Disinquinamento del pianeta e disinquinamento della mente – La posizione di European Consumers
A commento ed integrazione dell’effettivamente dubbio evento mediatico rappresentato dalla nuova icona ambientalista, “Greta”, che confonde pateticamente decrescita e sviluppo sostenibile. Anche noi, che ci consideriamo ecologisti profondi più che ambientalisti, riteniamo che la tecnologia può essere fonte di progresso, ma non di certo debba essere utilizzata unicamente per la produzione di morto denaro. Distruzione delle foreste e degli altri ecosistemi naturali, contaminazione di acqua, aria e cibo, alterazione significativa degli equilibri fisico-chimici a livello globale non sono il prezzo da pagare al progresso, ma al profitto.
Le scelte degli enti governativi, ad esempio sulle energie rinnovabili, sono andate in direzione addirittura opposta alle tante chiacchiere e convenzioni su riduzione dell’inquinamento e società sostenibile, come dimostra il Testo Unico Forestale Italiano e in generale la politica europea sulle biomasse che continua a percepire le foreste come Risorsa economica e non come servizio eco-sistemico necessario per la vivibilità dell’intera biosfera. Governi che si oppongono proprio alla scienza e alla tecnologia continuando a favorire gli obsoleti idrocarburi e in generale le inquinanti e insostenibili filiere dedite alla combustione compresa quella del legno.
Prendersela con gli adulti come fa Greta è un tipico comportamento infantile, perché i responsabili delle azioni sono gli amministratori delle aziende e degli stati, non la popolazione adulta che spesso subisce semplicemente danni irreparabili per favorire “competività” e “prodotto interno lordo”. Che non ha possibilità di scelta sulle decisioni relative a piani energetici, industriali e produttivi che continuano a favorire la devastazione ambientale causa prima degli eventi climatici estremi.
È vero che l’Istituto Europeo Forestale ha sottolineato come negli ultimi quarant’anni le foreste in Europa siano aumentate del 43% e le foreste in Italia si sono estese. Ma è vero anche che si tratta appunto di boschi giovani, spesso sovra-sfruttati anche in zone a forte pendio, scarsamente tutelati per quanto riguarda la creazione di oasi a libera crescita, danneggiati da strade di penetrazione, alterati nella composizione per fini produttivi o addirittura del tutto artificiali. Inoltre il Testo Unico Forestale non considera affatto la tutela della biodiversità nelle foreste e nemmeno la necessità di appropriate zonizzazioni che abbiano come perno gli ecosistemi e i servizi che essi possono offrire.
Non bisogna poi di certo guardare al proprio orticello. Secondo il rapporto di valutazione globale delle foreste elaborato dalla FAO, dal 1990 al 2015 sono andati perduti circa 129 milioni di ettari di foresta un’area equivalente quasi all’intero Sud Africa. Inoltre a livello globale stanno scomparendo le foreste primarie, grandi immagazzinatrici di carbonio, produttrici di ossigeno, stabilizzatrici del ciclo dell’acqua, fondamentali nella tutela dall’erosione di aree addirittura a livello continentale.
Uno studio olandese, pubblicato su Science Advances all’inizio del 2017, ha potuto verificare che la superficie delle foreste incontaminate è diminuita del 7,2% a livello mondiale nel periodo tra il 2000 e il 2013. Infatti nel 2000 sono state individuate IFL (Intact Forest Landscape) in 65 paesi, di cui due terzi in Russia, Brasile e Canada; dopo 13 anni però la riduzione delle foreste nei primi tre paesi ha toccato il 52%. Se questo trend di perdita IFL dovesse continuare al tasso medio registrato tra il 2000 e il 2013 nei prossimi 20 anni Paraguay, Laos, Cambogia e Guinea equatoriale perderebbero la loro intera area IFL e entro 60 anni altri 15 paesi subirebbero la stessa sorte.
Le foreste nel mondo, oltre a garantire cibo, energia e stabilità economica, sono indispensabili per il terreno e il clima e, se ben integrate con il settore agricolo, ne possono aumentare la produttività. Inoltre, le foreste naturali contribuiscono a conservare genotipi e a mantenere la composizione di specie arboree naturali fornendo habitat vitali a specie in pericolo. Nelle foreste abita la più alta densità di diversità biologica e queste ospitano più della metà delle specie terrestri di animali, piante e insetti.
I cambiamenti climatici in atto, a prescindere dal peso dei vari fattori coinvolti e dalla loro effettiva gravità, che siano di origine antropica o naturali, sono resi più devastanti dalla distruzione del suolo, del manto naturale del pianeta, dei grandi ecosistemi e dei loro servizi che hanno garantito per milioni di anni equilibri che la geoingegneria può garantire solo con immense spese pubbliche oltre che con la perdita delle caratteristiche naturali e danni immensi per l’intera biosfera agli ecosistemi e ai loro insostituibili servizi.
Nella nostra nazione non sono gli eventi climatici il vero problema, ma:
dissennata antropizzazione e artificializzazione del territorio che procede inarrestabile proprio in nome del necrofilo culto dell’economia o addirittura per pretesi fini di “sicurezza idrogeologica”;
errate pratiche agricole, con finanziamenti a pioggia per coltivazioni non vocate nelle aree sbagliate e uso intensivo di diserbanti;
necrofile tecniche forestali che non considerano il suolo, l’ecologia bioregionale, la protezione delle specie minacciate e i servizi eco-sistemici del sistema forestale, ma solo la possibilità di guadagnare utilizzandolo come risorsa.
Non si tratta di costruire macchine per assorbire l’anidride carbonica, velare il cielo per respingere i raggi solari incidenti o impoverire intere nazioni riducendo con la violenza e non con la coscienza i consumi dei cittadini, ma di diffondere una visione bioregionale, che percepisca l’importanza della Grande Madre Natura da cui dipende la qualità delle stesse cellule che ci compongono e la nostra attività mentale. A livello politico è necessario imporre la tutela del territorio come priorità e non solo come possibilità.
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