di un gran coda Erard del 1879, in tutto simile, se non uguale, ai pianoforti usati a suo tempo da Liszt, ma anche da Verdi e Wagner: al bicentenario della nascita di questi ultimi era dedicata in particolare la presente edizione. Iniziata lo scorso 8 Dicembre 2013, l’intera manifestazione, organizzata dall’Associazione Culturale Colle Ionci, insieme con la Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le Province del Lazio, ha così proposto in tutto ben dieci concerti.

 

 

Gina Sanders e David Griffiths e Fabio Ludovisi - bis a due vociIl primo dei due “supplementi” – così li ha voluti chiamare il direttore artistico Giancarlo Tammaro in ricordo della medesima espressione usata da Liszt nei suoi “Années de pèlerinage” – era già annunciato nell’elegante ed esauriente brochure che riportava i programmi dell’intera rassegna e si è tenuto Domenica 23 Marzo con la partecipazione del soprano neozelandese Gina Sanders. Accompagnata con garbo e precisione dal M° Fabio Ludovisi al pianoforte, la Sanders ha proposto una selezione di brani di Giuseppe Verdi e di altri autori in qualche modo legati alla figura ed all’arte del Maestro di Busseto: un modo per concludere degnamente il bicentenario verdiano sviluppato nella rassegna. Grazie alle citazioni e note introduttive sul programma di sala ed alle brevi presentazioni della stessa Sanders, che con il suo italiano decisamente fluido integrava in corso d’opera le introduzioni del direttore artistico, venivamo così a scoprire inattesi rapporti intercorsi fra Verdi e Meyerbeer, o fra Verdi e Richard Strauss, del quale venivano proposti due brevi quanto bellissimi lieder giovanili, anche in omaggio ai 150 anni dalla nascita che cadono proprio nel 2014. Tra questi due autori, cui si aggiungevano Gluck, Schubert, Gounod e Mascagni, la presenza più importante era ovviamente riservata a Verdi con arie d’opera e soprattutto romanze da camera, una sua produzione secondaria ma di grande interesse, come nel caso del modernissimo e spiritoso “Stornello” che chiudeva il programma ufficiale: un brano del 1869 che sembra preludere, con oltre vent’anni di anticipo, allo spirito sornione e disincantato di “Falstaff”.
Nel bis, richiesto con prolungati e ripetuti applausi, c’è stata la magnifica sorpresa di vedere un’altra bella voce neozelandese affiancare Gina Sanders in questo “Omaggio a Verdi da una parte all’altra del globo”: tale era il titolo del concerto, allusivo al fatto che la Nuova Zelanda è quasi agli antipodi rispetto all’Italia. Il baritono David Griffiths, che fin’allora sedeva in incognito nel pubblico, si alzava e raggiungeva la Sanders che aveva attaccato “Dite alla giovine sì bella e pura …”, l’ultima parte del drammatico confronto tra Violetta Valery e Giorgio Germont dal 2° atto di “Traviata”: un bis inatteso e veramente speciale, interpretato con notevole intensità emotiva dai due cantanti, i quali riuscivano a rapire letteralmente il pubblico, che a sua volta reclamava un ulteriore bis. Chiudeva quindi questo magnifico matinée un duetto tra Susanna e il Conte d’Almaviva da “Le nozze di Figaro” di Mozart.
Prof.ssa Maddalena Fumagalli - conferenzaIl bicentenario wagneriano veniva a sua volta idealmente chiuso il successivo 13 Aprile, Domenica delle Palme, in occasione del “Concerto per la Pasqua”. Subito prima del concerto stesso, infatti, la Prof.ssa Maddalena Fumagalli, già docente di Letteratura Tedesca all’Università “La Sapienza” di Roma, teneva una breve conferenza in cui, prendendo spunto da un suo articolo di prossima pubblicazione, ripercorreva a tratti tutta la vicenda umana ed artistica di Richard Wagner, un vero “Wanderer”, costretto dal destino, durante l’intera vita, a cambiare continuamente residenza, ma anche spinto dall’inquietudine dello spirito romantico, che aspira sempre a qualcosa che mai riesce a raggiungere.
Nel concerto la pianista Alessandra Pompili, particolarmente attenta nel proporre la produzione lisztiana dell’ultimo periodo con particolare riguardo a quella di ispirazione sacra, si impegnava nell’esecuzione della “Via Crucis” di Franz Liszt, nella versione per pianoforte solo. Secondo un progetto della stessa artista, l’esecuzione era accompagnata dalla proiezione delle immagini dei quadri del pittore nazareno Overbeck, oggi conservati ai Musei Vaticani e rappresentanti le 14 stazioni della Via Crucis, ai quali Liszt, per sua stessa ammissione, si era ispirato per questa composizione. Particolarmente suggestivo il fatto che tale lavoro fosse stato intrapreso e portato a termine, in circa due mesi, proprio nella Villa d’Este e proprio quando gli fu portato lì un pianoforte Erard come quello usato ora in questa rassegna: lo testimoniano le citazioni delle lettere dello stesso Liszt riportate nel programma di sala.
Intensa la partecipazione emotiva del pubblico, testimoniata dal profondo silenzio e dalla composta attenzione che hanno regnato per tutta l’esecuzione. Il merito va anche alle immagini proiettate, alla appropriata – intensa ma senza enfasi – lettura, prima di ogni stazione, dei titoli e dei brevi testi che vengono cantati dai solisti e dal coro nella versione completa della composizione di Liszt, ma soprattutto va alla bella e coinvolgente interpretazione che ha fatto Alessandra Pompili dei 15 brani musicali (un prologo e le 14 stazioni) che compongono questa “Via Crucis”. Ha commosso in particolare l’ultima stazione, quella della sepoltura di Cristo, dove Liszt sembra alla fine voler passare dai toni bui della morte ad una musica che si fa più luminosa, quasi un presagio di resurrezione, comunque un senso di liberazione dell’anima: una stazione che la pianista ha poi replicato, per soddisfare le insistenti richieste di un bis … e nessun’altra musica sarebbe stata appropriata, come bis, per un programma del genere.
La numerosa partecipazione ed il lusinghiero successo riscosso nel pubblico, che hanno caratterizzato anche i due supplementi, fanno ben sperare per una futura nuova edizione di questa – che possiamo ormai definire “prestigiosa” – rassegna tiburtina.

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