Dov’è la nostra sovranità nazionale?
Il presidente del Kazakhstan Nazarbayev vorrebbe catturare il dissidente politico Muktar Ablyazov, che dal 2009 vive all’estero. Ablyazov, cinquantenne, già industriale ed ex ministro del Kazakhstan, nel 2001 ha fondato il principale partito di opposizione al regime di Nazarbayev. Nel 2002 Ablyazov viene dichiarato colpevole di abuso di potere compiuto in qualità di ministro.
Portato in carcere subisce torture e lì rimane dieci mesi, per poi essere liberato su forti pressioni dell’associazione Amnesty International e dell’Unione Europea che considerano la sentenza di condanna ‘motivata politicamente’. Nel 2009, dopo aver lavorato come direttore della BTA Bank, lascia il Kazakhstan. Nel suo Paese d’origine viene accusato di aver trafugato 6 o forse 10 miliardi di dollari. Nel 2011 ottiene a Londra asilo politico per sé e sua moglie Alma Shalabayeva, con la quale ha 4 figli, e continua a far sentire la sua voce di critica al governo kazako attraverso un blog in internet. Ma l’Alta Corte del Regno Unito, su input delle autorità kazake, lo processa con l’accusa di appropriazione indebita dei miliardi della BTA Bank, finendo per condannarlo a 22 mesi per oltraggio alla Corte perché ha dissimulato la sua reale consistenza patrimoniale. Da allora il dissidente kazako è sparito. Nel settembre 2012 la moglie e la figlia più piccola di 5 anni, dopo essere passate dalla Lettonia, si sono stabilite in Italia. Su iniziativa delle autorità kazake, tra il 20 e il 26 maggio di quest’anno Muktar Ablyazov viene fotografato in un’abitazione di Casal Palocco a Roma da agenti della società privata d’investigazione Sira, ingaggiati da un’agenzia israeliana. Il 29 maggio decine di agenti della Mobile irrompono di notte nella villetta ma non trovano il dissidente kazako. Vi trovano invece, oltre alla moglie Alma e alla bambina Alùa di 6 anni, anche il cognato Bolat con la moglie Venera e la loro figlia Adiya di 9 anni. Vengono portati via Alma, Alùa ed anche Bolat dopo essere stato picchiato a sangue. Rilasciato dopo alcune ore si fa curare in ospedale. La moglie del dissidente Ablyazov, invece, viene trattenuta e portata al centro di identificazione ed espulsione di Ponte Galeria.
Il 30 maggio scorso gli uomini della polizia dell’Immigrazione sono convinti di avere a che fare con la moglie di un criminale pericoloso, in quanto non sono a conoscenza dello status di rifugiato ottenuto a Londra da Muktar Ablyazov e da Alma Shalabayeva. Il 31 maggio Alma e la bambina vengono rimpatriate come clandestine con un jet privato affittato a Vienna dalle autorità kazake. Alle ore 19 decollano da Ciampino verso il loro nemico. Sul sito del governo kazako viene pubblicato il video che riprende l’arrivo del jet, in modo che anche il ricercato Ablyazov si convinca ad arrendersi per far liberare la famiglia. Ma 40 giorni dopo in Italia scoppia lo scandalo! La democratica Italia ha riconsegnato al suo nemico una donna e una bambina che ora rischiano, la prima la tortura e il carcere, la seconda l’orfanotrofio. La versione ufficiale è che il governo Letta non sapeva, è mancata l’informazione da parte della Questura di Roma e del Dipartimento di Pubblica Sicurezza, nonostante l’operazione riguardasse la cattura di “un pericoloso criminale internazionale”. Qualcuno avanza addirittura l’ipotesi che il blitz sia stato fatto su pressione del presidente Nazarbayev all’amico Silvio Berlusconi, ma Berlusconi ci tiene a negare di averlo frequentato personalmente (come al contrario raccontano alla stampa testimoni oculari) e tantomeno di saperne qualcosa di tutta questa vicenda kazaka.
Chi ha agito sapeva che le autorità kazake avevano promosso un procedimento penale contro Alma per possesso di passaporto falso (che l’interessata nega di aver mai visto o usato), ed a seguito di ciò l’ambasciatore a Roma Yelemessov aveva chiesto ed ottenuto dalle autorità italiane che la donna venisse rimpatriata nel giro di 48 ore per essere processata in patria. Eppure già il 30 maggio la Repubblica Centrafricana aveva comunicato all’Italia che il passaporto usato dalla Shalabayeva era registrato come diplomatico con il numero 06FB0481 ed era del tutto regolare, come affermava la medesima interessata. Ora il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone ha acquisito il “Memoriale della donna reso noto dal Financial Times” sui fatti accaduti e la “Relazione del capo della Polizia Alessandro Pansa” (letta in Parlamento dal ministro dell’Interno Alfano), con lo scopo di confrontarli per verificare eventuali violazioni commesse da una parte e dall’altra. Alma Shalabayeva accusa che il 30 maggio si è vista sottrarre il suo passaporto regolare. E accusa anche una funzionaria dell’Immigrazione di averle impedito di presentare richiesta di asilo politico e persino di chiamare i suoi avvocati avendole strappato di mano il foglietto con i numeri di telefono. “Tutto ormai è stato già deciso” avrebbe detto la funzionaria in pessimo inglese. Ma – è noto – che qualsiasi cittadino straniero in Italia può far valere in qualunque momento il diritto di asilo politico, sancito dall’art. 3 della Costituzione, quando ha il fondato timore di subire violenze e persecuzioni nel proprio Paese. Non dovrebbe mancare la verifica anche su quanto riportato dal quotidiano “Unione sarda” circa un incontro segreto tra il presidente kazako e l’ex premier Berlusconi, che sarebbe avvenuto in una villa vicino Olbia di proprietà di un commercialista di Fininvest e Mediaset, “con l’intento di trovare un accordo sulla versione da fornire per evitare al ministro dell’Interno Alfano di finire sulla graticola”.
Il parlamentare del M5S Giarrusso, primo firmatario della mozione di sfiducia ad Alfano (poi bocciata), ha denunciato in aula la copertura politica data all’operazione da Berlusconi. Il fatto è che (come dice l’ex ministro Claudio Scajola) il kazakhstan è molto importante per lo sviluppo economico italiano: “la nostra Eni ha investito somme ingenti in quel Paese e c’è un giro d’affari molto importante”. Il costituzionalista Gustavo Zagrebelsky però avverte che se il governo sapeva preventivamente dell’espulsione delle due kazake è grave, ma “se non sapeva è molto più grave. In tal caso vorrebbe dire che i vertici delle istituzione italiane non controllano quanto si verifica nel nostro Paese, dove possono avvenire scorribande di apparati dello Stato collusi con altri apparati di Stati stranieri (come è già avvenuto per il caso di Abu Omar). Chi ci governa deve sapere, se no dove va a finire la nostra sovranità?”
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