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Dioniso e dintorni

Dioniso e dintorni
Novembre 06
10:44 2014

14-Un-francobollo-del-2013Secondo un mito Iside restò incinta e dopo aver mangiato dell’uva partorì Horus. Dioniso, percorrendo i diversi paesi della Grecia, si fermò da Icaro, re di Laconia, e gli insegnò l’arte di perfezionare la coltivazione della vite.
Dioniso era nato da una coscia di Zeus e questo gli conferiva un carattere iniziatico. Il dio del vino, incarna infatti una spiritualità molto elevata, persino purificatoria, proprio perché, grazie al vino, procurava un delirio preparatorio alla saggezza.

«Il vino solleva gli uomini e innalza la loro gnomè, producendo lo stesso effetto degli uccelli» scriveva Pausania. La gnomè per i greci è la facoltà intellettiva, conoscitiva, sia intellettuale che spirituale; quindi è la capacità di elevarsi intellettivamente e spiritualmente.
Il culto del dio della vite e del vino, celebrato in tutta la Grecia, fu all’origine della danza, della musica e delle rappresentazioni teatrali. Feste allegre e rumorose, quelle del popolo che festeggiava la primavera o la vendemmia; feste sacre nelle iniziazioni ai misteri Eleusini. Questo perché l’uva è un prodotto della Madre Terra e il vino, che è la fermentazione dell’uva, rappresenta una sorta di purificazione, quasi un’operazione alchemica. Ancora oggi all’uva spremuta fermentata (mosto) si levano i raspi e la cosiddetta ‘feccia’; i tini vengono aperti per liberare i gas di fermentazione; poi il mosto passa dai tini alle botti e la trasformazione è attuata. «Io sono la vite» disse Gesù e il vino dell’ultima cena non era più il sacrificio cruento agli dei, ma il simbolo del sacrificio. E una nuova era cominciò.
Il vino è una bevanda piacevole a bersi, leggermente euforica e degna degli dei; perfino curativa. Stimolante del sistema nervoso, efficace contro le infezioni delle ferite. Dagli antichi Egizi a Omero, fino ai monaci nel Medioevo, il vino, magari spezzato con acqua o miele, è un tonico. Puro, è un medicamento.
In vino veritas dicevano i latini: non tanto perché l’uomo ebbro dica la verità, ma piuttosto perché è la verità che si mostra all’uomo in quei momenti. Il vino è un dono degli dei e come tale va trattato. L’intenditore non si ubriaca, ma celebra il Mistero bevendo la giusta quantità che lo avvicina agli dei. L’ebbrezza, del resto, non è lo stato che più si avvicina all’estasi religiosa?

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