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Novembre 10
23:00 2009

Le pene…devono tendere alla rieducazione del condannato“. Non passa giorno che i media non riportino qualche notizia riguardante la situazione critica nella quale versano le carceri Italiane. Un evento tra i più drammatici – risale all’8 settembre – è il suicidio di Sami Mbarka Ben Gargi, il tunisino che si è lasciato morire di fame per protestare contro quella che lui riteneva un’accusa infamante seguita da una condanna ingiusta.
I dati non sono incoraggianti, nell’audizione alla Camera del 14 ottobre 2008, il Ministro Angelino Alfano così si esprimeva: “Il numero degli istituti penitenziari attualmente in funzione sul territorio nazionale è pari a 205. La loro capienza cosiddetta «regolamentare» è quantificata in 43.262 posti; mentre è individuato in 63.568 il numero dei cosiddetti «posti tollerabili». Detti valori, tuttavia, indicano esclusivamente una capienza che sarebbe bene definire virtuale, atteso che molti di questi posti, nella realtà dei fatti, risultano non disponibili per problemi legati a deficienze di inidoneità strutturali e igieniche o ancora per la chiusura di alcuni reparti a causa della carenza del personale. Alla data del 31 dicembre 2007, è stato stimato infatti che dei 43.262 posti regolamentari teoricamente disponibili ne fossero realmente fruibili circa 37.742.” Quando si dice: “capienza regolamentare” s’intende, secondo gli standard minimi definiti in sede europea, che a ogni detenuto spetterebbero (uso il condizionale perché si è sempre rivelato un pio desiderio) 7 metri quadrati.
1) Al 1° settembre 2009 le presenze nelle carceri Italiane ammontavano a 63.981 unità. Cioè 26.239 detenuti in più. Essi vivono assiepati in questi spazi angusti per 22 ore su 24 al giorno.
2) Il 47% dei 63.981 detenuti è in attesa di giudizio questo significa che 30.440 persone presunte innocenti stanno “pagando” la pena del carcere.
3) Il numero totale delle celle è di 28.828, di cui solo 4.763 sono a norma (di legge).
4) Un solo educatore deve far fronte a 1000 detenuti.
5) Dall’inizio dell’anno i suicidi sono stati 50, gli atti di autolesionismo sono 4000.
Per approfondimenti Vedi la relazione degli avvocati penalisti della Campania: (http://www.ilcarcerepossibileonlus.it/dettaglionews.php?idn=114 )
Di fronte a tanti crimini e a tante efferatezze che quotidianamente avvelenano la convivenza civile, la società avverte un’esigenza di maggiore sicurezza e il desiderio di una giustizia più giusta , più efficiente, più rapida, più certa! Quale strada percorrere per rispondere a queste giuste esigenze? La strada della repressione e della vendetta o quella della prevenzione e della riabilitazione? La strada della Giustizia Retributiva (occhio per occhio…) o di quella Riabilitativa? Occorre perseguire la via del Diritto alla Sicurezza (per pochi) o quella della Sicurezza dei diritti (per tutti)?
Bisogna perseguire, in modo maniacale, la Certezza della Pena (i detenuti devono scontare la sentenza in carcere fino all’ultimo giorno) o la Certezza del Recupero? La “legge Gozzini”, sulle pene alternative al carcere, fa scendere la recidiva dall’ 80% fin al 20%).
In altre parole, si può vincere il Male con il male? L’esperienza di millenni di storia umana ci dice che dal male non può che venire altro male. Dobbiamo, dunque. avere il coraggio di percorrere senza indecisioni la strada del Bene! Un’inquietitudine profonda, infatti, nasce dalla riflessione sulla realtà della Giustizia. A che serve che l’agente del reato sconti in carcere fino all’ultimo giorno di pena se poi quando esce è più malvagio di prima? Vogliate scusare la ripetizione, ma cosa crea più sicurezza nella società, la certezza della pena o la certezza del recupero del detenuto? Il carcere deve essere obbligatoriamente, l’unica pena per qualsiasi reato? Oppure esistono pene alternative molto più efficaci per reati che non destano allarme sociale?

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