Don Antonio e la 109/96
Ma don Antonio ha dalla sua anche la legge e precisamente la 109/96 sull’uso sociale dei beni confiscati alle organizzazioni criminali. E le leggi servono per essere applicate, secondo questo prete quarantenne di bell’aspetto su cui si stanno imbastendo leggende metropolitane e accostamenti cinematografici. Don Antonio non si scompone e porta avanti il suo progetto in tutta umiltà e piena efficienza, sostenuto dai residenti e dai parrocchiani della “San Filippo Apostolo”, di cui è vice parroco.
A via della Giustiniana c’era una villa abbandonata appartenuta a un boss della Banda della Magliana, una struttura enorme in mezzo a un parco. Di questi spazi inutilizzati, a Roma e in provincia ve ne sono tanti: si calcola che in tutta la Regione Lazio siano circa mezzo migliaio. Ma non tutti gli spazi, una volta assegnati, pare siano riutilizzati a fini sociali. Non è questo il caso della struttura assegnata a don Antonio, diventata a tutti gli effetti la casa di una ventina di senzatetto, fra cui diversi padri separati e persone bisognose di assistenza morale, materiale e sanitaria.
La lotta di don Antonio è stata dura e lunga, ha rischiato anche il trasferimento a Canicattì in Sicilia, ma la volontà della Curia si è scontrata con gli abitanti di Grottarossa, che hanno avuto la meglio.
Gli ospiti della casa sono inseriti in un progetto di recupero che si prefigge come obiettivo primario la dignità e il rispetto della persona, anche per quanto riguarda la confessione di ognuno. Un progetto che è già realtà, almeno nella casa a via della Giustiniana, nel quartiere romano di Grottarossa.
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