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Danno da perdita di chances anche se il male è incurabile

Ottobre 16
22:00 2014

Nel trattare il tema del danno da perdita di chances, la giurisprudenza torna a sottolineare che la priorità di un medico debba essere, sicuramente, l’impegno al fine di salvare la vita del proprio paziente, ma sia anche – considerando che il medico può a volte incontrare ostacoli insuperabili rispetto a malattie che non offrono possibilità di guarigione – l’impegno di assicurare al paziente di vivere il più a lungo possibile e soprattutto nel miglior modo possibile.
Il caso che stiamo trattando riguarda un uomo sottoposto ad un’operazione al ginocchio. Nel presentarsi in ospedale, il chirurgo ritenne necessario procedere ad ulteriori esami e, in particolare, ad una radiografia al torace, da cui si evinse la probabile presenza di una massa tumorale ai polmoni. Il chirurgo procedette ad operare il paziente al ginocchio, non lo informò di nulla e non gli consigliò nemmeno di fare ulteriori approfondite indagini. Fu poi il medico di base a prescrivere al paziente degli esami da cui però risultò, purtroppo, che non si poteva fare nulla per salvargli la vita. L’uomo si aggravò e dopo poco tempo morì. Ovviamente la reazione degli eredi contro il chirurgo fu immediata. Pur avendo accertato che il male di cui il soggetto era affetto era un male incurabile, che quindi non sarebbe stato operabile, è d’altra parte condivisibile che se il chirurgo fosse stato più attento e avesse accertato e approfondito lo stato di salute del paziente avrebbe certamente potuto non solo garantirgli di vivere più a lungo, ma soprattutto di vivere gli ultimi momenti della sua vita in un modo migliore. Non avendo infatti approfondito la malattia e non essendo intervenuto nemmeno mediante cure palliative, considerando comunque che erano le uniche da potersi adottare trattandosi di un tumore incurabile, il soggetto ha subito tutte le fasi dolorose del processo che tale malattia prevede. È quindi chiaro che il comportamento negligente del chirurgo ha determinato un peggioramento della qualità di vita del paziente. È infatti importante sottolineare e chiarire che quando si parla di danno da perdita di chances non si fa riferimento solo ed esclusivamente alle chances di sopravvivenza, e quindi al caso in cui il decesso di un soggetto sia derivato dalla mancata diagnosi di una malattia curabile e quindi rispetto alla quale si sarebbe potuti intervenire con successo, ma anche la chance di vivere più a lungo e meglio grazie alle cure palliative, e quindi nel caso, come quello in questione, in cui per il paziente non ci sia più nulla da fare. Nella fattispecie riportata la perdita di quest’ultima chance mostra requisiti tali da far riscontrare la presenza di un danno risarcibile, a carico del chirurgo. Quello del danno da perdita di chances è un orientamento che si pone come lotta al rispetto della vita e della sua dignità. Il fatto che una persona sia affetta da un male incurabile non deve essere una giustificazione o un alibi per non tenerne conto, per mollare, lasciando il malato da solo a soffrire fino all’ultimo. Deve anzi essere fattore di maggiore attenzione per poter, per quanto sia possibile all’essere umano ed in particolare rispetto a quest’argomento ai medici, contribuire a consentire al paziente una morte il più possibile priva di sofferenze.

Cassazione civile, sezione III, sentenza 23.05.2014, n° 11522

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