Decreto Brunetta: stop agli statali fannulloni. Commenti e polemiche
Un provvedimento volto a scongiurare le assenze ingiustificate dei dipendenti pubblici. Così si presenta la circolare firmata da Renato Brunetta, Ministro per la Pubblica Amministrazione e l’Innovazione – in carica dall’8 Maggio 2008 – nonché docente ordinario di Economia del Lavoro presso l’Università degli Studi di Roma Tor Vergata. L’intervento varato dall’inflessibile economista, ironicamente indicato con diversi epiteti che fanno riferimento alla sua bassa statura, chiarisce che “la richiesta di visita fiscale è sempre obbligatoria salvo particolari impedimenti del servizio del personale derivanti da un eccezionale carico di lavoro o urgenze della giornata”.
Ad ogni malattia, già dai primi giorni di assenza e indipendentemente dalla durata, verrà applicata una decurtazione dello stipendio; potrà essere tagliata “ogni indennità o emolumento, aventi carattere fisso e continuativo” nonché “ogni altro trattamento economico accessorio”. Non saranno toccati, invece, il trattamento economico tabellare iniziale, l’anzianità, la tredicesima e gli assegni ad personam. Le assenze per malattia che superano i dieci giorni, a prescindere dalla durata, alla terza assenza ogni anno, devono essere giustificate presentando un certificato medico rilasciato da una struttura sanitaria pubblica o da medici convenzionati. Inoltre, sono contemplate meno limitazioni d’orario per lo svolgimento delle visite fiscali al fine di “agevolare i controlli”. Tali regole hanno suscitato diverse reazioni, tra cui quella del capogruppo del Pd (Commissione Lavoro della Camera) Cesare Damiano il quale non ha esitato a sostenere che la circolare Brunetta “colpisce la retribuzione in modo pesante e iniquo poiché”, sostiene l’esponente del Partito Democratico, “agendo sul salario variabile, la misura penalizza in modo differente, a seconda della struttura retributiva, i singoli settori della Pubblica Amministrazione”. Il settore che sarà meno agevolato, secondo questa visione, sarà quello delle Forze di polizia in quanto “aventi struttura retributiva caratterizzata da elevata variabilità”. Non così pessimista, tuttavia, risulta essere il bilancio emerso dopo la misura anti-assenteismo: da fine maggio si è registrata una diminuzione delle assenze, soprattutto per malattia, del 20% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Dal mese di settembre sarà attivo un osservatorio che pubblicherà con cadenza mensile dati sul fenomeno dell’assenteismo. Reazioni anche da parte dell’opinione pubblica: “È una grande bugia quella che i dipendenti pubblici sono degli assenteisti”, spiega un dipendente, “perché la maggior parte dei dipendenti pubblici si assenta tre o quattro giorni l’anno per malattia (un dato fisiologico); solo una piccola percentuale supera i cinque/sei giorni l’anno a causa di gravi motivi. È vero che tra i dipendenti pubblici ci sono dei fannulloni ma ci sono anche tante persone oneste che tutti i giorni si recano al lavoro e lo svolgono con passione ed onestà”. Proprio per questo sono numerosi i “fannulloni” pronti a ricorrere al Tar del Lazio contro le norme messe a punto dal decreto. Alcuni dipendenti pubblici si sono riuniti nel “Comitato Fannulloni Operosi” (Co.F.O) e stanno raccogliendo firme in tutta Italia. “Il Ministro dovrebbe limitarsi a constatare chi lavora e chi no, chi premiare e chi no” protesta un aderente al Comitato. A preparare il ricorso sarà l’avvocato Carlo Rienzi secondo il quale, prima dei dipendenti, dovrebbero essere messi sotto controllo i dirigenti. Gli statali potranno contestare la norma nel punto in cui esse prevede che sia corrisposto il solo trattamento economico fondamentale, senza indennità o emolumenti, nei primi dieci giorni di assenza per malattia: tale disposizione secondo il legale Renzi “trasforma la malattia, che è una causa di forza maggiore che impedisce la prestazione, in una sorta di “colpa” del lavoratore privandolo di una parte della retribuzione”. La medesima norma punisce anche l’assenza delle lavoratrici madri alle quali invece, secondo i principi costituzionali, dovrebbe essere concesso l’adempimento della funzione familiare. Sarà impugnata al Tar anche l’estensione delle fasce orarie di reperibilità del lavoratore malato entro le quali verranno effettuate le visite di controllo. A proposito Carlo Rienzi precisa che la norma lascia solo un’ora d’aria all’ammalato per uscire di casa, non tenendo conto delle tante malattie che impongono proprio di non restare a casa come quelle depressive. Intanto, al grido di “Brunetta sei tu il fannullone, vai a lavorare!” la mattina del 28 luglio scorso i sindacati del pubblico impiego (Cgil, Cisl e Uil) hanno protestato davanti a Palazzo Madama contro un decreto che ritengono profondamente ingiusto.
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