Dove è filosofia non vi è Dio
San Bonaventura vive in un contesto in cui si diffonde sempre più la dottrina filosofica, una dottrina contrastante con la religione, in quanto annullava del tutto la presenza di Dio. Secondo Bonaventura l’uomo possiede tre occhi. Il primo è un occhio fisico e serve per cogliere il mondo, così come appare. Il secondo coglie nella profondità del nostro essere una luce proveniente dall’alto, penetra nell’io profondo, coglie qualcosa di fisso, che non appartiene a noi, ma ci è dato dall’alto come veritas. Il terzo si arrampica al raggio di luce e risale attraverso la meditazione sulla morte e su quello che ci sarà dopo questa. In particolare la vita monastica è orientata ad essere un cammino di ascesi attraverso la meditazione.
Secondo Bonaventura i filosofi conoscono la cultura a fine individuale, e non in quanto simbolo. Non sono in grado, quindi, di cogliere l’aspetto esistenziale. Parla di ‘naturalismo’, inteso, come approccio ad una realtà non colta, come simbolo che va al di là di quello che essa stessa è. La sapienza mondana si limita a raccogliere senza andare al di là. I filosofi sono quindi pagani attardati. Non vi è compromesso tra filosofi e simbolisti. Il verbo, logos è principio di ciò che ha creato il mondo, quindi è Dio ed è presso Dio. Il mondo è sapere che senza verbo è perso nel nulla. Bonaventura esclude l’Università come luogo di sapere, definendola il luogo dell’errore, in cui trionfa Aristotele. Gli Averroisti vedono Aristotele rappresentante di una dottrina in contrapposizione con la cultura cristiana, quindi non ispirata da Dio. Queste dottrine sono un cumulo di errori di affermazioni di ciò che è falso, inteso, come se fosse vero. Per i filosofi il mondo è eterno, quindi non creato, ancora è governato da una serie di necessità e non da Dio. L’intelletto degli uomini è visto come unità, universalità. Per i filosofi, quindi, Dio non crea, non provvede e non vi è singola anima negli uomini. Il concetto di errore espresso da Bonaventura nei confronti delle Università si riferisce al ‘brancolare nel buio’. Il pensiero paganeggiante naturalistico è di coloro che brancolano nel buio. Palermo viene ritenuta la sede del male, perché nella corte di Federico II troviamo la sede del pensiero naturalistico, dove si sostiene l’esistenza di tre impostori che hanno ingannato il mondo: Mosè, Cristo e Maometto. Un altro maestro, Averroé, parla di tre fasce dell’umanità: 1. Il volgo con sillogismi falsi; 2. I dottori della legge, con sillogismi verissimi; 3. I filosofi con sillogismi scientifici. Vediamo, qui, come il teologo viene posto nel mezzo tra il volgo e il filosofo. Solo i filosofi sono intesi come i sapienti, a cui è affidata la pura visione della verità. Il mondo, secondo loro, si rileva sotto tre aspetti: prestigio, immagine, similitudine. In questo periodo domina una metafora riguardo il mondo: “il mondo è un libro”. Ma, se il mondo è un libro, noi cosa intendiamo per libro? Il libro è oggetto complessivo di ammirazione, oggetto che nasce dal mondo amanuense, dal monastero. Oggetto che riflette virtù, porta ad ammirare colui che lo ha descritto e colui che lo ha costruito. Il libro cessa di essere contenuto di colui che da notizia e diventa espressione del lavoro della bravura di chi lo crea. Questo porta alla visione di un mondo che non ha senso per se stesso, ma ha senso in quanto rinvia a virtù. Tutta la letteratura monastica è caratterizzata da questa trasformazione. Bisogna cogliere la cosa, per ciò che è, senza toglierne l’essenza. Secondo la concezione simbolista non si ha una realtà per sé, ma realtà per altro. La creazione detta libro diventa altro, perde il suo senso proprio. Secondo il simbolismo il mondo è creazione continua, tutti gli eventi sono espressi dalla volontà di Dio e non vi è un ordine. Pier Damiani, monaco eremita, dice che Dio può tutto, anche modificare il passato. Non vi è limite all’onnipotenza di Dio, niente al di sopra di esso. Pier Damiani richiama tutte le testimonianze delle sacre scritture, in particolare l’avvenimento di una vergine che partorisce e la regola secondo cui una vergine non può partorire. Quindi, secondo il principio che Dio può tutto si spiega come tutto prosegue per volontà di Dio.
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