Di fronte a qualunque innovazione c’è sempre chi tende a resistere
Per fortuna i piagnoni moralisti, instancabili nello scorgere i ‘gravi pericoli’ connessi ai progressi culturali e materiali dell’umanità, sono destinati, senza eccezioni, a non trovare ascolto e ad essere radicalmente sconfitti dalla storia. Se così non fosse – e così non è stato, talvolta, in passato, con conseguenze per lo più tragiche – rischieremmo di dover rinunciare a quasi tutto ciò che fa parte oggi delle nostre vite: dal computer ai cibi in scatola, dai treni alle automobili, agli abiti di stoffe colorate.
Non potremmo accendere i riscaldamenti d’inverno né i condizionatori d’estate, non metterci a leggere un libro dopo il tramonto, non zuccherare il caffè, non fare una chemioterapia dopo l’asportazione di un tumore. Ricordate gli accorati avvertimenti che ci venivano rivolti perché «usare il telefono cellulare ‘cuoce’ i neuroni cerebrali in corrispondenza dell’orecchio e fa venire il cancro»? perché «i bambini smettono di comunicare, dato che si scambiano molti sms»? perché «i videogiochi eccitano le menti e creano violenza»? Assomigliano alle parole disperate dei nostri padri e nonni, convinti che i lanci dei razzi nello spazio scatenassero le tempeste; alle parole dei bisnonni, abituati al cinema muto e impauriti dai primi film sonori; alle parole dei nostri progenitori, che vedevano come profondamente irreligiose, e dunque errate, le tesi di Galileo sul moto della Terra in cielo.
Certo, non tutti i momenti del progresso sono (stati) esenti da errori e imperfezioni. Né tutto quel che si raggiunge, con il progresso, è sempre utile. Ma non è con le censure verso l’innovazione (specie se tecnologica o scientifica), con i tentativi di riportare in vita sistemi sociali (magari a impronta religiosa) vecchi di secoli, con le imposizioni artificiose di etica, linguaggi e mentalità, che si rimedia ai ‘difetti’ dell’attività umana. Più che diffondere lamentose e allarmanti diffidenze, segno solo di un’invecchiata pigrizia intellettuale, non sarebbe più utile sostenere la fiducia nell’innovazione e la capacità di sfruttarne con intelligenza e consapevolezza le potenzialità? Non sarebbe meglio protendersi in avanti, invece di rotolarsi in un improduttivo gemito nostalgico?
Non ci sono commenti, vuoi farlo tu?
Scrivi un commento