Dante e l’omosessualità – 1
Debbo a Daniele Priori se ho raccolto in volume1 quanto andavo esponendo in interviste, conferenze e dibattiti riguardo il punto di vista dell’Alighieri rispetto agli omosessuali. Priori, infatti, mi fece una lunga intervista, anni fa, per il mensile Babilonia, sul tema che tratterò in questa prima puntata di Dante trasgressivo; poi, fu la volta dell’esposizione orale a Milano, alla libreria Babele, presente Alessandro Cecchi Paone; quindi, alla fiera del libro di Torino etc. Allora Daniele disse che non potevo lasciare sospesa la mia intuizione.
Così, affidata la pubblicazione ad Anemone Purpurea, trascrissi gli appunti di tanti anni, poiché Dante bisogna conoscerlo tutto se si vuole dire qualcosa di originale. Spiegare “La Divina Commedia” secondo i canoni più diffusi dai critici imbonitori, è quasi superfluo, se non fuorviante. Infatti, sembrava scontato che il sommo Poeta condannasse i sodomiti: li aveva messi all’Inferno, senza alcun riguardo nemmeno per il suo amato maestro Brunetto Latini! Più condanna di così… Però, siccome un’opera va letta anche nei suoi risvolti, cioè mettendo a paragone ogni suo aspetto, e tenendo conto dei tempi in cui fu scritta, non mi è stato difficile dedurre l’indifferenza di Dante per il peccato della sodomia (egli – e siamo sempre sul piano dell’amore trasgressivo- era stato molto comprensivo nei riguardi di Paolo e Francesca, incontrati nel quinto canto dell’Inferno, fra i lussuriosi). Dante fa sempre delle distinzioni tra i vari peccatori, tanto che – come afferma Giuseppe Prezzolini in una riflessione che ho messo ad esergo del mio saggio – ammira coloro i quali sono stati mossi da grandezza d’animo (anche se condannati alle pene eterne: vedi Farinata degli Uberti, ad esempio, nemico del casato dell’Alighieri, ma da costui ammirato per la sua magnanimità e coerenza). Ebbene, anche fra i sodomiti ci sono personaggi che agirono in vita con senso etico dello Stato, con rettitudine di visione, e Dante vuole addirittura abbracciarli (si legga il canto XVI, dove la dichiarazione è esplicita, e mi fa meraviglia come non pochi commentatori non se ne siano voluti accorgere), tanta è l’ammirazione che egli nutre per le azioni svolte da loro nel mondo. Infatti, afferma: “Io non provo per voi disprezzo, ma dolore”. Solo che, quando si parla del vescovo Andrea de’ Mozzi, sodomita anch’egli, il Poeta scaglia contro di lui la disapprovazione non – si badi bene – per l’omosessualità, ma per aver agito scorrettamente in ambiti più alti e oggettivi, tanto che il Papa Bonifacio VIII fu costretto a trasferirlo da Firenze a Verona a causa di un grande scandalo. Dunque, non tutti i dannati per lo stesso peccato sono trattati ugualmente da Dante. La sua ammirazione per la grandezza d’animo dei personaggi che incontra, mette in seria discussione l’impianto teologico, anche se l’Alighieri è fervente cattolico. Nel 1300 non era possibile non condannare ciò che la Chiesa condannava. E Dante segue l’impostazione canonica delle pene e dei premi; ma dice fin troppo chiaramente come la pensa lui, l’autore dell’itinerario in Dio, cioè il profeta dell’età dello Spirito quale egli si riteneva di essere dietro le profezie di Gioachino da Fiore. Allora, studiando senza pregiudizi la “Commedia”, si nota come Dante fosse più trasgressivo e moderno di altri suoi contemporanei, Petrarca compreso. La stessa visione laica dello Stato, per cui i poteri dovevano restare divisi, è indubbiamente molto attuale. A scanso di equivoci, affermo di non credere affatto all’omosessualità di Dante, che alcuni hanno voluto sostenere senza nessuna prova oggettiva. Il sommo Poeta amò le donne, fu sposato a Gemma Donati ed ebbe figli. Le sue Rime Petrose la dicono lunga su uno che, da una parte, “angelicava” Beatrice, mentre dall’altra desiderava l’altro sesso in modo ben diverso dal Dolce Stil Novo. Non era, quindi, omosessuale, ma riteneva un problema di second’ordine il fattore del sesso (come, d’altronde, aveva fatto Gesù, il quale ha trattato la questione molto di straforo, diversamente dalla Chiesa che dà un’importanza fondamentale alla purezza dei sensi e alla castità). Ho arricchito di note il testo, demandando ad esse l’esplicazione di dati difficili che avrebbero interrotto il discorso saggistico-narrativo, poiché ho voluto essere lineare e chiaro. Non ricordo chi lo diceva, ma aveva ragione da vendere: “Chi ha qualcosa da dire, ha tutto l’interesse di farsi capire”. Credo di rientrare fra costoro. Che poi l’Italia non sia pronta ad affrontare questi temi, specie se si dimostra che per sette secoli il sommo Maestro è stato letto male, con vincoli a lui non appropriati, è un altro discorso. L’Italia (parlo della patria delle lettere) non ha avuto che raramente il coraggio di accettare e promuovere novità scomode. E Dante, che era una novità assoluta sia artisticamente che nel campo del pensiero, ha dovuto attendere quasi cinque secoli per essere compreso nella sua immensa grandezza: e non da noi (fatti salvi Vico e Foscolo, giganti che, per istinto, riconoscono i loro maestri), bensì dai tedeschi, i quali inaugurarono “il culto di Dante”. Lo sappiamo bene che in Italia fa meno fatica ad affermarsi Carolina Invernizio che Leopardi, il qualeè stato scoperto venti anni dopo la morte. Chissà che, per la riscoperta di un Dante trasgressivo, non si avveri il suo detto profetico: “Poca favilla gran fiamma seconda: / forse di retro a me con miglior voce / si pregherà perché Cirra risponda”? (Continua)
1 A. Onorati- Dante e l’omosessualità, Anemone Purpurea, euro 12.00
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