“Diario di un antropologo”, di Lucio Schina
“La tradizione impone che vengano offerte tre tazze”, racconta una storia Tuareg. “La prima è amara come la vita. La seconda dolce come l’amore. La terza soave come la morte”. Con questo preambolo ha inizio il romanzo “Diario di un antropologo, il viaggio del disincanto”, opera d’esordio di Lucio Schina, edito dalla casa editrice Progetto Cultura 2003 (www.progettocultura.it). L’autore esplora attraverso i diari dei suoi protagonisti il contrasto tra spiritualità e materialismo, tra pura accettazione dei fondamenti della scienza e ciò che vi trascende, ponendosi ad un livello di conoscenza più profondo. Il risultato è un’affascinante viaggio alla ricerca di risposte a domande che nascono dalle incertezze di un’esistenza carica di tensioni emotive, che troveranno la loro sintesi finale tra le distese immense del deserto sahariano. “Diario di un antropologo, il viaggio del disincanto” è un coraggioso esperimento letterario, in cui l’autore ha portato ad una sintesi raffinata il rapporto che lega le scienze antropologiche alla letteratura; un romanzo di genere indefinito, un ibrido che trae il proprio sostentamento letterario dalla rara capacità di non irrigidirsi entro un’unica struttura, ma di lasciare confluire tanto naturalmente sfumature fantasy, sentimentali, storico-archeolgoiche, senza tralasciare i più classici riferimenti al genere avventuroso. Ed in questo senso è possibile intendere il “disincanto” del protagonista, come un’uscita dal “razionale” e dal materialismo quotidiano in cui si sostanzia il messaggio “new age” di base.
Non ci sono commenti, vuoi farlo tu?
Scrivi un commento