Dal libro di Mirco Buffi – “Momenti Monticiani” edito dall’Associazione Culturale Photo Club Controluce
Classe 1919, trentino di nascita, don Narciso venne a Monte Compatri nel lontano 1961. Riconoscerlo, per chi viene da fuori, è facile, intanto perché è l’unico prete del paese che porta la tonaca che poi gli sta un po’ corta per cui gli da quell’aria del pretino di campagna così come ce lo immaginiamo da sempre, e poi perché mentre cammina è salutato da tutti coloro che incontra, ma quando dico tutti intendo veramente dire tutti: grandi, piccoli, uomini, donne, cattolici e non cattolici, atei.
Da parte sua, il nostro pretino si sofferma volentieri a scambiare due parole con tutti e si ricorda il nome di tutti: «Ah… Mirco, toscanaccio, dove hai lasciato i tuoi pargoletti? Aspetta… come si chiamano?… Ah si, Michele, Silvia e Roberta; ma lo sai che sono proprio belli! Che bella famiglia che è la vostra, ma lo sai che Simonetta (mia moglie) l’ho avuta come alunna alle elementari? Me la ricordo come se fosse adesso, piccolina piccolina, un po’ timidina, ed ora eccola qua, fortunata sposa e madre di tre gioielli, che Dio vi benedica». E ogni volta ha parole diverse da dirti, raccomandazioni poche o niente, esalta quello che tu sei, ciò che fai, e così ti fa sentire un po’ grande, ti fa felice, ti infonde serenità e fiducia nel futuro, ti fa sentire più vicino a Dio. Con i bambini poi, è unico: «Oh, la mia Anita, e tu sei Ilaria, che bei bambini! Ve la ricordate quella canzone… San Martino campanaro, suona le campane suona le campane din don dan». A volte le prende per mano e con loro si cimenta in un allegro girotondo.
È facile incontrarlo fuori del paese che cammina, con qualsiasi tempo (comunque pochi metri, perché il primo monticiano che passa in auto si ferma e gli dà un passaggio). Se è vicino, allora sta andando, se è lontano, Frascati ad esempio, allora sta tornando. Ma dove si reca? Da tutti, tutti coloro che hanno bisogno di lui, malati, anziani, persone con problemi di ogni specie, so che va a trovare anche chi l’avversa sorte l’ha portato in prigione. Quando riesce a trovare un attimo di tempo va a trovare quelle persone che non vede da tanto tempo, va a casa loro, anche la mattina presto, prima delle otto, magari di domenica (come ha fatto con il sottoscritto una domenica mattina poco dopo le sette), solo per recitare insieme una preghiera, e poi scappa. Normalmente però, questa missione apostolica la svolge per le strade, quando ti incontra.
Don Narciso è un uomo allegro, di compagnia, è bello averlo a tavola in tutte le occasioni e non si fa certo pregare – ammenoché non abbia cose più importanti da fare – per bere un bicchiere di vino insieme, per cantare canzoni allegre, soprattutto della sua terra, momenti in cui sfodera tutta la sua giovialità, la sua condizione di uomo terreno, creatura di Dio, in pace con il resto del mondo. Un uomo che la sua Africa l’ha trovata in casa e che sà che insegnare l’amore qui vuol dire far crescere uomini sani che mai si sognerebbero di sfruttare quelle popolazioni «meno fortunate» della nostra, un uomo che ha capito che dare e togliere o, peggio, dare per togliere non fa parte degli insegnamenti di Cristo. Se tutti i preti fossero come lui…! Grazie don Narciso, non ti dimenticheremo mai.